Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La giornata, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999, viene celebrata in Italia dal 2005.

Ad oggi sono tante le iniziative in tutto il Paese per sensibilizzare la popolazione sul tema della violenza e dei maltrattamenti nei confronti delle donne. A Roma, il coordinamento delle donne “Non una di meno” nato nel 2006 ha manifestato in corteo per la strade della città con oltre 10 mila persone.

Quest’anno la campagna lanciata in tutta Italia per sensibilizzare sul tema della violenza contro le donne ha lo slogan “Non è normale che sia normale”. Chi partecipa alla campagna, si fa scattare una foto con un segno rosso sul volto, ad indicare proprio proprio di questo tipo di violenze, e la pubblica sui social con l’hashtag #nonènormalechesianormale,

Anche a Cagliari sono tante le iniziative avviate già nei giorni scorsi inserite nel calendario di eventi “Viva la Libertà. Cagliari contro la Violenza”. Nel Corso Vittorio Emanuele II, i commercianti del neo costituito Centro Commerciale Naturale hanno esposto fuori dal proprio negozio un tappetino rosso e delle scarpette dello stesso colore per lanciare il messaggio: basta alla violenza sulle donne.

Tutto il corso e piazza Yenne sono stati riempiti di coccarde e palloncini rossi e sono stati esposti cartelli con messaggi di condanna verso i comportamenti violenti sulle donne. Diversi banchetti informativi gestiti dalle associazioni sono stati poi allestiti per le vie del centro.

La Assl di Cagliari, in collaborazione con Cittadinanzaattiva, sta distribuendo a tutte le donne un kit informativo con i numeri e i nomi dei servizi e delle associazioni che aiutano le donne vittime di violenza e maltrattamenti.

Non solo allestimenti per le strade. Il Centro Antiviolenza antistalking Donne al Traguardo per celebrare questa giornata presenterà il video “La mia rinascita-Intervista alle donne che hanno rifiutato una relazione violenta”. Il documentario, che racconta le esperienze e i desideri delle vittime e sul loro desiderio di riscatto, sarà proiettato lunedì, con la premiazione dei vincitori della seconda edizione del concorso “Un click per amare senza violenza”.

In Italia dall’inizio dell’anno sono state 106 le vittime di femminicidio, una ogni 72 ore. I dati statistici elaborati da Eures – Ricerche economiche e sociali, indicano che dal primo gennaio al 31 ottobre 2018 i femminicidi sono saliti al 37,6% del totale degli omicidi commessi nel nostro Paese (il 34,8% nel 2017); il 79,2% sono femminicidi familiari e il 70,2% di femminicidi di coppia; aumenta anche l’età media delle vittime: 52,6 anni per il totale delle donne uccise, mentre 54 anni per le vittime di femminicidio familiare.

Secondo la tradizione sarda ( ma non solo) il pane messo al contrario sul tavolo da imbandire è portatore di disgrazia e comunica mancanza di rispetto nei confronti degli altri commensali. Sicuramente i vostri nonni, almeno una volta, vi avranno sgridati nel vedervelo fare, ma forse non vi hanno mai spiegato il perchè tenevano al fatto che il pane venisse messo in tavola nel verso giusto.

Le spiegazioni sono varie e affondano le radici nell’antichità.

La prima, quella che tutti probabilmente conoscono, è legata alla religione. Il pane da sempre simboleggia il corpo di Cristo e chiaramente non è cosa bella e gradita che lo si presenti capovolto.

Ma esiste un’altra spiegazione, storica, che affonda le radici nel Medio Evo e che dalla Francia, di bocca in bocca, potrebbe essere arrivata in Italia e poi in Sardegna.  Nel Quattrocento, infatti, quando purtroppo era molto in voga la pena di morte, i fornai del regno avevano una sorta di “codice” tra loro.

Il pane è sempre stato visto, come dicevamo, alla stregua di un alimento sacro e quando i fornai erano costretti a venderlo ai boia che tanto disprezzavano, lo facevano preparandolo di bassissima qualità e porgendolo capovolto agli aguzzini. Si dice che fu per questo che il monarca Carlo VII escogitò la soluzione di far lavorare i boia incappucciati, così da non essere riconosciuti.