Lo sapevate? Pare che ancora oggi nell’Isola in centinaia si affidino alla medicina popolare sarda

La medicina dell’occhio è la più conosciuta, e libera dal malocchio, ma c’è anche la medicina dello spavento e la cura delle ustioni: in tantissimi si affidano ancor oggi ai rimedi della medicina popolare sarda.
Fino al primo quarto del Novecento la medicina popolare sarda – come specificato in Misteri e storie insolite della Sardegna di Lisai – era un ostacolo alle scienze farmaceutiche ufficiali. Tutti, insomma, preferivano affidarsi ai guaritori isolani, era una procedura considerata più sicura. Isolamento geografico, sì, ma anche culturale alla base di questa resistenza. Dopo il secondo conflitto mondiale le persone si aprirono più, industrializzandosi, ma non del tutto. In che senso? Be’, pare che ancor oggi siano centinaia – circa mille, a quanto sembra – i guaritori che, nelle retrovie, agiscono ancora tramandando e utilizzando antichi rituali, supportati dalle comunità locali.
Sempre secondo Lisai, per quanto riguarda alcune patologie, sarebbero ancor oggi circa centomila le persone che si affidano ai guaritori.
Ma di quali procedure si parla? Eh, della medicina dell’occhio, della terapia dello spavento e della cura delle ustioni. Vediamo più nel dettaglio.
Il rito della medicina dell’occhio è forse il più conosciuto, diffuso in tutte le aree dell’Isola e tramandato per discendenza. Lo scopo? Be’, liberare dal malocchio, potenzialmente “cedibile” da chiunque a chiunque – anche se Lisai specifica che i principali portatori di questa malattia sono i ciechi e le persone con gli occhi verdi. formule magiche e preghiere – combinate con altre cose, come acqua, olio, sale, minerali, corna di animali o conchiglie – possono quindi liberare il malcapitato. Deve essere ripetuto – solitamente tre o nove volte.
La terapia dello spavento è sempre magico-terapeutico e ha come base la formulazione di preghiere. Certe volte, per liberare il malato dallo spavento, viene usata l’acqua benedetta – lanciata all’improvviso addosso – o anche un’esposizione del malato al fumo di candele o prodotto dalla combustione di incenso o fiori benedetti. Talvolta, si brucia persino un pezzo di indumento del malcapitato. Nessun essere umano, oltre a paziente e guaritore, è ammesso al rituale, mentre ammessi sono gli animali – perché attirerebbero, secondo la credenza, il maligno a sé. In alcuni casi, viene raccolta anche un po’ di terra del posto dove il paziente ha subito lo spavento: questa verrebbe fatta ingerire mischiata all’acqua o gettata sulla sua testa durante il rituale.
Per la cura delle ustioni, invece, il trattamento è completamente differente: si tratta infatti di medicamenti sulla base di erbe locali, le cui ricette sono tramandate a livello familiare. Preghiere o formule sono secondarie. Olii, decotti, unguenti ricavati da erbe officinali: su questo ci si basava. La medicina ufficiale – poiché in alcuni casi è stata dimostrata l’efficacia di alcuni unguenti – si è spesso interessata a questa metodologia, mettendo in opera collaborazioni.

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