Un palco da paura, schermi, luci, immagini, effetti sorpresa da lasciare a bocca aperta. Una band pazzesca, musicisti eccezionali, e poi lui, Vasco, da brividi, come sempre. Anche la folle ricerca di un parcheggio e l’interminabile fila all’ingresso, appena accese le luci del palco sono state dimenticate. Ma allora perché non spegnere i cellulari e godersi lo spettacolo? Una o due foto al mega palco ci stanno, anche un minuto di video, per pubblicarlo sui social e gridare al mondo di Facebook «io c’ero».

Ma che senso ha andare a un concerto per trascorrere la serata a reggere il selfie stick, o peggio con le braccia in alto a reggere il cellulare finché le mani non ti vanno in cancrena perché non affluisce più sangue. Ma soprattutto, possibile che nessuno si ponga il problema che in questo modo quelli dietro non vedono Vasco, ma il cellulare di quelli davanti? Certo che è possibile, perché quelli dietro non stavano guardando Vasco, no no, erano troppo impegnati a cercare un varco tra le migliaia di rettangoli luminosi per poter filmare il concerto. «Velo buco quel cellulare!» avrebbe dovuto dirlo ieri il Blasco, come faceva la vicina col pallone quando si faceva casino davanti alla porta di casa sua.

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Perché la sensazione ieri, guardandosi intorno, non era quella di gente che andava a vedere un mito, ma quella di un esercito di esibizionisti che non aspettavano altro che di fotografarsi in un contesto dove poter fare i fighi, secondo i loro personalissimi standard di “Fighitudine”. Perché il vero, unico figo ieri era Vasco Rossi. Niente eeeeh e aaaah, poche frasi accattivanti di quelle «siete il pubblico migliore, grazie Cagliari, la città che amo di più» forse ha detto che la Sardegna è una terra meravigliosa, ma questa è la verità a prescindere. Un concerto bellissimo, pulito, pochi fronzoli, poche parole, spazio solo per la sua musica.

I 30mila della Fiera (con tutto il rispetto un posto orrendo e decadente, che ha creato grossi problemi all’organizzazione per l’inadeguatezza alle norme di sicurezza) hanno assistito a un meraviglioso concerto, con momenti da pelle d’oca. Quando Vasco ha cantato Sally in tanti avevano le guance rigate dalle lacrime, e pensare che non potevano nemmeno asciugarsele, perché reggevano il cellulare… Stasera si replica e anche se l’appello resterà inascoltato, il consiglio è: dimenticatevi dei cellulari, scordatevi i selfie, e godetevi uno spettacolo che merita davvero tutta la vostra attenzione. Grazie Vasco per la splendida serata, la prossima volta anziché vietare le bottigliette di plastica col tappo, che poi la gente le butta ovunque, vieta i cellulari che quelli non li buttano per terra.

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A volte per sognare in grande bastano piccole cose, o, in questo caso, piccole case. Quella di Mario Sotgiu in corso Garibaldi numero 6 ad Arzachena è di appena 24 metri quadrati e non è proprio una casa, ma un museo, il più d’Italia, dal nome “La scatola del tempo”. Nel mondo solo a New York esiste uno spazio espositivo più piccolo di questo.

Nel museo di Mario Sotgiu sono contenuti 5 mila anni di storia della Gallura. Lui è un tipografo e la sua “Scatola del tempo” non poteva quindi che essere un museo tipografico, che racconta la storia di un intero territorio, la Gallura, con foto, documenti e mappe.

Il museo è aperto sette giorni su sette ed è gratuito. Da quando è stato aperto tre anni fa lo hanno visitato migliaia di turisti. Al suo interno un libro dove lasciare un pensiero a Mario e una scatola delle offerte, purtroppo trafugata ben due volte.