Una giornata speciale quella di ieri in casa Cagliari Calcio: il trequartista Gianluca Gaetano e sua moglie Maria Delle Cave hanno festeggiato l’arrivo del loro secondogenito, Mattia. La coppia ha annunciato con gioia la nascita del piccolo, che va ad arricchire la loro famiglia già composta dalla piccola Carmela, nata due anni e mezzo fa durante l’esperienza calcistica di Gaetano alla Cremonese.

Sui social non sono mancate le dimostrazioni d’affetto e i messaggi di congratulazioni per la coppia. In particolare, Maria Delle Cave ha condiviso tante stories piene di emozione e felicità, che hanno trovato grande risposta da parte di amici, familiari e tifosi.

Questa nuova gioia fuori dal campo arriva in un momento delicato per il Cagliari, reduce da una sconfitta contro la Lazio. Tuttavia, la nascita di Mattia rappresenta una ventata di positività per il giocatore rossoblù, che può ora dedicarsi a festeggiare questa importante tappa personale.

La società e i compagni di squadra non hanno fatto mancare il loro supporto, sottolineando il clima di unità e vicinanza che si respira nel gruppo. Auguri a Gianluca e Maria per questa nuova avventura come genitori di due splendidi bambini!

PH Cagliari Calcio, profilo Instagram

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In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.

Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.

L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.

Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.

Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.