Anche la Sardegna ha il suo “dattero cinese”: di che si tratta e dove si trova?

In passato, era diffusa nei giardini delle case di campagna sarde, mentre oggi la sua presenza si è notevolmente ridotta.
La giuggiola, conosciuta in Sardegna con il nome di “Zinzulu”, è un frutto antico e dimenticato, ma dal sapore unico e dalle straordinarie proprietà nutritive. Derivata dal giuggiolo (Ziziphus jujuba), un albero che può raggiungere i 10 metri di altezza, la giuggiola è originaria della Siria ed è giunta in Italia dopo la metà del 1600. In passato, era diffusa nei giardini delle case di campagna sarde, mentre oggi la sua presenza si è notevolmente ridotta.
I frutti del giuggiolo maturano tra settembre e ottobre, assumendo una colorazione bruna. Se raccolti ancora verdi, hanno una consistenza croccante e un gusto simile a quello della mela; una volta maturi, diventano morbidi e dolci, con un sapore che ricorda il dattero ma meno stucchevole.
Dal punto di vista nutrizionale, le giuggiole sono un vero e proprio concentrato di benessere. Sono ricche di vitamina C, flavonoidi, fosforo e ferro, rendendole un ottimo alleato per il sistema immunitario e cardiovascolare. Inoltre, hanno proprietà antinfiammatorie e sono efficaci nel trattamento di bronchiti, raffreddori e raucedine. Grazie al loro contenuto di fibre, favoriscono il transito intestinale e sono utili per combattere la stipsi. Infine, il loro effetto rilassante le rende un rimedio naturale contro ansia e insonnia.
Le giuggiole si prestano a numerose preparazioni culinarie. Con esse si produce un delizioso liquore dolce, perfetto per accompagnare biscotti secchi o per insaporire il pan di Spagna. Inoltre, vengono impiegate per la preparazione di marmellate e confetture, oppure come ingrediente per impasti di torte e biscotti.
La giuggiola è avvolta da diverse leggende e credenze. Si racconta che la corona di spine di Gesù sia stata intrecciata con rami di una specie spinoso di giuggiolo. Alcuni studiosi ipotizzano che l’incantesimo dei Lotofagi descritto nell’Odissea non fosse dovuto a sostanze narcotiche, ma a una bevanda fortemente alcolica ottenuta dalla fermentazione delle giuggiole. Nell’antica Roma, il giuggiolo era simbolo di silenzio e prudenza, tanto da adornare i templi dedicati alla dea Prudenza.
In diverse culture asiatiche, l’albero del giuggiolo è considerato magico: si dice che per far innamorare qualcuno, bisogna condurlo sotto un giuggiolo. Infine, il celebre “brodo di giuggiole” ha origini alla corte dei Gonzaga: si trattava di un liquore ottenuto con giuggiole, mele cotogne, uva, vino bianco e zucchero, talmente delizioso da evocare un senso di estasi, proprio come suggerisce il proverbio.
La giuggiola è un frutto dimenticato, ma merita di essere riscoperto e valorizzato per il suo gusto unico e le sue numerose proprietà benefiche. Che sia utilizzata in cucina o semplicemente gustata fresca, la giuggiola resta una preziosa testimonianza della tradizione e della biodiversità mediterranea.

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