I Giganti di Mont’e Prama e la città di Tharros: un viaggio nel passato glorioso dell’Isola
Dalla scoperta, avvenuta per caso, della Necropoli di Mont’e Prama agli scavi nell’antica città di Tharros, culla di diverse civiltà: un viaggio nell’archeologia oristanese.
Quale viaggio per conoscere l’Isola del passato, quella gloriosa e affascinante, è migliore di quello che si può fare nell’oristanese, tra i Giganti di Mont’e Prama, eccezionale scoperta del secolo scorso, e Tharros, uno dei siti archeologici più importanti dell’Isola?
I Giganti di Mont’e Prama, l’eccezionale scoperta archeologica testimonianza di un glorioso passato
“Siamo arcieri, guerrieri, pugilatori, ma tutti ci chiamano i Giganti. Siamo le antiche statue di Mont’e Prama, siamo le immagini di uomini abili e coraggiosi. Alcune di noi ostentano le armi della guerra: la corazza finemente lavorata, lo scudo o la spada, oppure l’arco e la faretra piena di frecce. Altre mostrano, su un corpo vestito solo di un corto gonnellino a punta, le armi del pugilato rituale: il guantone provvisto di una punta e lo scudo leggero e flessibile. Intorno a noi, le pietre sacre e i modelli delle alte torri di pietra esprimono l’identità culturale della nostra gente, costruita attraverso i secoli su questa grande isola. Un tempo stavamo in piedi, allineate alla necropoli lungo la strada alle pendici della collina, nella Sardegna occidentale, nelle campagne di Cabras, nella regione del Sinis.” (dal sito di Mont’e Prama)
Questa descrizione fa comprendere appieno la straordinarietà di una scoperta unica al mondo: è il 1974 quando, per puro caso e durante l’opera di aratura di un campo, alcuni contadini notano qualcosa di strano. Da allora, diversi interventi di scavo e recupero – tra il 1975 e il 1979, nel 2014, tra il 2015 e il 2016 e, recentissimo, nel 2022, ultimo intervento – hanno portato alla luce la Necropoli di Mont’e Prama, alla base del colle omonimo, tra la spiaggia di quarzo bianco e rosa di Mari Ermi e lo stagno di Cabras, da cui dista circa 2 chilometri.
Attualmente, si prova ad ampliare l’area di scavo per sapere di più su quella che è una necropoli unica al mondo e per capire meglio l’organizzazione del luogo, il rapporto tra le sculture e la necropoli, o per definire se esistesse appunto un tempio o un santuario nonché edifici o spazi con altri scopi e funzioni.
Ma cosa si scoprì con gli interventi di scavo, studio e restauro?
La necropoli era di tipo complesso e mostra segni di formazione in più tempi.
Durante il primo scavo (’75-’79) vennero individuate una decina di sepolture a cisti litica quadrangolare e altre a pozzetto circolare – in alcune c’erano dei materiali ceramici nuragici – e poi ritrovate altre trenta tombe su un unico filare più altre tre a est delle precedenti, tutte a pozzetto sub-cilindrico e scavate nel terreno. Seduti e inginocchiati, i defunti erano sia donne che uomini adulti. Ma la cosa che fece più scalpore all’epoca e che fu un evento straordinario per l’archeologia dell’Isola è che sopra queste tombe c’erano 5178 frammenti di sculture maschili e di altri elementi scultorei.
Venne presto fuori, tramite appositi, lunghi e dettagliati studi, che le sculture erano appartenenti a statue maschili, modelli di nuraghe e betili.
Fino a ora, sono state identificate 28 statue: 16 pugilatori, 5 arcieri e 5 guerrieri.
Gli arcieri indossano una tunica corta e una protezione sul petto, hanno un elmo a due corna sulla testa da cui spuntano lunghe trecce e, con il braccio sinistro, reggono un arco. Anche i guerrieri hanno una tunica corta e sulla testa hanno un elmo cornuto, ma si proteggono con uno scudo. I pugilatori, a torso nudo, indossano un gonnellino e proteggono la testa con uno scudo leggero tenuto con la mano sinistra alla sommità del capo, mentre la destra è protetta da un guanto armato.
16 i modelli di nuraghe identificati, tra essi 3 riferibili a monumenti quadrilobati, 5 a polilobati e 8 sono torri singole. I betili, invece, sono di forma troncoconica con incavi quadrangolari.
Una teoria vuole che – ma non è una certezza – la Necropoli di Mont’e Prama fosse lo spazio funerario riservato a un gruppo familiare dominante della società nuragica della prima Età del Ferro.
Questa è stata la scoperta archeologica più importante del secolo scorso perché i colossi rinvenuti, studiati e parzialmente ricomposti rappresentano le uniche statue di pietra che il mondo nuragico ci ha ridato, ma anche le uniche statue a tutto tondo del Mediterraneo: mica poco, no?
Due sono le attuali dimore dei Giganti e delle altre sculture: il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e il Museo Civico Giovanni Marongiu di Cabras: in entrambi questi posti si potranno ammirare le testimonianze di una cultura gloriosa.
L’antica città di Tharros: viaggio tra cultura fenicia, cartaginese e romana fino alla decadenza
I materiali rinvenuti negli scavi vengono custoditi ed esposti nei musei di Cagliari, Cabras, Londra e Torino ed è uno dei siti archeologici più importanti dell’Isola intera: stiamo parlando di Tharros, antica città che sorge nella parte meridionale della penisola del Sinis.
Venne fondata dai Fenici – in un’area già frequentata in epoca nuragica – alla fine dell’ottavo secolo avanti Cristo, durante il periodo di colonizzazione del Mediterraneo, ma venne poi abitata in età punica, romana, imperiale.
Dell’abitato originario si sa ben poco, ma le due necropoli sono molto più ricche di dettagli e scoperte. A settentrione della città c’era il Tofet, il caratteristico santuario dedicato alla sepoltura dei bambini nati morti o degli infanti deceduti prima dell’ingresso “in società”.
La Sardegna diventa poi provincia dell’impero punico nella seconda metà del settimo secolo avanti Cristo. È di questo periodo la costruzione di molti edifici – che si conservano sotto quelli d’età successiva, sebbene in alcuni casi in parte. Sempre dell’età punica è l’imponente cinta fortificata a protezione della città su fronte mare e terra, il quartiere artigianale per la lavorazione del ferro e alcuni luoghi di culto tra cui il tempio delle semicolonne doriche.
Molti degli oggetti che tutt’oggi sono conservati nei vari musei – si parla anche dei famosi gioielli e amuleti – sono stati rinvenuti nelle tombe a camera, caratteristiche dell’età punica.
La conquista romana – nel 238 avanti Cristo – cambia poi molto la città. Si sistemano le fortificazioni, le strade vengono risistemate secondo un sistema ortogonale e in epoca imperiale viene realizzata la pavimentazione in basalto e un sistema fognario. Molti gli edifici pubblici monumentali realizzati, tra cui tre impianti termali. Tramite l’acquedotto, si rifornisce la città d’acqua e da un grande deposito (il “castellum acquae”) convogliato a fontane e terme. Le necropoli romane sono maggiori rispetto a quelle puniche, con diverse tipologie di tombe.
In età bizantina, ahimè, la città decade, e per tutto il Medioevo e fino all’Ottocento – che iniziano i lavori di scavo – viene usata come cava di materiale edilizio.
Contenuto realizzato in collaborazione con la Regione Sardegna, Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio
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