Oristano, bimba contesa da padre laziale e madre sarda: i giudici danno ultimatum e denuciano i servizi sociali
«Non può fare la madre perché vive in Sardegna, perché è laureata e può tranquillamente trovare lavoro, le portano via la bambina perché non vuole vivere a Viterbo». Così scrive senza mezzi termini il giudice laziale che ha reso noto poche ore fa l’ennesimo ultimatum alla mamma della provincia di Oristano.
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Nuovo provvedimento da parte dei giudici del Tribunale di Viterbo nei confronti di una donna di un paese della Marmilla in provincia di Oristano madre di una bambina di due anni e mezzo. Dopo che la figlia era stata affidata al padre che risiede nel Lazio, la donna il 22 maggio scorso si era rifiutata di consegnare la bimba ai servizi sociali e ai carabinieri. Ora i giudici di Viterbo hanno dato alla donna un ultimatum di massimo 10 giorni e hanno segnalato i servizi sociali alla Procura.
«Non può fare la madre perché vive in Sardegna, perché è laureata e può tranquillamente trovare lavoro, le portano via la bambina perché non vuole vivere a Viterbo». Così scrive senza mezzi termini il giudice laziale che ha reso noto poche ore fa l’ennesimo ultimatum alla mamma della provincia di Oristano. Se entro dieci giorni non consegnerà la figlia di due anni e mezzo ai servizi sociali perché la cedano al padre interverrà la forza pubblica per sottrargliela con la forza. «Quello che sta accadendo – attacca Mauro Pili che fin da subito aveva reso pubblico il caso – è un fatto di una gravità inaudita».
«Ora dopo ora quel provvedimento del giudice rischia di trasformarsi in un dramma irreparabile per una povera creatura che verrebbe strappata alla madre solo perché vive a casa dei genitori nel piccolo centro nel cuore della Sardegna – continua Pili -. È una storia che non trova nessuna giustificazione se non nella discriminazione di una giovane madre sarda che ha deciso dopo una separazione conflittuale di tornare a vivere insieme alla sua piccola dai propri genitori, nella comunità dove è cresciuta. Scelta obbligata perché dopo la separazione si è trovata senza lavoro, senza casa, con un sostentamento di 150 euro al mese».
«Tutto questo – continua l’ex deputato – l’ha messa davanti ad un bivio: vivere sotto un ponte o tornare nella sua terra natale per riorganizzare la sua vita. E il ricatto è latente: la figlia, dopo il rifiuto della madre di restare a Viterbo, viene di fatto affidata al padre e la madre, se vuole continuare a vederla, deve trasferirsi a Viterbo o al massimo nel raggio di 30 km. Lo scrive espressamente il giudice nel provvedimento scandalo: “la residenza della piccola in Sardegna ostacola significativamente il suo accesso al padre ledendo in maniera irrimediabile il suo diritto alla figura paterna”».
Pili ha rivolto anche un appello al Tribunale dei Minori di Cagliari perché blocchi questa decisione che lede gravemente la vita della bambina. Nei giorni scorsi il paese si era stretto attorno alla famiglia impedendo di fatto che la piccola venisse portata via con la forza.
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Come si dice “cavalletta” in sardo campidanese?

Un nome che sembra uno scioglilingua: come si dice cavalletta in sardo?
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Come si dice “cavalletta” in sardo campidanese?
Un nome che sembra uno scioglilinga: come si dice “cavalletta” in sardo campidanese?
Nel cuore del Mediterraneo esiste un’isola che custodisce segreti linguistici tramandati per generazioni, una terra dove si usano parole colorite e particolari per indicare questa o quell’altra cosa e dove ogni termine nasconde un legame profondo con il passato. Viene dunque spontaneo chiedersi se sapete come si dice cavalletta in sardo campidanese, poiché la risposta apre le porte a un mondo di significati che vanno ben oltre la semplice entomologia. Lo sapevate che in sardo campidanese la cavalletta ha un nome che racconta storie di tradizione e cultura radicate nel tempo? La Sardegna, con la sua lingua affascinante e ricca di sfumature, è una terra dove ogni creatura, anche la più piccola, ha un nome che ne svela il carattere e il legame con la vita quotidiana, riflettendo lo spirito di un popolo attento osservatore dei cicli naturali. E la cavalletta, quel piccolo insetto saltatore che molti considerano un semplice fastidio durante le calde giornate estive, ha un nome che in Sardegna ha un significato speciale: pibitziri.
Questo termine, che può sembrare banale a chi non conosce le tradizioni sarde, in realtà evoca una lunga storia fatta di lotte, sfide e anche un po’ di leggenda, portando con sé l’eco di un’epoca in cui l’uomo e la natura convivevano in un equilibrio spesso difficile. Le cavallette, infatti, non sono solo piccole creature che saltano qua e là tra le sterpaglie. In Sardegna, per secoli, sono state vere e proprie nemiche dei contadini, che le vedevano invadere i campi e divorare i raccolti con una voracità tale da mettere a rischio la loro sopravvivenza stessa. Un vero flagello, che ha fatto soffrire generazioni di agricoltori sardi, costretti a lottare contro nuvole di insetti capaci di distruggere il lavoro di un intero anno in poche ore. Eppure, nonostante la durezza di questi eventi, in alcune zone del Campidano la cavalletta non è vista solo come una minaccia, ma è anche osservata attraverso un’altra lente, quella della fantasia popolare che sa trasformare il timore in narrazione poetica. In alcune varianti del dialetto, infatti, la cavalletta viene chiamata Su Cuaddu de Santu Pedru, ovvero il cavallo di San Pietro.
Si tratta di un soprannome che fonde ironia e poesia, come spesso accade nel linguaggio sardo, creando l’immagine suggestiva di un cavallo sacro, agile e scattante, che balza da un luogo all’altro come una piccola, ma temibile, creatura divina che attraversa i campi dorati. In questo modo, la cavalletta diventa molto più di un semplice insetto: è il simbolo di una battaglia senza fine contro le forze della natura, ma anche il protagonista di leggende e racconti popolari che arricchiscono la cultura sarda rendendola unica. La prossima volta che sentirete parlare di su Pibìtziri, ricorderete che non si tratta di un semplice insetto, ma di un piccolo protagonista di storie antiche e tradizioni viventi, che ancora oggi continua a saltare nella memoria collettiva degli abitanti dell’isola, mantenendo vivo il ricordo di un passato rurale mai dimenticato. E forse, chi sa, vi verranno raccontate anche altre leggende su questo cavallo che salta tra le coltivazioni sarde, portando con sé il fascino di un mondo che non smette mai di sorprendere chi ha la pazienza di ascoltare la voce della terra.
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