Coppa Italia. Domani a Cagliari arriva l’Atalanta, Maran: “Vogliamo qualificarci”

E in conferenza stampa arrivano anche le parole di Maran su Dessena che ha lasciato il Cagliari per il Brescia.
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-1 giorno alla sfida di Coppa Italia contro l’Atalanta che si giocherà alle 17:30 alla Sardegna Arena. Il Cagliari vuole qualificarsi, lo dice Maran, ma la gara è tosta: «Affrontiamo una squadra di grande caratura tecnica, che si è qualificata per le Coppe ed è vicina alla zona Europa League anche quest’anno. Una formazione forte anche sul piano fisico, che vorrà andare avanti in questa manifestazione, così come noi del resto. Ben venga una sfida di questo livello di difficoltà prima della ripresa del campionato» spiega il mister rossoblù.
Tanta la voglia di qualificarsi della squadra: «L’ultima partita di campionato a Udine ha lasciato tanto amaro in bocca. Da come ci siamo ripresentati in campo dopo le feste ho subito percepito che c’è tanta voglia di cancellare quella parentesi. A volte certe sconfitte possono anche essere salutari, darti quella spinta in più. Al di là dell’amarezza e della rabbia, ricominciamo con ancora più voglia di prima».
Domani alla Sardegna Arena non giocheranno Castro, Cerri e Klavan, infortunati, ma c’è il neo arrivato Valter Birsa. «Ci serviva un giocatore in quel ruolo. Valter ha il suo modo di interpretare il compito di trequartista: c’è chi attacca la profondità, lui preferisce mandarci gli altri. In pratica viene a prendere palla e diventa una specie di regista tra le linee» commenta Maran.
E in conferenza stampa arrivano anche le parole di Maran su Dessena che ha lasciato il Cagliari per il Brescia: «Ci tenevo a salutarlo, per quel che ha dato al Cagliari negli anni passati e in questi ultimi mesi nei quali ho avuto la fortuna di lavorare insieme a lui. Daniele ha dato grande disponibilità dal primo all’ultimo giorno e dal primo all’ultimo minuto. Ora ha deciso di intraprendere una nuova avventura, gli faccio un enorme in bocca al lupo».

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Un borgo sardo fu fondato da contadini veneti ed esuli istriani in fuga dalla Jugoslavia: sapete quale?

Chi si salvò dalle famigerate foibe - le cavità tipiche delle Alpi carsiche dove i partigiani di Tito erano soliti gettare i corpi delle persone uccise - cercò il suo spaziò un po' ovunque in Italia e nel mondo.
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Via Pola, via Istria, via Fiume, via Dalmazia e Chiesa di San Marco. Passeggiando per le vie di Fertilia, a pochi chilometri da Alghero, la toponomastica ci ricorda che siamo in Sardegna, ma siamo anche un po’ più a est, al di là di Trieste, in quella terra che smise di essere italiana – e solo politicamente – dopo la Seconda Guerra Mondiale. Dal febbraio del 1947, quando il Trattato di Parigi assegnò Istria, Fiume e Zara alla Jugoslavia, iniziò l’esodo di tanti italiani verso ovest, in fuga dalle rappresaglie delle truppe partigiane di Tito. Alcuni di loro giunsero in Sardegna, a Fertilia per la precisione.
Furono migliaia le persone uccise e gettate nelle foibe dalle rappresaglie titine tra il 1943 e il 1947. Chi si salvò dalle famigerate foibe – le cavità tipiche delle Alpi carsiche dove i partigiani di Tito erano soliti gettare i corpi delle persone uccise – cercò il suo spaziò un po’ ovunque in Italia e nel mondo.
A pochi chilometri dalla bella città catalana di Alghero, sorgeva un piccolo agglomerato di case fondato nel 1936 da Mussolini e denominato Fertilia. Alcune decine di istriani viaggiarono per mare, dal chiuso e accogliente Mare Adriatico fino al tempestoso e lunatico Mare di Sardegna. Chissà cosa pensarono una volta avvistati i faraglioni e le coste frastagliate di Porto Conte. Guidati da un prete, costruirono prima un campanile simile a quello di Piazza San Marco a Venezia, poi le case e infine le scuole. Da pescatori millenari, iniziarono a raccogliere quello che offriva il mare, per poi scoprire quanto quel mare fosse diverso e più insidioso dall’Adriatico. Fu soprattutto la terra, fertile e produttiva in quell’area dopo essere stata bonificata, a dare loro da vivere.
Sorbendo un caffè da Sbisa’, un bar del centro di fondazione giuliana, è ancora possibile di tanto in tanto sentire qualcuno parlare in istriano. E su una alta stele di marmo che guarda il mare si può leggere la scritta: «Qui nel 1947 la Sardegna accolse fraternamente gli esuli dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia». Furono anni non facili per gente in fuga dall’orrore e in cerca di integrazione tra i sardi e gli immigrati di origine ferrarese che popolarono Fertilia in cerca di terra da coltivare dopo le bonifiche.

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