Giappone: il treno parte 25 secondi prima del previsto e l’azienda si scusa con i viaggiatori

Qui in Italia potrebbe sembrare fantascienza ma in Giappone certe cose, si sa, vengono prese con molta serietà. Una di queste è la puntualità dei mezzi di trasporto: qualche giorno fa un treno è partito con 25 secondi di anticipo sulla tabella di marcia prevista. La West Japan Railways a seguito di questo "imperdonabile inconveniente" ha addirittura diffuso una nota di scuse per i passeggeri
Se la partenza in orario di un trasporto pubblico è esperienza rara nel nostro paese, quella anticipata ancora di più. Non altrettanto avviene in Giappone dove un treno è partito 25 secondi prima rispetto all’orario fissato e l’azienda si è sentita persino in dovere di scusarsi con l’utenza per “l’enorme inconveniente” arrecato.
Come riporta il Tgcom, il treno oggetto del disagio era alla stazione di Notogawa, a Shiga, e per errore si è staccato dalla banchina alle 7:11:35 di venerdì. Il treno doveva partire alle 7:12 ma il macchinista ha per sbaglio chiuso le porte alle 7:11. Accortosi dell’errore, ha comunque deciso di partire 35 secondi dopo visto che sulla piattaforma non c’erano passeggeri in attesa di salire sui vagoni. In realtà uno zelante viaggiatore che aveva assistito alla scena si è sentito in dovere di avvisare il capostazione e di far presente che un treno non può partire con 25 secondi di anticipo, anche se il mezzo successivo per la stessa tratta era previsto 6 minuti dopo.

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Lotta al Parkinson: un team dell’Università di Cagliari capofila di un progetto europeo

L'Università di Cagliari capofila di un progetto europeo che testerà una particolare famiglia di neuroproteine.
Rallentare la progressione del Parkinson utilizzando una particolare famiglia di neuroproteine chiamate cromogranine che sono note per avere un ruolo nella regolazione cellulare delle risposte allo stress. Questo l’obiettivo del progetto internazionale che vede capofila l’Università di Cagliari con Cristina Cocco, afferente al dipartimento di Scienze biomediche e docente di anatomia umana nella facoltà di Medicina. Sono partner del progetto l’Università Masaryk (Repubblica Ceca) e la Vasyl Stefanyk Precarpathian National University (Ucraina). Fanno parte del team di UniCa, oltre alla Cocco, Antonio Manai, Barbara Noli, Aqsa Anjum e Maria Antonietta Casu.

Il Team di UniCa. Da sinistra: Aqsa Anjum, Antonio Manai, Maria Antonietta Casu, Barbara Noli, Cristina Cocco
La malattia di Parkinson è una sindrome neurodegenerativa complessa, che colpisce milioni di persone nel mondo e che oggi non ha ancora una cura in grado di fermarne la progressione. Alla base della malattia c’è la perdita progressiva dei neuroni dopaminergici nella sostanza nera, una piccola ma cruciale area del cervello. A peggiorare il quadro, la presenza di accumuli tossici di una proteina, l’alfa-sinucleina, che si ripiega in modo anomalo e si deposita nei neuroni diventando un segno distintivo della malattia.
“Nei laboratori di Cagliari – spiega Cristina Cocco – le cromogranine verranno testate in vitro su cellule staminali umane e murine. Si cercherà di capire se queste proteine possano proteggere le cellule nervose dai danni provocati dal rotenone, una tossina che simula i meccanismi della malattia di Parkinson nei modelli sperimentali. All’Università di Masaryk invece, in collaborazione con i nostri laboratori e il CNR, verranno condotti studi in vivo su un modello murino che simula lo stadio iniziale della malattia di Parkinson. I ricercatori valuteranno gli effetti neuroprotettivi delle cromogranine dopo la somministrazione di rotenone per via intranasale. Infine, alla Vasyl Stefanyk Precarpathian National University, i ricercatori si concentreranno sull’alfa-sinucleina con l’obiettivo di verificare se le cromogranine siano in grado di bloccare l’aggregazione di questa proteina tossica, responsabile della degenerazione neuronale”.
Il progetto, finanziato all’interno del bando EDUC-WIDE SEED PROJECT, avrà la durata di 18 mesi. Se le cromogranine si dimostreranno efficaci nel contrastare la degenerazione nelle fasi iniziali del morbo di Parkinson, potrebbero aprire la strada per ricerche alla scoperta di nuove strategie terapeutiche.

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