Lo sapevate? Il Palazzo delle Seziate in Castello deve il suo nome alle “sedute” in cui i vicerè spagnoli ascoltavano le suppliche dei condannati a morte
Dai primi del Novecento fino alla metà degli anni '80 ospitò la Collezione della Pinacoteca Nazionale di Cagliari. Attualmente è sede degli uffici della Soprintendenza per i beni archeologici per le province di Cagliari e Oristano.
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Lo sapevate? Il Palazzo delle Seziate, costruito durante il periodo della dominazione spagnola in Castello, deve il suo nome alle “sedute” durante le quali i vicerè spagnoli ascoltavano le rimostranze e le suppliche dei condannati a morte nelle adiacenti carceri sistemate nella vicina torre di San Pancrazio. Disposto su due piani che poggiano su un alto basamento, al centro del quale si apre la porta denominata di San Pancrazio o della Zecca, costituisce il passaggio tra le due piazze Indipendenza e Arsenale.
Il nucleo originale, ad un solo piano, risale alla fine del XVI-inizi XVII secolo mentre interventi finalizzati alla sopraelevazione furono compiuti nel 1825, come ricorda un’iscrizione posta sulla porta. Alla fine dell’Ottocento, con lo spostamento del carcere nel nuovo complesso di Buon Cammino, le costruzioni vicine alla Torre di San Pancrazio furono abbandonate o destinate ad altri usi.
Dai primi del Novecento fino alla metà degli anni ’80 ospitò la Collezione della Pinacoteca Nazionale di Cagliari. Attualmente è sede degli uffici della Soprintendenza per i beni archeologici per le province di Cagliari e Oristano.
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Come si dice “prezzemolo” in sardo?

Il segreto botanico del "ficcanaso" sardo tra storia e cucina. Sapete come si dice prezzemolo in sardo campidanese?
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Come si dice “prezzemolo” in sardo?
Il segreto botanico del “ficcanaso” sardo tra storia e cucina. Sapete come si dice prezzemolo in sardo campidanese?
Se pensate che la botanica sia una materia polverosa, allora non avete mai scavato in quello scrigno di tesori linguistici che è il sardo, una lingua ricca di influenze e significati che spaziano costantemente dal serio all’ironicamente divertente, regalandoci perle che brillano di una musicalità tutta propria. È proprio il caso della parola che indica il prezzemolo, un’espressione che non solo fa sorridere per il suo suono quasi fanciullesco, ma che nasconde anche un piccolo aneddoto filologico capace di farvi vedere questa erbetta in una luce tutta nuova. Entrando nello specifico del sardo campidanese, il prezzemolo si dice “perdusemini” o, in quella variante ritmata che suona come una filastrocca ipnotica, “pedrusemini”, una parola che non passerà certamente inosservata a chi ama perdersi tra le pieghe della storia e dei dialetti. Per capire come siamo arrivati a questo peculiare risultato fonetico, dobbiamo intraprendere un affascinante viaggio a ritroso nel tempo: tutto parte infatti dal greco “Petroselinon”, termine che diventa poi “Petroselinum” in latino e che, seguendo la scia di molte altre parole, si diffonde con tenacia nelle lingue neolatine, influenzando profondamente anche il sardo campidanese attraverso i secoli.
Ma non finisce qui, perché se osserviamo i nostri vicini europei, scopriamo che il prezzemolo non è solo un’icona del nostro piatto preferito ma un vero simbolo internazionale della tavola: il tedesco lo chiama infatti “Petersilie”, lo spagnolo lo trasforma in “Perejil” e non possiamo certo dimenticare l’italiano che ci ha regalato il nostro ben noto “prezzemolo”, dimostrando come siamo di fronte a un’erba dalle mille tradizioni linguistiche.
E qui arriva il vero colpo di scena che rende il tutto più piccante e sociologico: proprio come accade nella lingua italiana, anche in sardo l’espressione “cument’e su perdusemini” non si riferisce solo a quell’erba aromatica che sta sempre lì, pronta a dare un tocco di freschezza a ogni piatto, ma viene usata con sottile ironia per descrivere qualcuno che è sempre in mezzo, sempre presente, un vero e proprio ficcanaso che si intromette dappertutto con una disinvoltura quasi irritante. Insomma, proprio come il prezzemolo che non manca mai in una ricetta, quella persona è sempre lì, pronta a “condire” ogni discussione e ogni situazione con commenti non richiesti, mettendo il suo tocco in ogni angolo della vita altrui, lasciandoci con il dubbio se irritarci o sorridere della sua onnipresenza. E che dire, se non che, in fondo, anche il più molesto ficcanaso ha una sua paradossale utilità, proprio come il prezzemolo che, nonostante la sua invadenza, riesce sempre a salvare il sapore di una cena?
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