La Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito ha concluso le indagini e ha presentato la relazione finale nella quale viene riportato nero su bianco che c’è una correlazione fra l’insorgenza dei tumori nei militari e l’esposizione di questi ultimi all’uranio impoverito. Le conclusioni alle quali è giunta la Commissione sono state illustrate ieri dal presidente della Commissione, Gian Piero Scanu (PD), il quale ha sottolineato le «sconvolgenti criticità» nella sicurezza e salute dei militari impegnati nelle missioni in Italia e all’estero, continuamente oscurate dal «negazionismo» dei vertici militari e dal silenzio delle Autorità di Governo.
Due, quindi, i fronti sui quali è stata portata avanti l’inchiesta: l’esposizione in più circostanze dei militari a uranio impoverito e ad altre sostanze considerate cancerogene, e l’ostruzionismo dei vertici militari di fronte alle richieste di chiarimenti da parte dei militari stessi colpiti in seguito da malattie. Su questo fronte, la Commissione ha acquisito e trasmesso alle procure competenti tre testimonianze di persone direttamente coinvolte: il militare Antonio Attianese, in missione in Afghanistan e vittima in seguito di una grave patologia per la quale chiedeva chiarimenti e più volte è stato minacciato dai suoi superiori; il tenente colonello medico Ennio Lettieri, venuto a sapere nella sua ultima missione in Kosovo come direttore dell’infermeria del Comando Kfor, che al contingente italiano era stata riservata una fornitura idrica altamente cancerogena; il generale Carmelo Covato, della Direzione per il coordinamento centrale del servizio di vigilanza, prevenzione e protezione dello Stato Maggiore dell’Esercito, il quale ha affermato che «i militari italiani impiegati nei Balcani erano al corrente della presenza di uranio impoverito nei munizionamenti utilizzati ed erano conseguentemente attrezzati», affermazioni queste – dice la commissione – «in contrasto con le risultanze dei lavori della Commissione e con gli elementi conoscitivi acquisiti nel corso dell’intera inchiesta».
Per quanto riguarda, invece, la correlazione fra l’insorgenza dei tumori e l’esposizione all’uranio impoverito, la relazione fa riferimento all’audizione di Giorgio Trenta, presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica, il quale secondo la Commissione avrebbe «riconosciuto la responsabilità dell’uranio impoverito nella generazione di nanoparticelle e micropolveri, capaci di indurre i tumori che hanno colpito anche i nostri militari inviati ad operare in zone in cui era stato fatto un uso massiccio di proiettili all’uranio». Ma Testa replica a queste conclusioni affermando: «Non è il mio pensiero, non ho mai detto che l’uranio impoverito è responsabile dei tumori riscontrati nei soldati. Le mie affermazioni sono state travisate.Il presidente della Commissione – dichiara Testa – cita una perizia che avevo fatto in cui affermavo che l’uranio al massimo poteva essere il mandante, non l’esecutore materiale».
Missioni all’estero e in Italia, quindi, al centro dell’inchiesta, fra queste è stata analizzata anche l’attività del Poligono di Capo Teulada, da tempo al centro delle proteste per le esercitazioni militari che vi si svolgono. E in questo senso la Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito è decisa nelle sue dichiarazioni finali, sostenendo che proprio questo poligono sia «il simbolo della maledizione che per troppi decenni ha pesato sull’universo militare: la Penisola Delta del Poligono di Capo Teulada, utilizzata da oltre 50 anni come zona di arrivo dei colpi, permanentemente interdetta al movimento di persone e mezzi».
Nella relazione è riportata nel dettaglio la situazione di Capo Teulada: «Le immagini satellitari ritraggono una discarica non controllata: sulla superficie tonnellate di residuati contenenti cospicue quantità di inquinanti in grado di contaminare suolo, acqua, aria, vegetazione, animali. E l’uomo. Non sorprendono, a questo punto – aggiunge – le indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Cagliari per il delitto di disastro doloso. L’omessa bonifica per ragioni di ‘convenienza’ economica e il prosieguo delle esercitazioni sono scelte strategiche che stonano a fronte di un crescente e assordante allarme prodotto dalla penisola interdetta tra cittadini e istituzioni».
A conclusione dei lavori della Commissione, dunque, nelle intenzioni dei parlamentari c’è la proposta di legge Scanu, firmata da quasi tutti i membri della Commissione, che chiede l’affidamento della vigilanza sui luoghi di lavoro dell’Amministrazione della Difesa al personale del ministero del lavoro per garantire la massima trasparenza. In più, conclude Scanu, è necessario che la gestione del territorio non sia affidata più «in via esclusiva all’autorità militare, senza interlocuzioni con l’amministrazione dell’ambiente, con la Regione e con le autonomie locali. Garantire al meglio la sicurezza e la salute dei militari non è un sogno, ma un atto dovuto alle nostre forze armate per l’impegno e lo spirito di sacrificio dimostrati ogni giorno al servizio del Paese».
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