Babbo Natale fa tappa alla Fiera di Cagliari. Il Santa Claus Village Sardegna ha aperto le sue porte ieri e le chiuderà il 22 dicembre. Si tratta della prima edizione nella nostra Isola, dopo otto anni a Napoli. Spettacoli, esibizioni, musical, laboratori didattici: queste sono alcune delle attività all’interno del villaggio, dove i bambini vengono accompagnati dagli elfi in un percorso che porterà all’incontro con Babbo Natale; ma prima di tutto bisogna andare a imbucare la letterina all’Ufficio Postale Artico, dove viene poi consegnato il bigliettino sul quale scrivere i propri desideri da apporre sull’Albero dei Desideri.

Si prosegue con il museo del giocattolo, dove vengono mostrati i vecchi giochi di un tempo. Poi c’è il laboratorio del giocattolo dove, con l’aiuto degli elfi, i più piccoli possono costruire dei ricordini da portare con sé. Prossima tappa, la scuola degli elfi, dove questi ultimi insegnano tutti i loro trucchi. In seguito , lezioni di guida con gli elfi poliziotti, e si dovrà stare attenti a non prendere multe. Successivamente, si arriva a Cuore d’Elfo, dove bisognerà cercare di prendere la mira e colpire l’elfo. Una delle tappe più suggestive è il Bosco Incantato: il bimbo che incontrerà l’elfo magico verrà accompagnato nella stanza di Babbo Natale.

Imperdibili poi lo spettacolo di Gomitolino lo Yeti piccolino e la Nevicata Artica, dove si potrà ballare al ritmo delle canzoni dell baby dance di Santa Claus. È possibile anche comprare qualcosa, usando rigorosamente l’Elfino, la moneta ufficiale del villaggio.  Il parco tematico può essere visitato dalle scolaresche dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 15; per tutti gli altri, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 22.

C’è un angolo remoto della Sardegna dove la geologia incontra l’immaginazione popolare: è l’isola del Toro, il punto più meridionale dell’intera regione, una scheggia di terra vulcanica solitaria e affascinante, che emerge dalle acque 11 chilometri a sud di Sant’Antioco.

Il Toro, assieme a Vacca e Vitello, forma quella che viene chiamata, con un pizzico di ironia, la “triade bovina” dell’arcipelago sulcitano. Tre isole disabitate, rocciose e selvagge, che portano nomi da stalla ma raccontano una storia lunga milioni di anni. Ce la racconta il paleontologo Daniel Zoboli.

Dal punto di vista geologico, queste isole sono figlie del fuoco. Vacca e Vitello, come Sant’Antioco e San Pietro, risalgono al ciclo vulcanico eocenico-miocenico, che ha modellato questa parte della Sardegna fino a circa 15 milioni di anni fa. Ma l’Isola del Toro è qualcosa di diverso. È un “neck” vulcanico, ovvero il condotto centrale di un antico vulcano ormai eroso, formatosi durante un ciclo vulcanico più recente (tra Serravalliano e Pleistocene) che ha interessato varie aree dell’isola.

Le colate laviche che compongono il Toro, con una composizione tra il benmoreitico e il trachitico, sono state datate a 11,8 milioni di anni fa. Sono le prime tracce di un fenomeno che, nei millenni successivi, porterà alla formazione delle giare, del Monte Arci e del Montiferru, dando alla Sardegna alcune delle sue strutture geologiche più imponenti.

Con una superficie di appena 11 ettari e un’altitudine massima di 112 metri, il Toro si impone più per la sua posizione estrema e la sua origine profonda che per la sua estensione. Sospeso tra mare e magma, rappresenta non solo il limite fisico meridionale della Sardegna, ma anche un testimone immobile di una lunga storia vulcanica che ha scolpito il volto dell’isola.