Lo sapevate? I Cagliaritani chiamavano “Partenone” il mercato del Largo
I Cagliaritani lo chiamavano il "Partenone", era uno dei due edifici del vecchio Mercato civico del largo Carlo Felice. Sapete perché veniva definito così?
Lo sapevate? I Cagliaritani chiamavano “Partenone” il mercato del Largo.
I Cagliaritani lo chiamavano il “Partenone”, era uno dei due edifici del vecchio Mercato civico del largo Carlo Felice. Sapete perché veniva definito così?
Nel cuore della vecchia Cagliari esisteva un edificio tanto amato dai cittadini da meritarsi il soprannome di “Partenone”. Non si trattava di un tempio greco, ma di una parte del mercato civico del Largo Carlo Felice, un gioiello architettonico che per decenni ha rappresentato il cuore pulsante della vita commerciale e sociale della città.
Inaugurato nel marzo del 1886, il mercato civico era il frutto del genio dell’ingegner Enrico Melis, allievo del celebre architetto Cima. Prima della sua costruzione, l’area ospitava solo baracche provvisorie dove si svolgeva il commercio quotidiano. Il nuovo complesso, edificato sulle fondamenta dell’ex convento di Sant’Agostino, si componeva di due edifici distinti, separati da quella che oggi è conosciuta come via del Mercato Vecchio.
L’edificio principale si distingueva per tre avancorpi in trachite di Serrenti e un maestoso arco trionfale che conduceva a un interno illuminato da luce naturale, filtrata attraverso lastre di vetro sostenute da eleganti strutture in ghisa e ferro. Ma era il secondo edificio, quello più piccolo, a catturare l’immaginazione dei cagliaritani, che lo ribattezzarono “Partenone” per il suo magnifico porticato con colonne doriche e una trabeazione decorata da metope e triglifi, anch’esso realizzato nella caratteristica trachite di Serrenti.
Il mercato non era solo un luogo di commercio, ma un vero e proprio microcosmo sociale. Qui si potevano incontrare i “piccioccheddus de crobi”, i ragazzi della cesta, giovani di umili origini che si guadagnavano qualche spicciolo aiutando le signore con la spesa. Lo scrittore D.H. Lawrence, visitando il mercato nel 1921, ne rimase talmente colpito da descriverlo nel suo “Mare e Sardegna”, immortalando così l’atmosfera vivace e caratteristica del luogo.
Tuttavia, come spesso accade, il progresso e le mutate esigenze della città portarono alla fine di questa storica struttura. Negli anni ’50 del XX secolo, nonostante le proteste dei cittadini e numerose petizioni pubblicate sull’Unione Sarda, l’amministrazione comunale decise di cedere l’area ad alcune banche. I cagliaritani, pur desiderando trasformare il Largo Carlo Felice nel “salotto buono” della città, avrebbero preferito vedere il mercato riqualificato piuttosto che demolito.
Le ragioni ufficiali della demolizione furono molteplici: l’inadeguatezza della struttura rispetto all’espansione della città, problemi logistici e igienici, e naturalmente considerazioni economiche. In breve tempo, il “Partenone” e l’edificio principale furono smantellati, lasciando spazio ai moderni palazzi bancari che ancora oggi caratterizzano la zona.
Del glorioso mercato rimangono oggi solo pochi frammenti sparsi per la città: uno dei tre avancorpi dell’edificio principale è ancora visibile, mentre alcune colonne dell’edificio porticato sono state collocate nella piazza della chiesa della Vergine della Salute al Poetto. Altri rocchi di colonne giacciono ai piedi di Monte Urpinu, silenziosi testimoni di un’epoca passata.
Il “Partenone” cagliaritano vive ancora nella memoria dei più anziani e nelle vecchie fotografie, ricordando un periodo in cui l’architettura pubblica non era solo funzionale, ma anche espressione di bellezza e armonia. La sua demolizione rappresenta una di quelle perdite architettoniche che hanno cambiato il volto della città, lasciando un vuoto non solo fisico ma anche emotivo nel tessuto urbano di Cagliari.
Questa storia ci ricorda l’importanza di preservare il patrimonio architettonico delle nostre città, non solo per il suo valore storico e artistico, ma anche per il ruolo che questi edifici giocano nella memoria collettiva e nell’identità di una comunità. Il “Partenone” cagliaritano, con la sua breve ma intensa vita, rimane un esempio di come l’architettura possa diventare parte integrante dell’anima di una città e dei suoi abitanti.
La prossima volta che passate per il Largo Carlo Felice, provate a immaginare quel magnifico porticato con le sue colonne doriche, il via vai dei commercianti e dei “piccioccheddus de crobi”, e quell’atmosfera unica che ha fatto meritare a un semplice mercato il nome del più celebre tempio dell’antica Grecia. È un esercizio di memoria che ci aiuta a comprendere come ogni città sia un palinsesto di storie, alcune ancora visibili, altre ormai scomparse ma non per questo meno importanti nel definire chi siamo oggi.
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