Cagliari ha reso omaggio a un’atleta straordinaria e al suo eccezionale contributo allo sport. Viktorya Pistis Shablova, membro della Sezione della Lega Navale Italiana di Cagliari, è stata onorata con il riconoscimento per la sua straordinaria vittoria come campionessa mondiale di paracanoa nella specialità 200 metri VL1, avvenuta a maggio a Duisburg, in Germania.

La cerimonia di premiazione si è svolta nel pomeriggio di oggi, giovedì 7 settembre 2023, a Palazzo Bacaredda ed è stata officiata dal presidente del Consiglio di Cagliari, Edoardo Tocco, e dall’assessore Alessandro Guarracino. Shablova, una vera ispirazione per atleti di tutte le età, ha ricevuto una pergamena ricordo, simbolo del profondo apprezzamento della città.

“Viktorya – ha rimarcato il presidente Tocco – è un esempio straordinario di determinazione, perseveranza e talento. La sua conquista del titolo mondiale di paracanoa è una testimonianza del suo impegno e della sua passione per lo sport. Rappresenta ciò che di meglio il nostro territorio ha da offrire al mondo”.

La storia di Viktorya Pistis Shablova è un’ispirazione per tutti coloro che affrontano sfide nella vita e nello sport. La sua vittoria non è solo un trionfo personale, ma anche “un orgoglio per la città capoluogo di Sardegna e per l’intera comunità sportiva italiana”, ha detto Guarracino.

“Shablova ha dimostrato che nulla è impossibile quando si ha il cuore e la determinazione giusta. La sua conquista del titolo mondiale resteranno un capitolo indelebile nella storia dello sport della città”, hanno concluso orgogliosi il presidente Tocco e l’assessore Guarracino, anche loro membri della Sezione della Lega Navale Italiana di Cagliari.

In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.

Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.

L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.

Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.

Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.