Chiara Effe, la cantautrice si racconta. La musica di moda oggi? “Un prodotto più che un atto artistico”

L'artista: "Questione grave, non solo perché si occupa un posto immeritato, ma soprattutto perché si trasmette un messaggio alla nuova generazione che per avere successo devi venderti bene. E non saperti fare il mazzo a studiare, essere te stesso e performare da professionista".
“Nasco a Cagliari e vivo a Torino. Tifo moltissimo il Cagliari da quando giocava Muzzi negli anni 90, ho vinto alcuni premi importanti che non adoro elencare ma che indubbiamente mi hanno spinta più in là del mare, per capire che se vuoi essere una musicista, puoi”. Si presenta così Chiara Effe, contautrice molto nota e apprezzata in Sardegna e non solo. “Oggi sono un’autrice e una insegnante, vivo di questo non solo nel senso che mi ci mantengo economicamente, ma anche e soprattutto che sono felice di fare ruotare la mia vita intorno alla musica”. Non posso non chiederle che rapporto ha con la musica di oggi. Quella che spopola fra i giovanissimi.
Seguendo Sanremo -e in queste settimane l’Eurovision- risulta evidente un po’ a tutti che oggi conti più l’abito che la voce, la performance che il talento musicale. Secondo te è così?
Questa domanda che mi fai è molto interessante. Ci sono, a mio parere, tre livelli, non due, quindi non solo performance e musica (che io chiamo contenitore e contenuto). Purtroppo il terzo è la vendibilità, la capacità di piacere, anche quando la musica e/o la performance che produci, non sono neppure sufficienti. Mi spiego meglio: sono un artista di oggi, musicalmente non ho niente di particolarmente interessante da dire, le mie performance sono abbastanza divertenti, ma sui social so essere potentissima, so come fare i numeri, ci metto impegno e tempo, a tal punto da diventare un caso seguito per delle ragioni che non hanno nulla a che vedere con l’arte in sé, ma dipendono dalla mia bravura di venditore. Ed ecco fatto un personaggio di tendenza. Questione grave, non solo perché si occupa un posto immeritato, ma soprattutto perché si trasmette un messaggio alla nuova generazione che per avere successo devi venderti bene. E non saperti fare il mazzo a studiare, essere te stesso e performare da professionista.
Come definiresti la tua musica? Come racconteresti a chi non ti conosce il tuo genere e le tue finalità artistiche?
Riguardo la mia musica, ritengo che sia semplice. Le piace stare al centro dell’attenzione, altrimenti non farei questo lavoro, ma non sempre ne ha voglia. Prediligo concerti e contesti piccoli piccoli. E mi sento il dovere e diritto di raccontare storie che siano utili. Non è molto leggera. Non alza il volume della voce, ma dice cose che nascono per essere pesanti e spigolose a volte. Altre invece no. La controparte è romantica. Adoro fotografare e cercare le parole più poetiche, belle o brutte che siano le vicende che racconto.
In Italia si può vivere dei propri sogni? Tu lo fai. È stata fortuna o se uno ci crede li realizza sempre?
In Italia si può vivere dei propri sogni. Si si e si. Ci vuole pazienza. Bisogna essere consapevoli che il mondo faccia schifo e che sia pieno di ingiustizie. Ma dirlo più di una volta non serve a migliorare la situazione. Quindi forse ha senso cominciare a costruire le proprie cose belle, ricordarsi i sogni e andare avanti. Disciplina e costanza devono essere i due concetti sempre presenti. La musica ti rende tutto ciò che le dai. Non ti lascia mai col culo in terra. Ti salva sempre se la ami.
Nuovi progetti?
A fine giugno andrò in Giappone per un concerto a Osaka. In agosto ho previsto concerti in giro per tutta la Sardegna, anche per stare un pochino a casa. Ho delle date a luglio in Campania. E questa prossima domenica sarò ospite di un festival in provincia di Torino, insieme a Bertoli figlio, con cui canterò Spunta la luna dal monte. Chiedimi se sono contenta? Sto scrivendo canzoni nuove con la calma di chi non ha fretta, e insieme a degli strumenti fatti di legno, perché è quello il calore che voglio per il prossimo lavoro!
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