Lo sapevate? Che cosa è su barralicu?

Un nome che sembra uscito da una favola antica (e anche il suo utilizzo), un oggetto ormai non più comune, che un tempo ogni bambino sardo possedeva; che cosa è su barralicu (o barralliccu o baddarincu)?
Lo sapevate? Che cosa è su barralicu?
Un nome che sembra uscito da una favola antica (e anche il suo utilizzo), un oggetto ormai non più comune, che un tempo ogni bambino sardo possedeva; che cosa è su barralicu (o barralliccu o baddarincu)?
C’era una volta su barralicu. Uno dei giocattoli più noti della tradizione isolana, sempre vivo nelle notti natalizie e nelle giornate di festa dei nostri nonni. Indubbiamente, un gioco in cui la fortuna conta di più della capacità del giocatore, il quale infatti può solo affidarsi ai “capricci” rotatori della trottola, oltre che alla forza delle proprie dita.
Si tratta di un girlo, un dado, una trottola, un gioco natalizio (e non solo), composto da 4 facce rotanti, su un asse, appunto ballerino. Faceva parte dei più comuni giochi di Natale, veniva chiamato anche “pimpirimponi”.
Un nome che sembra uscito da un’antica leggenda, avvolto da un’aura di tradizione e nostalgia. Un oggetto che oggi appare raro, quasi dimenticato, ma che un tempo era l’immancabile compagno di gioco di ogni bambino sardo. Su barralicu (o barralliccu) è molto più di un semplice giocattolo: è un frammento vivo della cultura isolana, un simbolo delle festività natalizie e delle giornate di festa dei nostri antenati.
Questo piccolo gioco di legno era una presenza costante nelle famiglie sarde, soprattutto durante il Natale. Conosciuto anche con il nome di pimpirimponi, su barralicu rappresenta un passatempo semplice ma intramontabile, dove la fortuna ha un ruolo determinante. La bravura del giocatore conta poco: il risultato dipende tutto dalla rotazione imprevedibile della trottola e dalla forza impressa dalle dita.
Ma cosa rende su barralicu così speciale? Si tratta di un dado di legno a forma di trottola, composto da quattro facce rotanti e sorretto da un perno nella parte inferiore e un’asta nella parte superiore, che ne permette la rotazione. Su ogni faccia sono incise delle lettere maiuscole: T (Totu, tutto), P (Poni, metti), N (Nudda, niente), M (Mesu, metà). Il gioco consiste nel far girare su barralicu e osservare quale lato si fermerà rivolto verso l’alto. Ogni lettera corrisponde a un’azione: il giocatore può vincere tutto, perdere la posta, non guadagnare nulla o dividere il bottino a metà.
Il fascino di questo gioco risiede proprio nella sua imprevedibilità. In un attimo, la fortuna può sorriderti, permettendoti di prendere tutto, oppure voltarti le spalle, costringendoti a restituire ciò che hai appena conquistato. Ogni giro è una nuova avventura, carica di suspense e di risate, un momento di condivisione e leggerezza che unisce i partecipanti.
Su barralicu non è solo un gioco sardo. Le sue dinamiche ricordano il dreidel della tradizione ebraica di Chanukkah e il “poni” calabrese, noto anche come accipitotu. Anche quest’ultimo utilizza un dado di legno, con lettere incise che rimandano a termini latini: A (Accipe, prendi), T (Totum, tutto), N (Nihil, niente), P (Poni, metti). Nonostante le somiglianze, ogni variante possiede una propria identità culturale e un legame profondo con le tradizioni locali.
In Sardegna, su barralicu ha lasciato un’impronta così forte da influenzare persino i modi di dire. Come riportato da Alziator, il proverbio cagliaritano “tristu comenti unu poni” – che significa “triste come chi ha perso tutto a su barralicu” – testimonia quanto questo gioco fosse radicato nella vita quotidiana.
Oggi, su barralicu è un oggetto raro, ma il suo fascino rimane intatto. È il simbolo di un tempo passato, quando i giochi erano semplici ma pieni di significato, capaci di riunire grandi e piccoli attorno a un tavolo per ore di spensieratezza e divertimento. Un piccolo dado di legno che racconta una grande storia.

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