Anni ’60, ’80 o 2023: la Pasqua a Cagliari è sempre la stessa. E i cagliaritani?
Un breve viaggio nella cronaca dei tempi che furono, quando la Pasqua era sentita come oggi e forse anche la cronaca dei giornali raccontava una città non molto diversa da quella attuale.
Che Pasqua per i cagliaritani sia la festa più importante dell’anno lo dimostra il dialetto: Natale è “Paschixedda” mentre Pasqua è “Pasca Manna”, in tutti i quartieri della città si svolgono oggi come allora i riti religiosi tradizionali. Non c’è Pasqua senza “S’incontru”, e anche se passano gli anni e i decenni la tradizione resiste. I riti pasquali con i simulacri portati in processione, i canti, le preghiere si perpetuano con rinnovata partecipazione. Nelle cronache dei quotidiani locali i riti vengono raccontati con parole e immagini sempre molto simili tra loro, magari cambiano i mezzi con i quali si raccontano e dalla carta si passa al web, ma i contenuti sono gli stessi: non sarà Pasqua a Cagliari senza il triplo inchino.
Ma se i giornali raccontano da sempre la stessa Pasqua nel corso degli anni, che realtà raccontano invece i fatti di cronaca rispetto alla cronaca odierna? A Pasqua del’68 la cronaca ci racconta dell’emergenza abitativa, chissà perché non suona nuova. Nel periodo di Pasqua del 1968 infatti si svolgeva un processo contro 300 persone che avevano occupato abusivamente gli appartamenti appena costruiti al Cep per lo IACP, sottraendoli ai legittimi assegnatari. Dopo 50 anni a Cagliari il problema delle occupazioni abusive è più che mai attuale, segno che l’emergenza abitativa rimane un problema irrisolto.
Se facciamo un salto di 35 anni e andiamo a vedere cosa ci racconta la cronaca della Pasqua 1988, troviamo forse problematiche ormai superate? Purtroppo no, sembra di leggere una pagina di oggi: “Cagliaritani prigionieri in casa propria”. Anche 35 anni fa a Pasqua non si riusciva a viaggiare. La cronaca racconta di aerei e navi piene, di residenti costretti a trascorrere l’intera traversata in nave su una poltrona, inclusi i bambini, e di albergatori che lamentano la scarsità di turisti. Pur di poter raggiungere le proprie famiglie i sardi emigrati si rassegnano a viaggiare proprio il giorno di Pasqua. Vista l’attualissima vertenza sulla continuità territoriale, verrebbe da chiedersi se davvero sono passati 35 anni da Pasqua del 1988, nonostante il progresso della tecnologia in tutti i campi, all’isolamento della Sardegna non sembra esserci rimedio.
Una nota positiva sono i trasporti pubblici cittadini: pensate che nel ’68 viaggiava un unico mezzo il giorno di Pasqua, per una linea che veniva chiamata “Circolare” che partiva da piazza San Michele, e toccava Sant’Avendrace, il Corso, via Roma, fino a via Bacaredda per poi attraversare Pirri, Monserrato, Selargius, Quartucciu e Quartu e infine, tornare in piazza San Michele. Oggi per fortuna ci si sposta agevolmente con i mezzi pubblici anche nei giorni di festa. Riassumendo, quindi, a Pasqua del 2023 non mancherà “S’incontru”, il miracolo della resurrezione si ripeterà come ogni anno, per il miracolo degli alloggi popolari e della continuità invece si dovrà aspettare ancora.
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