Un fenomeno virale che parte da Mandas, un piccolo borgo della Sardegna, e arriva in tutto il mondo: è quello che sta vivendo la cantante sarda Claudia Aru insieme alla giovane Asia, protagonista di un video che ha raggiunto il record di 10 milioni di visualizzazioni su TikTok.

La notizia, condivisa sui social dalla stessa Aru, ha dell’incredibile: senza alcuna sponsorizzazione, il video ha superato il precedente record di 7,7 milioni di views, attirando commenti da ogni angolo del pianeta, dal Nepal al Brasile, dalla Russia a Israele. Un successo spontaneo e inarrestabile, che conferma come il talento possa abbattere qualsiasi confine geografico.

Asia, giovanissima e straordinariamente dotata, ha già attirato l’attenzione di talent show come The Voice e Italia’s Got Talent, oltre a proposte per concerti e collaborazioni. Tuttavia, Claudia Aru, d’accordo con i genitori della ragazza, ha scelto di proteggerne la crescita, permettendole di vivere serenamente i suoi 14 anni, senza pressioni e con la possibilità di continuare a studiare e migliorarsi.

“Non conta dove sei, ma cosa fai”, sottolinea la cantante sarda, orgogliosa del percorso intrapreso con Asia. E il dato resta: questa giovane artista ha un talento straordinario e, quando sarà pronta, il mondo della musica sarà lì ad aspettarla.

In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.

Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.

L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.

Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.

Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.