Troppe passioni, una sola vita? Arianna Lai ci aiuta a fare chiarezza sul mondo della multipotenzialità

Per capire meglio cosa significhi essere multipotenziali e come fare di questa attitudine una risorsa concreta (senza farsi travolgere), parliamo con Arianna Lai, professionista della comunicazione con un approccio profondamente multidisciplinare.
Negli ultimi anni, la multipotenzialità è diventata una vera e propria buzzword. Dietro questa parola dal suono intrigante si cela un concetto tanto affascinante quanto complesso: la capacità — o forse la necessità? — di spaziare tra interessi, discipline e carriere diverse, mossi da una curiosità insaziabile e da una mente che fatica a restare ferma troppo a lungo. Ma come spesso accade con le etichette che affascinano, anche la multipotenzialità ha il suo lato oscuro: può diventare un rifugio, un alibi per non scegliere, per non approfondire, per fuggire alla noia senza affrontarla davvero.
Per capire meglio cosa significhi essere multipotenziali e come fare di questa attitudine una risorsa concreta (senza farsi travolgere), ne parliamo con Arianna Lai, professionista della comunicazione con un approccio profondamente multidisciplinare.
Attiva nel mondo della comunicazione digitale dal 2014, Arianna è anche scrittrice e podcaster. Dopo il trasferimento a Siviglia nel 2018, ha lavorato come Social Media Manager e Digital Copywriter per realtà internazionali, fino a ricoprire il ruolo di Communication Manager e guidare il suo primo team creativo. Dal 2020 si dedica a tempo pieno ai suoi progetti, affiancando l’attività di consulente e fondatrice di la carpa.agency a quella di docente. Dal 2022 collabora con la Camera di Commercio di Siviglia, il Campus Universitario EUSA e varie Business School, insegnando marketing digitale, intelligenza artificiale, social media e comunicazione a studenti di tutte le età.
Vive e lavora a e da Siviglia, ed è rappresentata come autrice dalla PNLA (Piergiorgio Nicolazzini Literary Agency). Chi meglio di lei per aiutarci a esplorare il mondo affascinante — e a volte contraddittorio — della multipotenzialità?
Arianna, quando parli di multipotenzialità, a cosa ti riferisci esattamente? C’è una definizione o una cornice teorica che senti più vicina al tuo modo di intendere questo concetto?
Ho letto il libro di Emilie Wapnick (Diventa chi sei) cinque anni fa, subito dopo un altro libro illuminante che purtroppo non è stato tradotto in italiano — One Person / Multiple Careers — e mi ha letteralmente cambiato la vita. Nonostante ciò, oggi uso raramente la parola “multipotenziale”. Negli anni, il termine partorito da Wapnick è stato abusato, frainteso, usato come alibi da chi non voleva (o riusciva) a prendersi la responsabilità di costruire qualcosa. Perché evidentemente — e questo ci tengo a specificarlo fin dall’inizio — la multipotenzialità non può essere utilizzata come un diversivo per camuffare la propria inconcludenza. Così ho scelto di creare un contenitore semantico nuovo — parlando di profili poliedrici. Non per rinnegare il concetto, ma per offrirmi lo spazio necessario per divulgare partendo da zero, senza schemi precostituiti.
Quali sono, secondo te, i segnali più chiari che una persona è multipotenziale, anche quando magari non ne è consapevole?
Non riesce a “scegliere una cosa e basta” — e ogni volta che prova a farlo, si sente come se stesse amputando una parte fondamentale di sé. Non ha una vocazione univoca, si vede sempre in più ruoli, in più scenari, in più vite possibili. Tende a saltare da un interesse all’altro, e non lo fa affatto per superficialità, ma per la necessità di esplorare e di sentire che sta dando voce a tutte le parti di sé, non solo a una. Ci sono alcuni casi dove è più difficile riconoscersi nel profilo, perché magari ci si muove nell’asse della sequenzialità (ad esempio, qualcuno che per 10 anni si dedica al giornalismo, ci mette tutto se stessə, e poi dopo quella decade cambia radicalmente per aprire una fioristeria perché sente che ha preso da quella “vita” tutto ciò che poteva. Wapnick li chiama i multipotenziali fenice). Poi un altro chiaro segnale è l’insofferenza per un lavoro che non permette di spaziare, e che magari occupa tutto il suo tempo — tempo che dunque non può dedicare ad altro.
In che modo la multipotenzialità può essere fraintesa o scambiata per instabilità o mancanza di focus, specialmente nel contesto lavorativo?
Ci sono profili poliedrici che vengono bollati come job hopper, solo perché cambiano per noia — e non per cercare la prossima grande opportunità (di solito, più che il successo inteso come autorità nel settore, i pp perseguono libertà e flessibilità). Ci sono dei contesti aziendali dove CV come il mio vengono automaticamente scartati, perché magari il recruiter ha il bias della stabilità, e per lui/lei l’unico modello di dipendente provetto è chi ha speso almeno 3 anni nella stessa azienda. Il problema si esacerba quando — con l’idea di essere assunti — si tenta di rientrare nel modello dello specialista, mozzandosi “volontariamente” parti di sé. Far fare a un profilo poliedrico il lavoro di uno specialista è un po’ come costringere un pesce ad arrampicarsi su un albero. Il risultato è frustrazione, autosabotaggio, burnout e senso di inadeguatezza. Nessun beneficio né per il poliedrico né per l’azienda, per capirci.
Hai vissuto personalmente momenti in cui la tua multipotenzialità è stata un ostacolo?
Assolutamente sì. Al di là del fatto che ho trovato difficoltà a scegliere il mio percorso di studi, il momento in cui ho veramente sentito l’impatto del problema è stato quando vivevo a Madrid e cercavo ingenuamente di inserirmi nel mondo corporate. Ogni volta che andavo a lavoro sentivo un’angoscia sorda all’idea che quello poteva essere il mio futuro da lì in poi. L’idea di ottenere un contratto a tempo indeterminato anziché allettarmi mi faceva venire la nausea. Per di più nel 2018 — l’anno del mio espatrio in Spagna — avevo iniziato a scrivere racconti, poi romanzi, e quella parte ha cominciato a reclamare uno spazio sempre più grande. È lì che ho iniziato a dirmi (evidentemente per via della pressione sociale): “O l’una o l’altra. Non puoi fare tutto.” Ero convinta che, se volevo essere tenuta in considerazione come autrice, dovevo sparire dalla scena del marketing, e viceversa. Oggi invece ho un equilibrio dinamico, e ho provato a me stessa come le due cose siano compatibili in una sola vita. Sono riuscita negli anni a costruirmi una carriera portafoglio, ovvero fatta da diversi lavori che alterno o faccio convivere. Attualmente offro formazione (su social media, marketing digitale, personal branding, IA applicata al business e sviluppo professionale, fotografia e video con il cellulare per uso social, etc etc) per enti come la Camera di Commercio di Siviglia, EUSA, varie Business School, o partecipo in qualità di business e communication coach a progetti come l’ultimo per Confindustria Toscana Servizi, Empowering, gestisco la Carpa Agency, continuo a scrivere (sono rappresentata da PNLA, al momento sia il mio primo romanzo che il manuale sulla poliedricità sono in fase di lettura in svariate case editrici) e porto avanti il mio lavoro divulgativo online. Non ho più bisogno di scegliere. Ho solo imparato a organizzarmi. E a lavorare sul mantenimento, e non esclusivamente su esplorazione e scoperta.
Quali strumenti pratici – metodologie, esercizi, routine – consigli per aiutare una persona multipotenziale a canalizzare le proprie energie e dare struttura ai propri interessi?
Per quanto mi riguarda non esiste un modello giusto, universale, ma il tuo modello. Puoi prendere ispirazione dal prossimo, trovare un role model, ma non consiglio mai a nessuno di copiarne le coordinate (anche perché siamo tuttə diversə, con contesti e privilegi di partenza che possono fare la differenza). Per quanto mi riguarda, ad esempio, non penso affatto che il mio percorso dovrebbe essere studiato, capito e reso riproducibile. Quello che ho ora è il frutto delle scelte che ho preso e delle carte che mi sono trovata in mano (individuo + contesto/privilegio). Magari, se avessi beccato per strada dell’altro, o fossi nata in una grande città anziché in provincia di Cagliari, le cose sarebbero andate diversamente. L’unico consiglio che mi sento di dare è: cerca una fonte di reddito prima di metterti a cercare la combinazione perfetta di lavori e progetti personali. Perché qualsiasi esplorazione ha bisogno di risorse, e senza soldi smettiamo di funzionare e costruiamo dalla prospettiva della scarsità, che è una pessima, PESSIMA consigliera.
Nel tuo lavoro, aiuti poliedrici a costruire carriere coerenti?
Sì, succede spesso. Lo faccio sia in classe qui in Spagna quando mi capitano persone dal profilo poliedrico, sia autonomamente con formazione e consulenze online (proprio ora sto lavorando ad una masterclass in merito). Il mio lavoro consiste in questo: capire se c’è un filo rosso che connette tutto, oppure se è il caso di strutturare una carriera portafoglio fatta di progetti paralleli. Aiuto le persone a stabilire priorità reali, a capire in che modo sfruttare quello che hanno già (titoli, esperienze, studi) e a comprendere cosa manca (e come procurarselo) per raggiungere ciò che desiderano. Normalmente, e mi ricollego alla risposta precedente, si parte da qui: qual è il progetto/lavoro che può iniziare a darti reddito subito? Perché da lì nasce anche la libertà mentale per costruire il resto. Poi lavoriamo sulla narrazione, sugli incastri, e sull’accettazione di un modello di lavoro non lineare, ma ricco di senso per chi lo svilupperà negli anni.
Come si lascia andare un interesse senza colpa?
Io non credo negli addii. Credo nei cicli. Se è un amore vero, torna. Se no, non se ne sentirà la mancanza. A volte le cose vanno lasciate andare, ma non buttate. Io ogni tot faccio pulizia. Mi chiedo: “Questa cosa mi serve ancora? Mi sta ancora bene addosso?” E se la risposta è no, la lascio lì. Non è incoerenza, è adattamento. E se sei un profilo poliedrico, probabilmente ti viene naturale. Il punto è solo imparare a farlo con consapevolezza.
Qui il lavoro di Arianna sul tema della multipotenzialità: https://substack.com/@ariannalai/p-157305592
Aprire le porte del proprio cuore a un cane adulto: Anita, 10 anni, la dolcezza, la bontà e l’amore a 4 zampe

Chi desidera offrire ad Anita la casa che non ha mai avuto può contattare il numero 328 3661490. Si trova in Sardegna ma per una buona adozione può viaggiare anche in centro e Nord Italia.
Si chiama Anita ed è una cagnolina dal cuore d’oro in cerca di una seconda possibilità. Ha circa 10 anni, pesa 20 chili ed è una taglia media. Vive attualmente nel canile di Villacidro, ma è pronta a mettersi in viaggio per raggiungere una vera casa, anche nel nord Italia, pur di trovare finalmente una famiglia che le voglia bene.
Anita è negativa alle malattie mediterranee, sa andare al guinzaglio ed è compatibile con la vita in famiglia. È una cagnolina tranquilla, affettuosa e dal carattere equilibrato: un’anima gentile che aspetta solo di essere notata.
Dopo una vita vissuta tra le sbarre, merita di conoscere il calore di un divano, una ciotola sempre piena e soprattutto l’amore di chi saprà prendersi cura di lei. Chi desidera offrire ad Anita la casa che non ha mai avuto può contattare il numero 328 3661490. Aprire il cuore a un cane adulto significa ricevere in cambio una gratitudine immensa.

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