Lo sapevate? Prima Arborea si chiamava Mussolinia e fu popolata con dei coloni arrivati dal Veneto

Il nome di Mussolinia di Sardegna usato dal 1930 al 1944 era in onore di Benito Mussolini. Molti degli attuali quattromila abitanti sono in parte discendenti di coloni provenienti per lo più dal Veneto.
Lo sapevate? Prima Arborea si chiamava Mussolinia e fu popolata con dei coloni arrivati dal Veneto.
Il nome di Mussolinia di Sardegna usato dal 1930 al 1944 era in onore di Benito Mussolini. Molti degli attuali quattromila abitanti sono in parte discendenti di coloni provenienti per lo più dal Veneto.
Nel panorama storico e culturale della Sardegna, pochi luoghi raccontano una storia tanto affascinante e complessa quanto Arborea, un comune situato nella fertile piana del Campidano, sulla costa occidentale dell’isola. Questa cittadina, che oggi conta circa 4.000 abitanti, è un esempio unico di città di fondazione fascista, la cui storia riflette le ambizioni del regime e le trasformazioni sociali e politiche dell’Italia del XX secolo.
La nascita di Arborea risale al 29 ottobre 1928, quando fu inaugurata con il nome di Villaggio Mussolini alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Due anni dopo, nel 1930, fu elevata al rango di comune e ribattezzata Mussolinia di Sardegna, in onore del dittatore Benito Mussolini. Questo nome avrebbe dovuto essere replicato anche in Sicilia, sebbene il progetto non si sia mai concretizzato. La scelta di fondare una nuova città in questa zona non fu casuale, ma parte di un più ampio progetto di “bonifica integrale” promosso dal regime fascista, che mirava non solo a recuperare terreni paludosi, ma anche a creare nuovi insediamenti e a promuovere lo sviluppo agricolo.
La fondazione di Mussolinia fu parte di un ambizioso progetto di bonifica delle paludi oristanesi, un’idea che aveva radici ancor prima della Grande Guerra. L’impresa fu realizzata dalla Società Bonifiche Sarde, sotto la guida dell’ingegnere Giulio Dolcetta e con il sostegno finanziario della Banca Commerciale del gruppo Bastogi. Questo massiccio intervento non solo recuperò vaste aree di terreno coltivabile, ma portò anche alla creazione di una serie di villaggi rurali, con Mussolinia come centro di servizi. Il progetto di bonifica fu un’opera titanica che coinvolse migliaia di lavoratori e richiese l’impiego di tecnologie all’avanguardia per l’epoca, come le potenti idrovore utilizzate per prosciugare le paludi.
Un aspetto particolarmente interessante della storia di Arborea è legato alla sua popolazione. Gran parte dei coloni che vi si stabilirono proveniva dal Veneto, in particolare dalle province di Treviso, Rovigo, Vicenza, Padova e Venezia. Questi emigranti portarono con sé non solo le loro braccia per lavorare la terra bonificata, ma anche la loro cultura e le loro tradizioni. Ancora oggi, tra gli abitanti di Arborea, oltre all’italiano e al sardo campidanese, si può sentire parlare il dialetto veneto, testimonianza vivente di questa migrazione interna. Questo fenomeno migratorio fu parte di una più ampia politica di colonizzazione interna promossa dal regime fascista, che mirava a redistribuire la popolazione italiana e a sviluppare aree considerate sottopopolate o sottosviluppate.
L’impronta veneta è evidente anche nelle tradizioni locali. Tra le feste popolari più importanti di Arborea spicca la Festa della Polenta, celebrata a fine settembre in memoria delle tradizioni culinarie portate dai coloni del Nord Italia. Questa fusione di culture ha dato vita a una comunità unica nel panorama sardo, tanto che oggi Arborea è gemellata con i comuni di Zevio (Verona) e Villorba (Treviso), a sottolineare il forte legame che ancora la unisce alle terre d’origine dei suoi primi abitanti. Queste connessioni non sono solo simboliche, ma rappresentano veri e propri ponti culturali che mantengono viva la memoria delle origini della città e promuovono scambi e collaborazioni.
Dal punto di vista urbanistico, Arborea presenta la tipica struttura regolare delle città di fondazione fascista. I suoi viali rettilinei e paralleli sono ornati da alberi, mentre le case, in gran parte a due piani, mostrano uno stile che spazia dal liberty al neogotico, circondate da ampi spazi verdi. Questa pianificazione riflette l’ideologia fascista di ordine e modernità, pur incorporando elementi architettonici eclettici. Il centro della città è dominato da edifici pubblici imponenti, tipici dell’architettura fascista, che ancora oggi testimoniano il passato storico della città. Tra questi, spicca la chiesa parrocchiale con il suo campanile, sulla cui sommità campeggiava originariamente la scritta “RESURGO” (Risorgo), simbolo della rinascita di queste terre un tempo paludose.
Con la caduta del fascismo, il 17 febbraio 1944, un decreto cambiò il nome della città in Arborea, segnando simbolicamente l’inizio di una nuova era. Il nome Arborea, che richiama l’antico Giudicato d’Arborea, uno dei quattro regni indipendenti in cui era divisa la Sardegna medievale, rappresenta un collegamento con la storia più antica dell’isola e un distacco dal recente passato fascista. Questo cambio di nome non fu un semplice atto amministrativo, ma rifletteva un più ampio processo di “defascistizzazione” che interessò l’Italia nel dopoguerra.
Nonostante la sua giovane età come comune, Arborea è ricca di storia. La sua vicenda è emblematica delle trasformazioni che hanno interessato l’Italia nel corso del XX secolo: dall’ambizioso progetto di bonifica, simbolo della modernizzazione fascista, alla migrazione interna che ha portato alla creazione di una comunità culturalmente diversificata, fino alla transizione post-fascista e all’integrazione nella Repubblica Italiana. La storia di Arborea offre uno spaccato unico delle politiche di sviluppo territoriale, delle dinamiche migratorie interne e dei processi di costruzione identitaria che hanno caratterizzato l’Italia del Novecento.
Oggi, Arborea è nota non solo per la sua storia peculiare, ma anche per la sua fiorente economia agricola. La bonifica e l’irrigazione hanno trasformato quella che era una zona paludosa in una delle aree agricole più produttive della Sardegna, specializzata soprattutto nell’allevamento bovino e nella produzione lattiero-casearia. L’economia di Arborea si è evoluta nel tempo, passando da un modello basato principalmente sull’agricoltura di sussistenza a un sistema agro-industriale avanzato, con una forte presenza di cooperative che hanno saputo coniugare tradizione e innovazione.
La città è diventata un importante centro di produzione lattiero-casearia, con marchi conosciuti in tutta l’isola e oltre. Questo successo economico ha permesso ad Arborea di mantenere una popolazione stabile e di attirare nuovi residenti, contrastando la tendenza allo spopolamento che affligge molte aree rurali della Sardegna. Inoltre, la città ha sviluppato un’interessante offerta turistica, basata non solo sulle sue belle spiagge, ma anche sul turismo culturale e rurale, valorizzando la sua storia unica e il suo patrimonio architettonico.
In conclusione, la storia di Arborea è un affascinante esempio di come le vicende politiche, economiche e sociali possano plasmare un territorio e una comunità. Da simbolo delle ambizioni del regime fascista a modello di integrazione e rinascita economica, Arborea rappresenta un capitolo unico e significativo nella storia della Sardegna e dell’Italia intera. La sua evoluzione da Mussolinia ad Arborea non è solo un cambio di nome, ma racconta una storia di resilienza, adattamento e rinnovamento che continua ancora oggi. Arborea rimane un laboratorio vivente di integrazione culturale e sviluppo economico, un luogo dove il passato e il presente si intrecciano in modo unico, offrendo preziose lezioni sulla capacità delle comunità di trasformarsi e prosperare anche di fronte a grandi cambiamenti storici e sociali

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