Azzurra e Giorgia: l’amore che resiste, la maternità che unisce. La storia di una famiglia arcobaleno tra coraggio, radici e futuro

Trovare la persona giusta, innamorarsi, resistere alle difficoltà, al tempo, alle pressioni sociali non è mai stato così difficile come ora. Ma lo è di più se si è una famiglia arcobaleno. Ecco il racconto di una coppia di ragazze con salde radici e uno sguardo fiducioso al futuro
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Oggi vi raccontiamo una storia d’amore che sfida i pregiudizi e la complessità del presente. Quella di Azzurra e Giorgia, fidanzate da quasi dieci anni e sposate da quattro. Lavorano e vivono a Cagliari insieme alla figlia, Carlotta Raquel. “La nostra storia è fatta di scelte consapevoli, di responsabilità verso noi stesse e il prossimo, di amore quotidiano, di sguardi che si cercano e si trovano da anni”.
Durante la chiacchierata emerge molto bene come per loro essere una coppia, essere madri, ma in primis essere semplicemente persone, significhi più che condividere una vita: “significa anche rompere muri, creare ponti, raccontarci senza filtri. Non lo facciamo per fare notizia, ma per fare informazione. Perché crediamo che le parole ed i fatti reali, se dette con verità, possano creare empatia, anche con chi è distante o ha solo bisogno di tempo per capire. Non abbiamo mai avuto paura di essere noi stesse. E oggi, con Carlotta Raquel accanto, continuiamo a farlo con ancora più forza e tenerezza”.
Quando e come vi siete conosciute? È stato tutto naturale e semplice o avete incontrato difficoltà con amici e parenti?
È stato un colpo di fulmine, nel 2014. Di quelli che ti sorprendono e ti restano addosso. Ma è nel 2016 che abbiamo davvero cominciato a costruire la nostra storia, perché ci siamo trovate mature nel farlo: nel tempo condiviso, nelle scelte quotidiane, nella voglia di esserci davvero l’una per l’altra. Ci piace dire che siamo fidanzate da quasi dieci anni e sposate da quasi quattro. Lo festeggeremo il prossimo 3 settembre. E se dovessimo descriverci con un’immagine, saremmo quel famoso filo invisibile: sottile, tenace, impossibile da spezzare. Non sempre è stato facile. Le reazioni attorno a noi sono state diverse: tra accoglienza immediata e comprensioni lente, tra abbracci e silenzi. Ma non ci siamo mai nascoste. Abbiamo scelto di vivere il nostro amore alla luce del sole, anche quando sarebbe stato più comodo nasconderlo. E forse è proprio in questo che la nostra storia si è radicata: nella verità, nella fiducia, nel coraggio di essere noi stesse.
Secondo voi cosa ancora oggi fa percepire come “sbagliate” le famiglie arcobaleno?
C’è una paura che attraversa ancora troppi sguardi: la paura di ciò che esce dagli schemi. Le famiglie arcobaleno mettono in discussione modelli antichi, rigidamente etero-normati. Ma non è la biologia a definire l’amore né a costruire una famiglia: sono la cura, la responsabilità, la presenza. Eppure ancora oggi, per molti, due madri (o due padri) equivalgono a una mancanza. Quando in realtà, per nostra figlia, questa è l’unica forma d’amore vero, presente che conosce da prima di venire al mondo: doppia, piena, felice.
Raccontaci come avete maturato l’idea di diventare genitori?
L’idea di diventare madri non è arrivata all’improvviso, ma come una luce che si accende piano, dentro l’amore. All’inizio era una sensazione dolce e indefinita: il desiderio silenzioso di vederci rifiorire in un’altra vita, di trasformare ciò che eravamo in qualcosa di ancora più grande. Ogni giorno, senza accorgercene, ci siamo ritrovate a immaginare una voce nuova in casa, un respiro in mezzo ai nostri, un nome sussurrato tra le lenzuola.
Poi sono arrivate le domande, anche le paure ma che qualsiasi genitore aldilà dell’orientamento prova poiché è una grande responsabilità, la vertigine di un desiderio così potente da fare tremare. Ci siamo guardate a lungo, senza fretta, e ci siamo scelte ancora in quel disegno a quattro mani. Insieme abbiamo deciso di percorrere la strada della PMA in Spagna, a Barcellona, stringendoci la mano tra voli, esami, cure, speranze, lacrime e attese.
E poi, il 7 ottobre con la conferma delle beta, si è annunciata lei: Carlotta Raquel. Nostra figlia, la nostra meraviglia. La risposta più bella che potessimo dare al mondo. Lei non è nata per caso o dal caos. È nata da un sogno testardo, da una scelta lucida, da un amore pieno. È nata perché l’amore, a un certo punto, ci ha chiesto spazio. E noi glielo abbiamo dato. Lei è vita. La nostra ma anche quella che contribuirà a rendere più bello questo universo.
Vi preoccupa l’ondata di ultra destra, stile Orbán, in Europa?
Sì. Non solo come coppia, ma soprattutto come madri. Perché vediamo come l’odio si travesta da legge, come la politica si trasformi in discriminazione istituzionalizzata. E questo rende vulnerabili i nostri figli, prima ancora di noi. In alcuni paesi europei oggi essere una famiglia come la nostra significa non poter registrare il proprio figlio, non poterlo proteggere legalmente. Ma noi non torniamo indietro: la nostra famiglia esiste, e resiste. Ogni volta che raccontiamo la nostra storia, rompiamo un po’ quel muro.
E vorrei anche condividere che questo muro lo rompo da molto prima di diventare madre e di essere anche moglie. Da quando ero adolescente e ho capito che la mia sessualità non era una diversità, e soprattutto che non ero sola. Io non ho mai avuto paura di essere me stessa. Non faccio notizia, faccio informazione. E lo faccio perché credo nella possibilità di creare empatia, di parlare anche a chi è distante, a chi forse ha solo bisogno di capire, di evolversi.
Non provo rancore verso chi ancora crea distanze. Al contrario, vorrei provare ad avvicinarli. Perché si arricchirebbero, come mi sono arricchita io, ogni volta che qualcuno mi ha teso una mano invece di puntarmi il dito.
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