80 anni dalla Liberazione nazifascista: cosa significa essere partigiani e partigiane oggi? Ne parliamo con la giurista Luisa Sassu

Sono tante le domande spontanee che nascono rispetto a questa ricorrenza importante. Il ruolo dell'Associazione nazionale partigiani italiani ma anche le politiche del governo in materia di sicurezza e difesa.
Quest’anno sono 80 anni dalla Liberazione nazifascista. Sono tante le domande spontanee che nascono rispetto a questa ricorrenza importante. Il ruolo dell’Associazione nazionale partigiani italiani ma anche le politiche del governo in materia di sicurezza e difesa. Ne abbiamo parlato con la giurista Luisa Sassu, funzionaria nella Pubblica Amministrazione, già dirigente della CGIL, Camera del Lavoro Metropolitana di Cagliari e Assessora del Comune di Cagliari dal 2011 al 2013; dirigente della Sezione e del Comitato provinciale ANPI di Cagliari, curatrice della mostra “Donne della Resistenza.Madri della Costituzione. Itinerari di democrazia” che dal 2018 ha raggiunto molte scuole, convegni, congressi anche nella penisola.
A 80 anni dalla liberazione nazifascista che ruolo ha oggi l’Anpi? In che modo si può essere partigiani oggi e cosa significa nel contesto attuale?
Questa domanda è importante perché ci consente di riflettere, oltre che sull’attualità del ruolo dell’ANPI, sui continui tentativi di archiviare il fascismo come fatto storico e l’antifascismo come valore ed elemento fondante della nostra Repubblica e della nostra Costituzione. Tentativi che in questi ultimi anni hanno registrato una accelerazione molto evidente e preoccupante. L’ANPI nasce come associazione dei partigiani e delle partigiane combattenti, per poi diventare, nel 2006, una associazione aperta a tutti coloro che intendono praticare l’antifascismo sia attraverso il contrasto di qualunquerevisionismo storico che attraverso l’affermazione dei valori e dei principi costituzionali. Entrambi obiettivi che necessitano di grande impegno e di grande attenzione, e il ruolo dell’ANPI, ma anche delle altre associazioni antifasciste è quello di raccogliere e testimoniare il significato della Liberazione rivelandone la straordinaria attualità.
Vista la situazione drammatica a Gaza come potete definire il vostro rapporto attuale con la comunità ebraica che spesso non vuole sfilare con voi il 25 aprile?
I rapporti dell’ANPI con alcune comunità ebraiche, non con tutte, ha certamente risentito delle chiare posizioni della nostra associazione sul dramma che sta vivendo il popolo palestinese a causa delle scelte del governo israeliano, scelte e comportamenti peraltro qualificati come penalmente rilevanti da alcuni organismi internazionali. Anche a voler prescindere dal fatto che con molta leggerezza si attribuisce la definizione di antisemita a chiunque esprima umanità e preoccupazione per le condizioni di Gaza, l’ANPI dimostra nei fatti di considerare elemento costitutivo della propria missione anche quello di mantenere intatta la memoria della Shoah e farne un preciso monito affinché non si ripeta mai più; è per questo che la Giornata della Memoria, il 27 gennaio, è una data fondamentale nel calendario delle iniziative della nostra associazione, come si può facilmente verificare accedendo al sito nazionale.
Rispetto al nostro governo e al nuovo decreto sicurezza in che modo bisognerebbe opporsi a questa deriva autoritaria?
Il cosiddetto decreto sicurezza presenta chiari elementi di illegittimità costituzionale, a cominciare dal fatto che è nato dalla brusca interruzione del percorso parlamentare per essere approvato dal consiglio dei ministri nella forma del decreto legge, quindi di un provvedimento che dovrebbe scaturire da condizioni di necessità e urgenza che, nel caso specifico, non c’erano. Quindi, tutte le associazioni democratiche e i partiti di opposizione dovrebbero opporsi alla sopravvivenza del decreto. Tuttavia, la resistenza si impone anche rispetto ad un disegno complessivo di cosiddette riforme che il governo sta strenuamente perseguendo: la riforma della giustizia, il premierato e l’autonomia differenziata. Questo insieme di interventi legislativi, alcuni di revisione costituzionale, interverrebbero in maniera definitiva sull’intero impianto dalla Costituzione, cambiando radicalmente la fisionomia e, in definitiva, rompendo quel delicato equilibrio che garantisce una democrazia compiuta ed effettiva. Ci aspetta un
lungo periodo di Resistenza, nell’ottantesimo della Liberazione. Perciò celebriamo questa ricorrenza col preciso impegno di salvaguardarne l’eredità più preziosa: la nostra Costituzione.
Può spiegarci cosa significa oggi essere pacifisti?
La Repubblica e la Costituzione sono nate in opposizione alle macerie del fascismo e al dramma della guerra, perciò i partigiani e le partigiane che pure hanno imbracciato le armi contro il nazifascismo, hanno consegnato alla nostra democrazia il ripudio della guerra e ne hanno fatto uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione, con quell’art. 11 che non smetteremo mai di ricordare e scandire. La guerra è stata ed è così devastante, che la pace non è soltanto l’assenza di una guerra, ma è il concreto perseguimento di tutte le politiche che possano scongiurarla, prevenirla, evitarla. La pace contempla soltanto una vittoria, quella della ragione e del diritto. Perciò l’ANPI, alla propria bandiera accompagna sempre quella della pace.

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