Inchiesta ospedali: 300 i reparti da evitare in Italia, qualcuno anche in Sardegna
Ospedali, più lavorano meglio è: la legge dice che i Pronto soccorso dovrebbero avere almeno 20mila pazienti l'anno, i punti nascita 500. Ecco in Sardegna chi non rispetta i criteri
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Ospedali: più lavorano meglio è. L’inchiesta, stilata da Milena Gabanelli, è stata pubblicata dal Corriere. Tra i 300 reparti da evitare perchè non sicuri in Italia anche qualche nome sardo. Per essere più chiari, si pensi che, per i Pronto soccorso, il volume di attività medio deve essere di almeno 20 mila pazienti l’anno, per i parti di 500. Insomma, i reparti che non stanno nei parametri devono essere chiusi o riconvertiti. I criteri sono inseriti nel provvedimento dell’allora Ministro della Salute Beatrice Lorenzin che s’intitola “Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”.
Per i Pronto soccorso ci vuole una media di 54 pazienti al giorno: in Sardegna risultano 12 senza i criteri accettabili. I dati sono stati raccolti da Dataroom Regione per Regione sulla base delle schede di dimissioni ospedaliere (Sdo) del 2017, le ultime ufficiali. Ecco l’elenco dei pronto soccorso con numero di accessi inferiore a 20mila nel 2017:
I punti nascita sotto i 500 parti sarebbero da chiudere: ecco l’elenco dei reparti di ostetricia con numero parti inferiore a 500 nel 2017 in Sardegna.
Per ciò che riguarda i reparti d’alta specialità come cardiochirurgia e neurochirurgia la legge prevede che ci sia un reparto al massimo ogni 600 mila abitanti, per la chirurgia vascolare uno ogni 400 mila. Tendenzialmente, sottolineano sul Corriere, è meglio ricoverarsi in un grande ospedale un po’ più lontano che in uno sotto casa, ma senza i requisiti minimi.
Come si dice “cavalletta” in sardo campidanese?

Un nome che sembra uno scioglilingua: come si dice cavalletta in sardo?
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Come si dice “cavalletta” in sardo campidanese?
Un nome che sembra uno scioglilinga: come si dice “cavalletta” in sardo campidanese?
Nel cuore del Mediterraneo esiste un’isola che custodisce segreti linguistici tramandati per generazioni, una terra dove si usano parole colorite e particolari per indicare questa o quell’altra cosa e dove ogni termine nasconde un legame profondo con il passato. Viene dunque spontaneo chiedersi se sapete come si dice cavalletta in sardo campidanese, poiché la risposta apre le porte a un mondo di significati che vanno ben oltre la semplice entomologia. Lo sapevate che in sardo campidanese la cavalletta ha un nome che racconta storie di tradizione e cultura radicate nel tempo? La Sardegna, con la sua lingua affascinante e ricca di sfumature, è una terra dove ogni creatura, anche la più piccola, ha un nome che ne svela il carattere e il legame con la vita quotidiana, riflettendo lo spirito di un popolo attento osservatore dei cicli naturali. E la cavalletta, quel piccolo insetto saltatore che molti considerano un semplice fastidio durante le calde giornate estive, ha un nome che in Sardegna ha un significato speciale: pibitziri.
Questo termine, che può sembrare banale a chi non conosce le tradizioni sarde, in realtà evoca una lunga storia fatta di lotte, sfide e anche un po’ di leggenda, portando con sé l’eco di un’epoca in cui l’uomo e la natura convivevano in un equilibrio spesso difficile. Le cavallette, infatti, non sono solo piccole creature che saltano qua e là tra le sterpaglie. In Sardegna, per secoli, sono state vere e proprie nemiche dei contadini, che le vedevano invadere i campi e divorare i raccolti con una voracità tale da mettere a rischio la loro sopravvivenza stessa. Un vero flagello, che ha fatto soffrire generazioni di agricoltori sardi, costretti a lottare contro nuvole di insetti capaci di distruggere il lavoro di un intero anno in poche ore. Eppure, nonostante la durezza di questi eventi, in alcune zone del Campidano la cavalletta non è vista solo come una minaccia, ma è anche osservata attraverso un’altra lente, quella della fantasia popolare che sa trasformare il timore in narrazione poetica. In alcune varianti del dialetto, infatti, la cavalletta viene chiamata Su Cuaddu de Santu Pedru, ovvero il cavallo di San Pietro.
Si tratta di un soprannome che fonde ironia e poesia, come spesso accade nel linguaggio sardo, creando l’immagine suggestiva di un cavallo sacro, agile e scattante, che balza da un luogo all’altro come una piccola, ma temibile, creatura divina che attraversa i campi dorati. In questo modo, la cavalletta diventa molto più di un semplice insetto: è il simbolo di una battaglia senza fine contro le forze della natura, ma anche il protagonista di leggende e racconti popolari che arricchiscono la cultura sarda rendendola unica. La prossima volta che sentirete parlare di su Pibìtziri, ricorderete che non si tratta di un semplice insetto, ma di un piccolo protagonista di storie antiche e tradizioni viventi, che ancora oggi continua a saltare nella memoria collettiva degli abitanti dell’isola, mantenendo vivo il ricordo di un passato rurale mai dimenticato. E forse, chi sa, vi verranno raccontate anche altre leggende su questo cavallo che salta tra le coltivazioni sarde, portando con sé il fascino di un mondo che non smette mai di sorprendere chi ha la pazienza di ascoltare la voce della terra.
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