La vicenda di Aldo Scardella su Rai3 a “Sono Innocente”. Uno dei più terribili errori giudiziari degli anni ’80
				Aldo Scardella era uno studente-lavoratore. Per una serie di coincidenze, errori investigativi e testimonianze avventate fu arrestato per rapina e omicidio. Un'accusa troppo grande da sopportare
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La trasmissione televisiva “Sono Innocente”, andata in onda ieri su Rai3, si è occupata di raccontare la terribile storia di Aldo Scardella, morto in carcere giovanissimo dopo aver urlato la sua innocenza. Protagonista di un clamoroso errore giudiziario che lo portò al suicidio, venne accusato, nel 1985, dell’omicidio del titolare del Bevimarket a Cagliari. Cristiano Scardella non ha mai smesso di chiedere giustizia per suo fratello Aldo, morto in carcere da innocente. Queste le sue parole: “Volevano un sacrificio, l’hanno ottenuto”.
Aldo Scardella (Cagliari, 9 gennaio 1961 – Cagliari, 2 luglio 1986) è stato protagonista di un clamoroso errore giudiziario che lo portò al suicidio. Il caso, di cui si occupò anche il giornalista e conduttore televisivo Enzo Tortora., colpì tantissimo l’opinione pubblica nazionale in quegli anni.
L’arresto e il suicidio
Studente universitario della Facoltà di Economia e Commercio di Cagliari, fu arrestato il 29 dicembre 1985, alcuni giorni dopo essere stato interrogato in merito ad un caso di omicidio verificatosi la sera del 23 dicembre precedente nell’esercizio commerciale Bevimarket, supermercato specializzato nella vendita di bibite di proprietà di Giovanni Battista Pinna. L’imprenditore era rimasto ucciso all’interno del suo negozio durante le operazioni di chiusura della cassa da alcuni colpi di arma da fuoco esplosi da due o tre rapinatori che, coperti da tre passamontagna, fuggirono proprio in direzione di una strada che poteva portare nella via dove abitava Scardella (ma che poteva anche portare in altre zone). Aldo Scardella fu indagato poiché uno dei passamontagna utilizzati durante la rapina fu trovato in un giardino condominiale a due palazzi in cui abitava.
Lo studente fu arrestato, su ordine di cattura del p.m. Sergio De Nicola, nonostante l’esito negativo di una perquisizione avvenuta all’alba del 26 dicembre 1985, giorno in cui fu anche sottoposto ad un interrogatorio. Non servì a scagionarlo nemmeno l’esito negativo della perizia sul passamontagna rinvenuto, che non fu in nessun modo associato all’accusato, né la prova del guanto di paraffina. Scardella fu così arrestato poiché “esistono sufficienti indizi di colpevolezza a carico dell’imputato per poter affermare che sia colpevole”. In realtà a parere del difensore e dei familiari vi erano solo sospetti, non indizi.
Inizialmente rinchiuso nel carcere di Buoncammino, nei giorni successivi fu trasferito in regime di isolamento nel carcere di Oristano. I parenti per dieci giorni furono tenuti all’oscuro della località nella quale era stato portato il ragazzo e per sette giorni gli fu impedito di nominare un legale. Durante la sua detenzione non ebbe mai la possibilità di incontrare il suo avvocato, Gianfranco Anedda, mentre i familiari poterono incontrarlo per la prima volta dopo quattro mesi, il 10 aprile 1986, quando fu trasferito nuovamente nel carcere della sua città natale. Durante la sua permanenza all’interno della sua cella d’isolamento gli fu impedito di avere qualsiasi contatto con gli altri detenuti.
Scardella fu trovato morto per impiccagione nella sua cella il 2 luglio 1986, dopo 185 giorni di prigionia, dichiarandosi innocente in un biglietto: “Vi chiedo perdono, se mi trovo in questa situazione lo devo solo a me stesso, ho deciso di farla finita. Perdonatemi per i guai che ho causato. Muoio innocente”. I risultati dell’autopsia rivelarono la presenza di metadone nel corpo del defunto, nonostante le cartelle cliniche del carcere non prescrivessero alcuna terapia per lui. Inoltre, nel referto autoptico fecero figurare dosaggi e quantità di una terapia metadonica inesistente.
La risoluzione del caso
Anche su pressione dell’opinione pubblica si continuò a lavorare sull’omicidio di Giovanni Battista Pinna fino a giungere alla definitiva risoluzione del caso nel 1996 che portò alla definitiva condanna, nel 2002, di Walter Camba e Adriano Peddio, facenti parte della “banda di Is Mirrionis” e già noti alle forze dell’ordine per precedenti penali.
Impatto sull’opinione pubblica
All’epoca dei fatti, il suicidio del giovane studente cagliaritano catturò l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale, in quel periodo particolarmente scottata da diversi errori giudiziari che negli anni ottanta avevano acceso il dibattito in merito ai poteri decisionali del Pubblico Ministero. Anche il giornalista e conduttore televisivo Enzo Tortora, vittima anch’egli della malagiustizia, si occupò del caso e fece la sua prima uscita pubblica dopo la sua definitiva assoluzione il 23 settembre 1986, andando a rendere omaggio alla tomba di Scardella, morto due mesi e mezzo prima e tumulato nel cimitero di San Michele di Cagliari. In quell’occasione disse: “Capisco profondamente che cosa l’ha spinto a uccidersi. È stata la disperazione, il dolore per un’accusa ingiusta”. Il comune di Cagliari ha intitolato ad Aldo Scardella una piazza sorta nelle adiacenze del luogo dell’omicidio e, conseguentemente, dell’abitazione del ragazzo.
        
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Cagliari dice addio al Marina cafè Noir, si chiude un capitolo di cultura e libertà

Dopo ventitré anni di parole, musica, incontri e riflessioni condivise, il Marina Cafè Noir lascia Cagliari. Il festival, nato con l’intento di avvicinare la cultura a tutti, senza confini sociali o appartenenze, sospende le sue attività in città.
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Cagliari dice addio al Marina cafè Noir, si chiude un capitolo di cultura e libertà.
Dopo ventitré anni di parole, musica, incontri e riflessioni condivise, il Marina Cafè Noir lascia Cagliari. Il festival, nato con l’intento di avvicinare la cultura a tutti, senza confini sociali o appartenenze, sospende le sue attività in città.
Una decisione che segna la fine di un’epoca per la vita culturale dell’isola e apre una ferita profonda nel cuore di chi, in questi anni, ha trovato nel festival uno spazio di libertà e confronto. Nato all’inizio degli anni Duemila come progetto indipendente e inclusivo, il Marina Cafè Noir non è mai stato un semplice evento letterario. È stato un laboratorio urbano, un punto di incontro tra libri, teatro, musica e impegno civile. Ha occupato piazze e strade, trasformando angoli dimenticati della città in luoghi di partecipazione. Ogni edizione ha raccontato il mondo da prospettive diverse, intrecciando voci, generi e linguaggi. Gli organizzatori hanno sempre difeso l’idea di una cultura accessibile, capace di far dialogare realtà diverse, e nel tempo il festival è diventato un riferimento riconosciuto a livello nazionale, citato da riviste e guide come uno dei più originali d’Italia.
Negli anni, il Mcn ha saputo costruire una comunità viva e accogliente. Ha dato spazio a scrittori, artisti e pensatori italiani e internazionali, ma anche a chi, semplicemente, desiderava ascoltare e partecipare. Ha raccontato Cagliari fuori dai suoi confini, mostrando un volto aperto, creativo e contemporaneo della città. Tuttavia, dietro l’entusiasmo del pubblico e il prestigio conquistato, il rapporto con le istituzioni locali si è progressivamente incrinato. L’organizzazione ha denunciato un clima amministrativo sempre più complesso, fatto di ostacoli burocratici e di una percezione distorta del proprio ruolo. Sentirsi considerati un problema più che una risorsa, spiegano dall’associazione culturale Chourmo, ha reso insostenibile continuare a operare nello stesso contesto. Così è arrivata la decisione più difficile: sospendere le attività a Cagliari e cercare altrove nuovi spazi per far vivere il progetto. Il futuro del Marina Cafè Noir rimane aperto, come le storie che ha raccontato in questi ventitré anni. L’anima del festival continuerà a viaggiare, portando con sé la stessa energia, lo stesso desiderio di incontro e quella passione civile che lo hanno reso unico. Cagliari, invece, dovrà fare i conti con un’assenza che pesa, quella di un progetto che ha saputo parlare alla città e al mondo, ricordando a tutti che la cultura è prima di tutto un atto di libertà condivisa.
          
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