In uno dei paesi più piccoli della Sardegna, c’è un museo dedicato alle streghe
Volete visitare un posto particolare in occasione delle feste dei Santi e dei Morti? Volete capire come e quanto incidessero la stregoneria, la magia bianca o i malefici nelle zone interne dell'Isola? Vi piacerebbe passare il giorno di Halloween conoscendo le storie legate alle streghe della Sardegna? Bidonì è il luogo che fa per voi.
Lo sapevate? A Bidonì, uno dei paesi più piccoli della Sardegna, c’è un museo dedicato alle streghe.
Volete visitare un posto particolare in occasione delle feste dei Santi e dei Morti? Volete capire come e quanto incidessero la stregoneria, la magia bianca o i malefici nelle zone interne dell’Isola? Vi piacerebbe passare il giorno di Halloween conoscendo le storie legate alle streghe della Sardegna? Bidonì è il luogo che fa per voi.
Appena 140 anime e una tradizione particolare, Bidonì, minuscolo comune del Barigadu (uno dei più piccoli della Sardegna per numero di abitanti e superficie), nell’alto Oristanese può vantare un’esposizione del tutto originale, almeno per quanto riguarda la nostra Isola.
Si tratta infatti di una ricca e variegata mostra museale permanente, dedicata alla stregoneria, alle streghe e a tutto quanto possano far riferimento la magia e gli incantesimi.
Piccolo ma ameno, Bidonì si affaccia sulle sponde del lago Omodeo, lungo i monti del Marghine, e vanta un paesaggio ideale per le escursioni, le gite in canoa, e gli amanti del bird watching.
I primi documenti che attestano l’esistenza del villaggio da cui è sorto l’attuale borgo risalgono al 1157. Qui il tempo sembra essersi fermato: strade acciottolate, monumenti medioevali e antiche case in trachite rossa.
Tra questi edifici ce n’è uno del tutto particolare: sa ‘Omo ‘e sa majarza (la casa della strega), un piccolo museo che racconta ed espone oggetti e manufatti legati al mondo della stregoneria e dell’Inquisizione in Sardegna. Oggi il paese, di tradizione agropastorale, fa parte dei borghi autentici d’Italia e della comunità ospitale Domos Rujas.
Il Museo S’Omo ‘e sa Majarza, nella sede del vecchio Municipio ristrutturato, è dedicato alla stregoneria, al diavolo e agli esseri fantastici delle leggende della Sardegna.
Si tratta di un percorso che porta alla luce la figura della strega e della magia in Sardegna, attraversando la medicina magica popolare, gli amuleti e le creature fantastiche e leggendarie della tradizione.
Una piccola esposizione su due piani ma molto ben articolata, fondamentale per capire un aspetto essenziale del popolo sardo.
Un tema affascinante, trattato con rigore scientifico e accuratezza, niente a che vedere con il fantasy e la morbosità 3.0; un’approfondita ricerca storica infatti ha consentito di incentrare la scelta grafica su xilografie di streghe e diavoli, datate tra XIV e XVI secolo, che coinvolgono emotivamente il visitatore e lo introducono nel mondo delle credenze popolari e delle più terribili maledizioni.
Il percorso museale, unico nel suo genere in Sardegna e uno dei pochi in Italia, parte dalle divinità dei morti dei Romani, spazia nei secoli per poi arrivare all’Inquisizione, durante la dominazione spagnola nell’Isola (che qui fece molte vittime) e al “Malleus Maleficarum”, il libro pubblicato nel 1486 che diventerà la guida in tutti gli interrogatori per stregoneria.
Il “Malleus” fornì le basi teologiche per le torture più crudeli che portarono alla morte di migliaia di innocenti, soprattutto donne, accusate di stregoneria e di malefici.
All’interno del museo il visitatore ha la possibilità di compiere una sorta di viaggio spazio-temporale che lo porterà a conoscere antiche storie di esoterismo, racconti di janas e cogas (esseri mitici della tradizione sarda), folletti, diavoli e streghe, presenze notturne che tanto facevano spaventare i bambini (e non solo) tra magia, suggestione, fascino e mistero.
Il museo conserva amuleti e portafortuna contro il malocchio, pozioni e sortilegi contro varie malattie e malefici come “sa mixina de s’ogu” e “sos fattuggios”: su koru, su kokku, ispuligadentes, occhi di Santa Lucia, e la cyprea.
In un angolo si scopre, poi, l’inquietante figura de “sa Filonzana”, una donna vestita di nero che tiene tra le mani un fuso e che simboleggia il sottile filo della vita che può spezzarsi in qualsiasi momento.
Interessante la ricostruzione dell’antro di una strega sarda del Cinquecento, tale Julia Carta di Siligo, tenuta prigioniera tra il 1596 e il 1606 e sottoposta a torture nelle carceri dell’Inquisizione di Sassari. È custodito anche “su carru de sos mortos” che, nelle antiche credenze popolari, avanzava, cigolando, per trasportare le anime dei defunti.
Poiché il carro poteva esser visto solo da chi doveva morire entro l’anno, incuteva terrore anche soltanto pronunciarne il nome.
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