Sulla spiaggia di Platamona, a pochi chilometri da Sassari, la sabbia si fa denuncia. È l’artista Nicola Urru a dare forma alla disperazione di un’Isola ferita, con una nuova scultura ispirata ai devastanti incendi che negli ultimi giorni hanno colpito la Sardegna, lasciando dietro di sé cenere, paure e rabbia.
L’opera, un altorilievo di grande impatto emotivo, raffigura la Sardegna come un’anziana figura, stanca e piegata, appesa a un palo. Accanto a lei, bruciano i Quattro Mori, simbolo identitario della bandiera sarda, trasformati in fiamme che divorano la memoria.
“In queste giornate – racconta Urru – non stanno bruciando solo alberi o case. Sta bruciando una parte della nostra anima. Ogni rogo è uno strappo alla nostra storia, alla nostra cultura, al legame profondo che ci unisce a questa terra antica. La Sardegna è molto più di un luogo: è un’entità viva, un archivio di millenni, una madre che oggi urla in silenzio”.
Gli incendi hanno costretto turisti a fuggire dalle spiagge e mandato in fumo ettari di boschi e macchia mediterranea, mettendo a rischio anche interi ecosistemi. Davanti a tutto questo, l’artista lancia un’accusa chiara e un appello accorato.
“Chi appicca questi fuochi non commette solo un crimine ambientale – dice – ma infligge una ferita culturale profonda. Distrugge un’eredità che appartiene a tutti noi. Ma da queste ceneri può nascere qualcosa: una consapevolezza nuova, una responsabilità condivisa”.
E conclude: “La Sardegna non può più essere lasciata sola. Custodirla è un dovere, un atto d’amore verso chi è venuto prima di noi e verso chi verrà dopo. Basta restare a guardare”.
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