Augusto Mola, ceramista cagliaritano e figlio d’arte: «Voglio portare l’Isola nel mondo con le sue tradizioni»

Il cagliaritano Augusto Mola l’arte ce l’ha nel sangue, c’è poco da fare: cresciuto nel laboratorio di ceramica del padre, ha dedicato a questo mondo tutto se stesso. Tra le sue opere, Le Sospese, figure di donne stilizzate che, posizionate su una base in pietra con un perno di metallo, raccontano una storia: «La pietra simboleggia la Sardegna, la tradizione, e sorregge la donna» dice Mola. Scopriamo di più
«Il mio chiodo fisso? Riuscire a varcare il mare dell’Isola per portare la sua tradizione e la sua unicità nel resto del mondo. Noi artisti abbiamo un dovere importante verso la nostra terra, che è grande grazie ai sardi che la abitano: siamo un biglietto da visita, dobbiamo esserne ambasciatori, abbiamo il compito di raccontarla e di promuoverla con il nostro lavoro e le nostre opere.»
Il cagliaritano Augusto Mola l’arte ce l’ha nel sangue, c’è poco da fare: ora, dopo un periodo di pausa – ci arriveremo –, è tornato alla carica con delle opere che odorano di passato che si unisce, inesorabile, al futuro. Tra le sue opere più significative e che mostrano il legame con questo lembo di terra che profuma di mirto e di orgoglio, Le Sospese, figure di donne stilizzate che, posizionate su una base in pietra con un perno di metallo, raccontano una storia: «La pietra simboleggia la Sardegna, la tradizione, e sorregge la donna» dice Mola. «Non c’è modernità senza uno sguardo al passato, a quel che si è stati.»
Ma partiamo dall’inizio. Augusto è figlio di Stelio e nipote dell’artista Alessandro Mola: viene quindi da generazioni di ceramisti. Negli anni Settanta e Ottanta il laboratorio dove si producevano le ceramiche Mola, del padre di Augusto, in Viale Elmas, era enorme, posto sotto la casa: 2000mq dove lui e suo fratello sono cresciuti. Del resto, in quegli anni non esisteva negozio che vendesse souvenir sardi che non avesse le classiche donnine sarde con le gonne frastagliate. Furono i primi a pensarle e realizzarle.
«Ho sempre vissuto lì, in laboratorio si giocava, si cresceva. Ho imparato ad andare in bicicletta proprio in laboratorio. Quindi, vivevo come quotidianità la produzione e lavorazione della ceramica. Mio padre, del resto, ci teneva moltissimo, così come mia madre, bravissima nei dettagli delle mani e dei visi delle opere. Io e mio fratello avevamo cinque, sei anni, e stavamo lì ad imparare… ma non era un obbligo, era curiosità, era interesse. Feci da bambino i miei primi lavoretti.»
Poi arrivano le scuole e, tra il primo anno all’Artistico – che si concluse male – e la scelta della Ragioneria, Mola, all’epoca adolescente, decide di prendersi un anno e fa un tuffo ancor più profondo in quel mondo. Ci si immerge completamente e crea una sua produzione, che va a ruba in brevissimo tempo: «Producevo su piatti bassorilievi che riproducevano gli scorci più belli della Sardegna.»
Ecco che, inevitabilmente, dopo il diploma Augusto apre la prima partita Iva per l’artigianato e mette tutto se stesso nella ceramica. «Ero cresciuto con il mito del nonno Alessandro che, in un periodo difficile quale quello della Seconda Guerra Mondiale, lavorò con grosse imprese del Nord Italia riuscendo a portare in giro l’Isola. Lui creava dei modelli sulla base degli abiti tradizionali sardi, molto richiesti in tutta Italia. Funzionava molto l’abito tradizionale di Desulo.»
Iniziano per il giovane anche le prime mostre. Per la prima, crea un cavallo con Su Componidori – figura importantissima della Sartiglia sarda –, portando poi l’opera a Pirri e poi Assemini.
«Negli anni Novanta però ci fu una crisi. Era in quel tempo molto viva l’importazione di oggetti di basso costo, adatti ai turisti che non volevano pagare molto per un souvenir. Questa crisi ci colpì molto e io e mio fratello cambiammo settore.»
I due aprono una creperia a Cagliari, poi Augusto si mette in proprio e ne apre altre due. Sembra quasi che l’arte non lo stuzzichi più ma chi nasce artista la sente comunque sempre scorrere nelle vene insieme al sangue. Nel frattempo, infatti, Augusto studia anatomia per rendere i movimenti più veritieri e realistici, disegna e continua ad appassionarsi al mondo in cui è nato, a cui è destinato.
«Il Covid-19 mi ha dato la spinta e, dopo aver chiuso i locali, nel 2021 ho aperto nuovamente la partita Iva giusta, quella che faceva per me. I due pezzi che amo di più? Quelli che hanno decretato il mio ritorno.»
Uno è “La desulese”, che raffigura il busto di una ragazza che veste l’abito tradizionale di Desulo. «A differenza di quelle che produceva mio nonno negli anni Trenta, che avevano la testa china e l’espressione malinconica, lei guarda verso l’alto e sorride. Era un modo per esprimere rinascita, ottimismo.»
L’altra è l’“Alma Mater”, una figura di donna incinta. È una mamma che, a fine giornata e dopo aver svolto i suoi lavori, dedica un momento al proprio grembo. Ha il viso stanco, il fazzoletto in testa e le maniche arrotolate, ma sembra quasi stia sospirando e pensando a quando avrà tra le braccia suo figlio.»
Mola continua con busti, sempre con abiti tradizionali sardi. Di questo periodo sono, anche, Le Sospese. Sono sempre più ricercati, i suoi lavori, precisi, realistici e questo presto viene notato.
Gli viene quindi assegnato il Premio Manos de Oro 2024, dedicato alle persone che si sono distinte per la cura del racconto della tradizione sarda, premio che ritira il 20 aprile a Ittiri. «Emozione fortissima,» racconta Mola «soprattutto perché dedico la mia vita a questo scopo.»
Intanto, Mola ha ripreso le mostre, alcune all’estero – tra cui Bruxelles. E da qui il sogno di portare l’Isola ovunque, con le sue peculiarità e le sue perle.
«Questo mestiere dà molte soddisfazioni, ma bisogna ragionarci: a chi vuoi sia rivolto il tuo lavoro? Che clientela vuoi attirare? Quali sono i tuoi sogni? E le tue prospettive? E bisogna necessariamente avere un po’ di imprenditorialità, ci si deve buttare ma con consapevolezza, facendo corsi di formazione d’ogni tipo. E un valore aggiunto è quello umano:» conclude «entrare in questo mondo con rispetto, onestà e umiltà porta a tante porte aperte.»

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