Non sono state le nostre famiglie, non conoscevamo la città, ma è stato il Ministero degli esteri dell’epoca che ci ha assegnati all’università del capoluogo sardo. Noi avevamo fatto domanda all’ambasciata italiana in Giordania.
Ricordo che eravamo felici e pieni di voglia di conoscere e scoprire la vostra città e di metterci in gioco. E abbiamo ricevuto moltissimo affetto e questo ha favorito la nostra integrazione. E’ stato molto importante.
Forse la Sardegna ha una storia che le ha permesso di capire maggiormente il vostro popolo?
Sì lo penso anche io. C’è una certa somiglianza con voi, non solo fisionomica ma anche proprio come cultura e come storia (sono due popoli mediterranei) ma soprattutto credo c’entri l’orgoglio che ci accomuna e la perenne lotta contro l’arroganza e il sopruso dei colonizzatori prima e ancora oggi per via delle servitù militari. Conoscete più di tanti altri l’ingiustizia di vedervi espropriare la terra e non poter essere sovrani a casa vostra. Anche oggi che si sta consumando l’ennesimo terribile capitolo del genocidio palestinese, la Sardegna, il suo popolo, lo sentiamo al nostro fianco.
Come state? Come vivete questa enorme tragedia e questo massacro da qui?
Molti palestinesi che vivono qui hanno o avevano (perché deceduti) parenti e amici a Gaza. Anche io ho perso molti amici. Si vive in una dimensione perenne di angoscia. Ogni giorno sappiamo che potremmo perdere qualcuno. Ogni giorno siamo coscienti che le malattie, la fame, le violenze che stanno subendo potranno portarceli via. Ogni volta che arriva un messaggio sappiamo che probabilmente è una brutta notizia. Sono tantissimi i giornalisti che ci inviavano informazioni e sono stati ammazzati e tanti altri non sappiamo che fine hanno fatto. In tanti scompaiono nel nulla.
Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati ha detto che questo genocidio se fosse la scena di un crimine avrebbe le impronte digitali di tutti…
Sì ha ragione, si sta compiendo davanti agli occhi del mondo che vede, tace e non interviene. Israele ha dei complici che sono gli Stati Uniti ma anche l’Europa e l’Italia che continua a vendergli le armi.
L’associazione Sardegna Palestina cosa può fare di concreto in queste ore terribili?
Da anni, perché l’occupazione e le violenze, come ricordato anche prima, sui palestinesi, non sono inziate il 7 ottobre, la nostrra associazione lavora e ha sempre lavorato per, in primis far conoscere la nostra storia. Ma anche la nostra cultura e politica. Abbiamo organizzato anche di recente raccolte fondi inviando decine di migliaia di euro agli ospedali alle associazioni chye operano nella Striscia per aiutare la popolazione stremata. Abbiamo anche lanciato una petizione per una radccolta firme che chiede al Comune di Cagliari di interrompere le forniture con le aziende isareliane. Interrompere quindi rapporti commerciali e istituzionali con aziende e associazioni israeliane. Il 20 maggio le abbiamo consegnate alla vicesindaca Maria Cristina Mancini questec mille firme e presto verrà organizzato un Consiglio comunale con l’ordine del giorno la discussione proprio del genocidio a Gaza.
In che modo possiamo aiutare, noi, cittadini comuni?
Per prima cosa parlarne, informarsi e informare. Evitare che cali il silenzio su questo massacro, siamo nella terra di Grasmsci che giustamente diceva di odiare gli indifferenti. La Storia non perdona e prima o poi chiede il conto. Abbiamo il dovere morale di combattere le ingiustizie. Tramite organizzazioni internazionali riconosciute e opreranti a Gaza da decenni possiamo far arrivare anche il nostro aiuto in denaro. Anche se tutto ogni giorno è più complicato.
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