Giappone: il treno parte 25 secondi prima del previsto e l’azienda si scusa con i viaggiatori
Qui in Italia potrebbe sembrare fantascienza ma in Giappone certe cose, si sa, vengono prese con molta serietà. Una di queste è la puntualità dei mezzi di trasporto: qualche giorno fa un treno è partito con 25 secondi di anticipo sulla tabella di marcia prevista. La West Japan Railways a seguito di questo "imperdonabile inconveniente" ha addirittura diffuso una nota di scuse per i passeggeri
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Se la partenza in orario di un trasporto pubblico è esperienza rara nel nostro paese, quella anticipata ancora di più. Non altrettanto avviene in Giappone dove un treno è partito 25 secondi prima rispetto all’orario fissato e l’azienda si è sentita persino in dovere di scusarsi con l’utenza per “l’enorme inconveniente” arrecato.
Come riporta il Tgcom, il treno oggetto del disagio era alla stazione di Notogawa, a Shiga, e per errore si è staccato dalla banchina alle 7:11:35 di venerdì. Il treno doveva partire alle 7:12 ma il macchinista ha per sbaglio chiuso le porte alle 7:11. Accortosi dell’errore, ha comunque deciso di partire 35 secondi dopo visto che sulla piattaforma non c’erano passeggeri in attesa di salire sui vagoni. In realtà uno zelante viaggiatore che aveva assistito alla scena si è sentito in dovere di avvisare il capostazione e di far presente che un treno non può partire con 25 secondi di anticipo, anche se il mezzo successivo per la stessa tratta era previsto 6 minuti dopo.
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Saviano torna a parlare di criminalità in Sardegna dopo la maxi operazione antidroga

“Oggi le indagini confermano quanto detto allora. Parlare di criminalità organizzata non è diffamare, ma fare informazione. Difendere una terra significa non negare i fatti”, scrive lo scrittore.
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Dopo la maxi operazione antidroga in Sardegna, Roberto Saviano torna a parlare della criminalità sull’Isola con un post sui social. Ricorda le polemiche dei mesi scorsi, quando aveva denunciato gli assalti ai portavalori attribuendo i gruppi responsabili al Nuorese, scatenando le reazioni di politici locali.
“Oggi le indagini confermano quanto detto allora. Parlare di criminalità organizzata non è diffamare, ma fare informazione. Difendere una terra significa non negare i fatti”, scrive lo scrittore.
Un intervento che riaccende il dibattito su informazione, identità dei territori e libertà di raccontare anche le cronache più scomode.
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