Se uno squalo bianco prendesse casa al Poetto cosa faremmo? Per non giudicare né l’orso né l’uomo
Perché come cantava Samuele Bersani "Il mostro ha paura", ed è "l'unica cosa evidente", è l'"unica cosa sicura". E anche noi, davanti a un animale capace di uccidere, proprio tranquilli non siamo.
“Io sto con l’orsa”, “Io sto con la madre del ragazzo ucciso”, “Io sono per l’abbattimento”, “è colpa dell’uomo”, “l’orso non ha colpa”: quante frasi e sentenze così nette abbiamo sentito in questi giorni riguardo il caso di Andrea Papi, il runner rimasto ucciso nei boschi vicino a Caldes, in Trentino, dopo un attacco di un esemplare di orso bruno, la femmina JJ4.
Come troppo spesso accade negli ultimi anni, l’opinione pubblica si polarizza in modo aspro e netto, dando vita a prese di posizione scevre dalla bellezza e dalla pienezza della complessità. Bisogna stare da una parte o dall’altra, bisogna decidere chi ha ragione e chi ha torto. Ma davvero tra una mamma orsa spaventata e un ragazzo che va a correre in montagna a pochi km da casa c’è qualcuno che può avere torto?
Non c’è bisogno di fare ragionamenti complessi per capire che quanto successo è una tragedia. Lo è per la famiglia Papi e per una comunità spaventata dalla presenza di un “ospite” scomodo e ingombrante, lo è per la comunità degli orsi, messa frettolosamente sulla gogna anche da chi dovrebbe guidare la popolazione verso scelte razionali e invece la esorta a nutrire la pancia degli istinti più primordiali. Già perché come cantava Samuele Bersani “Il mostro ha paura”, ed è “l’unica cosa evidente”, è l'”unica cosa sicura” (a questo punto vale la pena anche riascoltarla).
In Trentino non c’è abbastanza spazio per un centinaio di orsi bruni. Eppure a portarli dai monti della Slovenia – dove questi esemplari vivevano benissimo – è stato proprio l’uomo. Il ripopolamento è sfuggito di mano. Si è capito per l’ennesima volta che quando l’uomo “gioca” con la natura, qualcuno si fa male. O si fa male la natura o si fa male l’uomo, o si fanno male tutti. E così, dalla mania di controllo di tutto ciò che ha intorno l’uomo ha conosciuto di nuovo il rapporto con il mondo selvatico, che a volte può essere brusco, violento e pericoloso. Per millenni il sapiens ha scacciato, esorcizzato e dato una forma alla paura verso tutto questo. L’orso, il lupo, la tigre, il leone, lo squalo: ogni luogo aveva i suoi “demoni” selvaggi. Poi questi demoni sono stati domati o annientati. E l’uomo si è dimenticato questa paura, l’ha rimossa.
Fino a pochi giorni fa, almeno per quanto riguarda gli abitanti del Trentino e – per osmosi – di tutta Italia. Qui – sia chiaro – inizia la parte dell”avvocato del diavolo”, dove per diavolo si intende quella creatura bipede ed estremamente creativa e intelligente che risponde al nome di essere umano. Già perché un conto è andare a cercarsela la morte, ben altro è trovarla dietro una curva mentre si indossano le scarpe da corsa e un giubbino fluorescente. Sei sovrappensiero, stai scaricando la tensione di una settimana, il cuore batte forte, le gambe vanno spedite un passo dopo l’altro quando improvvisamente la zampa e il ruglio rabbioso di un orso ti gelano il sangue e ti trasportano in una situazione di puro terrore. Tu, solo, in balia della natura selvaggia. Questo ha vissuto Andrea Papi. E checché ne dica qualche animalista da salotto o qualche appassionato di tutorial Youtube su come comportarsi davanti a un orso, pare che il giovane abbia avuto a malapena il tempo di accorgersi di quanto stesse accadendo.
Ecco, a proposito di questo, visto che in Sardegna l’incontro con un orso e con qualsiasi altra feroce bestia terrestre in grado di uccidere un uomo adulto, è scientificamente impossibile, vi mettiamo di fronte a una paura potenzialmente più concreta e vicina ai nostri incubi. Immaginate che un bel giorno, un esemplare di squalo bianco aggredisca un ragazzo che sta remando a bordo del suo sup davanti alla prima fermata del Poetto.
Bene, quello squalo ha deciso che le splendide acque cagliaritane siano il luogo ideale in cui prendere casa. Dopo aver aggredito e assassinato il giovane surfista. Cosa faremmo? Avremmo le idee così chiare sulla scelta fra la nostra tranquillità e la salvaguardia della vita e della serenità dello squalo? Chi la spunterebbe tra gli animalisti e i sostenitori dell’abbattimento/spostamento del pericolosissimo pesce? Vi lasciamo con questa riflessione e con un invito: non abbandoniamoci a giudizi e a facili prese di posizione. Spesso nelle notizie che scavano dentro le nostre paure più spaventose si nasconde una verità molto più complessa e sfaccettata di quella che riteniamo più ovvia e immediata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA