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Sardegna, le parole dell'archeologo Bernardini | Cagliari - Vistanet
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Sardegna, la terra che “nessun Omero ha mai cantato”: le parole, quasi poesia, dell’archeologo Bernardini

Sardegna, la terra che “nessun Omero ha mai cantato”: le parole, quasi poesia, dell’archeologo Bernardini

paolo bernardini

Le bellissime parole che l'archeologo Paolo Bernardini dedicò alla sua terra, la Sardegna. Leggete il brano completo e ve ne innamorerete.

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23 Aprile 2023 17:25 La Redazione

“Tra le terre che volgono verso il tramonto vi è un’isola conosciuta con molti nomi, ripetutamente visitata da dei e da eroi […] Essa è costellata da torri imponenti e abitata da guerrieri famosi che nessun Omero ha mai cantato”, Paolo Bernardini.

Foto da un post dell’archeologo Giovannino Meloni

Queste le soavi parole che l’archeologo cagliaritano ha dedicato alla sua terra che conosceva, nel suo passato, meglio di chiunque altro. Sono state ricordate qualche giorno fa durante un convegno ad Ollastra. L’archeologo cagliaritano Paolo Bernardini ha dedicato la sua vita a studiare le culture fenicia e punica, e le interrelazioni fra queste e le altre culture del Mediterraneo.

Dapprima archeologo della Soprintendenza Archeologica per le province di Cagliari e Oristano, era docente dell’Università degli Studi di Sassari. Studioso del mondo fenicio e punico, i suoi lavori specialistici, molto apprezzati in campo internazionale, hanno interessato anche le civiltà nuragica e romana. Autore altresì di opere divulgative, di progettazione ed allestimento di mostre e musei, era in grado di rivolgersi con successo al più ampio pubblico.

​Molti sono i suoi significativi contributi sull’espansione fenicia nel Mediterraneo Occidentale e sui rapporti tra i mondi indigeni e i popoli dell’Oriente; a partire dalla Sardegna il suo sguardo spaziava sull’intero mondo antico, senza confini geografici o cronologici. ​Persona di poliedrici interessi e curiosità naturali ben aldilà dell’archeologia, era sempre felice di confrontare con gli amici le sue idee sui più svariati argomenti. La sua opera di studioso è stata fondamentale per la ricostruzione storica e per la conoscenza del patrimonio storico e archeologico del territorio sulcitano e della stessa Sant’Antioco. Molti dei reperti esposti nelle sale museali del territorio del Sulcis, provengono dalle sue attività di indagine nel territorio, svolte nei trent’anni di lavoro presso la Soprintendenza archeologica per le Province di Cagliari e Oristano.

 

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Ucciso dalla gogna digitale: la tragedia di Valerio Saba, condannato senza processo



Accusato sui social di pedofilia, Valerio Saba non ha retto il peso delle atroci accuse online. La sua storia.

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26 Dicembre 2025 10:33 La Redazione

Valerio Saba aveva 28 anni. Era un ragazzo timido, di quelli che si coprono la bocca quando sorridono, come se anche la gioia dovesse chiedere permesso. Viveva a Guspini, nel sud della Sardegna, e si svegliava all’alba per lavorare nei mercati. Una vita semplice, silenziosa, spezzata da una delle accuse più infamanti che possano colpire un essere umano.

La sua storia, raccontata da Roberto Saviano, inizia nei primi giorni di gennaio 2023. Un giorno qualunque, finché il telefono di Valerio comincia a vibrare senza sosta: notifiche, messaggi, insulti. Accuse. Valerio non capisce cosa stia succedendo. In poche ore diventa il bersaglio di un “call-out”, una denuncia pubblica senza prove e senza processo. La chiamano giustizia rapida. In realtà è squadrismo digitale.

Tutto nasce da un post sui social. Un uomo scrive che qualcuno avrebbe tentato di adescare suo figlio, un bambino di sette anni. Racconta di essere andato dai carabinieri, senza trovare nessuno in caserma. Decide allora di affidarsi ai social. Da lì parte la caccia.

Viene descritta un’auto. Poi viene indicata. Poi fotografata. Infine viene pubblicata la targa. Un altro padre interviene: «Si è denudato davanti a mio figlio». Poco dopo un altro ancora: «Anche davanti a mia figlia, una bambina di 11 anni». Le accuse si moltiplicano, si rafforzano a vicenda, diventano “verità” solo perché ripetute.

Le voci arrivano fino alla sorella di Valerio. Poi a sua madre, che lo chiama e gli chiede: «Bambino, ricordami il numero della targa». In quell’istante Valerio capisce che il veleno è entrato in casa. È tutto falso. In quei giorni lui non era nemmeno in paese. Il GPS dell’auto lo dimostra. Ma la verità non corre veloce quanto l’odio.

Valerio non ha strumenti per difendersi. Contro l’accusa più atroce — fare del male ai bambini — non esiste una difesa pubblica efficace. Il marchio resta, anche quando è falso. E vivere così diventa insopportabile. Valerio è innocente. E si impicca.

Prima scrive a sua madre: «Ciao mamma, scusami per tutto e per le poche parole, ma ti voglio un mondo di bene, sei la migliore». Poi invia un ultimo messaggio: il PIN del bancomat. Per lasciarle i pochi soldi che aveva risparmiato. La Procura apre un’indagine su alcuni protagonisti della gogna mediatica. Ma Valerio non tornerà. La gogna non è giustizia. È violenza che si traveste da moralità. Non cerca la verità. Cerca vittime.

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