Nicola Carta, da Villacidro a Milano: il sogno della televisione che parte dalla Sardegna

Sempre più giovani sardi lasciano la loro terra per inseguire sogni, passioni e possibilità. Ma cosa li spinge davvero a partire? Ce lo racconta Nicola Carta, 21 anni, originario di Villacidro, oggi a Milano per costruirsi un futuro tra social e televisione.
Articolo di Giuseppe Piredda
La Sardegna è una terra straordinaria, ricca di cultura, bellezza e talento. Ma per molti giovani può diventare anche una gabbia silenziosa, che soffoca le ambizioni per la carenza di opportunità nel lavoro, nella formazione e nell’innovazione. È così che tante storie di talento iniziano con una partenza. Quella di Nicola Carta è una di queste. Content creator, studente universitario e sognatore incallito, ha lasciato la sua isola per cercare spazi dove far brillare la propria voce.
“Facevo finta di condurre un programma già a 11 anni. Da allora, non mi sono più fermato.” Quando gli chiediamo come sia iniziato tutto, Nicola sorride: “Avevo 11 anni. Imitavo un conduttore, inventando programmi con mio cugino che mi riprendeva con il primo telefono touch. Da lì è partito tutto.”
Da YouTube a Musical.ly, fino ad approdare su TikTok e Instagram, il percorso di Nicola non è stato affatto lineare: “A 14 anni avevo una pagina da 60.000 follower, dove pubblicavo notizie dal web. Era una sorta di prototipo dei giornali su Instagram. Poi ho chiuso tutto: volevo essere ‘normale’. Ma è stato il mio errore più grande.”
Dopo una pausa, Nicola è ripartito nel 2018, poco prima della pandemia. Durante il lockdown, l’esplosione del mondo dei creator ha segnato una svolta anche per lui: “Appena finita la quarantena, in Sardegna mi riconoscevano tutti. Ma il vero cambio di passo è arrivato con il trasferimento a Milano. Cinque giorni dopo il mio arrivo lavoravo già per Casio. Io, che fino a due anni prima indossavo davvero un Casio. È stato surreale.”
È stato in quel momento che Nicola ha capito che i social potevano diventare un vero lavoro: “Ho compreso che era possibile costruirsi una carriera. Ma so anche che il mondo degli influencer, così come lo conosciamo, non durerà per sempre. Tra uno o due anni sarà difficile vivere solo di collaborazioni, a meno di non essere già molto affermati o di aver diversificato con la radio, la televisione o un brand personale.”
Oggi Nicola fa parte di un’agenzia “piccola ma ben collegata”, come la definisce lui: “Anche noi, i cosiddetti ‘nano-influencer’ con follower tra i 50.000 e i 300.000, partecipiamo agli eventi. Ma senza un’agenzia, anche con numeri importanti, rischi di non essere preso sul serio: le aziende vogliono contratti, report, garanzie. Con una manager ho tutto sotto controllo: scadenze, pagamenti, tasse… sì, ho aperto la partita IVA, evviva!”
Perché hai scelto Milano e cosa ti ha spinto a lasciare la Sardegna?
“Sentivo il bisogno di andarmene per crescere e formarmi. Milano è stata una scelta naturale, anche perché l’università IULM si trova solo qui. Inoltre, chi sogna un futuro nei media o sui social trova in questa città il vero centro nevralgico: produzioni, contatti, agenzie. Ero già inserito in un’agenzia prima di trasferirmi, quindi non c’erano vere alternative. Avevo valutato di restare in Sardegna, ma per quello che volevo fare non sarebbe stata la scelta giusta.”
Pensi che la Sardegna possa offrire opportunità ai giovani?
“Crescere lì mi ha dato basi solide, anche a livello umano. In Sardegna si vive diversamente: c’è più contatto umano, si cresce con ritmi lenti e relazioni profonde. E questo ti forma anche professionalmente. Però, se vuoi arrivare in alto, prima o poi devi andartene. Dal punto di vista professionale non è stato semplice: il mondo dei social è ancora visto come una perdita di tempo. Le aziende investono poco, anche se qualcosa si sta muovendo, soprattutto a Cagliari. Sono felice di aver vissuto i miei vent’anni in Sardegna: mi ha dato valori e idee che porto ancora con me.”
Ti manca la tua terra?
“In realtà, non molto. Sono partito da poco, quindi il distacco non l’ho ancora sentito del tutto. Non so se ci tornerei a vivere. Mi mancano le persone: la mia famiglia, gli amici di sempre… e la tranquillità. Qui a Milano tutto corre: i tram, la gente, il lavoro. In Sardegna, invece, potevo prendermi una giornata per me, andare a trovare mia nonna, tornare a casa. Quella semplicità sì, mi manca. Però avere persone sarde anche qui mi ha aiutato molto: una mia amica si era trasferita prima di me, mi ha dato tanti consigli. Anche il mio coinquilino è sardo. Questo mi ha fatto sentire meno solo.”
Che rapporto hai oggi con i social?
“È cambiato molto. All’inizio TikTok era quasi un’ossessione: facevo otto video al giorno. Ora sarebbe impensabile. All’epoca avevo una spinta creativa continua. Oggi, con il lavoro e l’università, ho imparato a gestirmi. Mi concentro sulla parte creativa: scrivo l’idea, registro, pubblico. Poi smetto. Non passo più ore a fare scrolling. È diventato più un lavoro e meno una dipendenza.”
Come ti immagini tra cinque anni?
“Mi vedo ancora a Milano. Vorrei sviluppare la mia carriera in televisione: i centri principali restano Milano e Roma. Qui ho trovato una stabilità, sia lavorativa che personale. Spero di entrare nel mondo televisivo, anche partendo dal basso. Tra cinque anni mi piacerebbe vedere una carriera in crescita, magari con una casa mia e… sì, un bassotto! Vorrei laurearmi, fare la magistrale e magari anche un master. Non so se farò ancora quello che faccio oggi — spero di no, perché significherebbe che sono cresciuto.”
Tornando alla domanda iniziale: la Sardegna può davvero offrire opportunità ai giovani?
“Sì, ma serve una visione più concreta e coraggiosa. Le istituzioni devono iniziare a credere nei giovani e a investire: nel digitale, nella creatività, nel turismo sostenibile, nelle energie rinnovabili. Solo così chi parte potrà, un giorno, pensare anche di tornare.”
.

© RIPRODUZIONE RISERVATA