Sono le quindici in punto: nei tavoli di Koko the Sushi Revolution, tra eleganti pilastri dipinti con fiori di ciliegio e loto, qualche commensale sta ancora terminando il pasto, qualcun altro si dirige verso la cassa per il pagamento. 

“Questa volta ti sei proprio superato, ordino anche la cena a domicilio per stasera!”, sentiamo dire dall’ultimo cliente che si accinge a lasciare il locale dopo pranzo. Dietro il banco, Fausto – titolare e volto del ristorante – ringrazia, sorride e saluta calorosamente il suo ospite prima di avvicinarsi al nostro tavolo.    

Era dicembre e correva l’anno 2015 quando Fausto e sua moglie riescono a coronare il loro sogno e aprire il primo ristorante giapponese: nasce così Koko the Sushi Revolution, uno dei primi ristoranti di sushi alla carta a Quartu. 

Siamo troppo spesso abituati ad associare il sushi alla formula “all you can eat”, caratterizzata da velocità sia nella preparazione dei piatti sia nel modo di consumarli, ma è giusto ricordare che questa tipologia di ristoranti in Giappone è pressoché inesistente. Il sushi racchiude un mondo complesso ed elegante, dove alla base di tutto abbiamo la particolare lavorazione del pesce, la ricerca di materie prima di qualità, la precisione dei dettagli e l’equilibrio dei sapori. E sono proprio queste le caratteristiche che riescono a trasformare la preparazione e la degustazione del sushi in una vera esperienza: tutto questo l’abbiamo ritrovato nei piatti del menù alla carta di Koko the Sushi Revolution.

Le proposte sono davvero tante e si passa dalle preparazioni più classiche, come quella dei sashimi di tonno, salmone e branzino, a quelle più particolari con uramaki rivisitati, come quello con tempura di gambero e crema al tartufo, fino ad arrivare alle pietanze che uniscono le influenze asiatiche a quelle mediterranee. In base alla disponibilità del mercato è possibile assaggiare i loro gunkan – bignè giapponesi formati da sashimi e riso – con i ricci. 

Nella cucina di Koko Sushi anche l’artigianalità gioca un ruolo fondamentale, infatti tutti i ravioli, alla griglia e al vapore, sono fatti a mano. Oltre ai classici “gyoza”, troviamo anche un primo piatto particolarmente salutare, perfetto per gli intolleranti al glutine e al lattosio: gli spaghetti al grano saraceno – in giapponese Yaki soba o yakisoba –  saltati in padella con verdure o carne. Il bello dei piatti preparati al momento di Koko Sushi è che ognuno di questi può essere modificato sulla base delle proprie preferenze. Questo dà vita a una cucina universale, dove chiunque può trovare nel piatto i sapori che più rispecchiano i suoi gusti.

Per accompagnare la degustazione di sushi da Koko Sushi è possibile scegliere tra tante etichette di vini sardi oppure lasciarsi trasportare in un’esperienza ancora più orientale sorseggiando un gin tonic giapponese o uno spritz al frutto della passione. Ma il mondo di Koko non si ferma alla semplice cucina giapponese infatti, pochi anni fa, Fausto ha inaugurato il suo secondo locale nel cuore di Cagliari: in Piazza Yenne nasce Koko House, un poke bar in cui svela la seconda faccia della cucina giapponese, quella che nel corso degli anni è stata arricchita da più culture e dove la preparazione principale è proprio la ormai famosa poke: un piatto di origine hawaiana reso unico dalla sua versatilità. 

Da Koko House possiamo comporre la nostra poke scegliendo tra tantissimi ingredienti, alcuni più orientali e altri più mediterranei, ma anche in questo caso ciò che fa la differenza è l’attenzione ai dettagli. Lo capiamo dalle scaglie di mandorle precedentemente tostate, dal croccante di patate ottenuto da un preciso lavoro di sfilacciatura e frittura e dalle salse homemade.

Qui, anche il concetto di associare il sushi solo al momento del pranzo o della cena si trasforma: il menù offre una ricca selezione di proposte perfette per l’aperitivo, tra cui gli uramaki, i tacos e il  sushi sandwich, il lato barman invece propone drink e alcolici speciali come la vodka al caramello della canaria e gli speciali gin Koko Signature. Ad accompagnare la serata, il team di Koko House, tra chiacchiere con clienti e musica fino a tarda notte. 

Un passo cruciale nel suo percorso di transizione è stato compiuto. Edoardo Zedda, il diciannovenne creator transgender originario di Capoterra (Cagliari), si è sottoposto con successo a un intervento di mastectomia in Turchia. L’operazione, che rappresenta la fase chirurgica per l’affermazione di genere, è andata a buon fine, regalando al giovane la sensazione di aver finalmente realizzato un sogno atteso da tempo.

Attraverso i suoi seguitissimi canali social, Edoardo ha condiviso un video post-operatorio pieno di emozione, ringraziando apertamente la clinica che, a suo dire, gli ha letteralmente “cambiato la vita”. Questo intervento si aggiunge al recente riconoscimento ufficiale da parte dello Stato Italiano, che lo aveva già dotato della sua nuova Carta d’Identità.

La storia di Edoardo è quella di una consapevolezza raggiunta dopo un lungo e doloroso percorso. Lo studente universitario, attivista e popolare tiktoker, racconta come il disagio corporeo fosse inizialmente confuso con problemi di peso, che lo avevano portato a toccare i 104 chili e, successivamente, a un rifiuto del cibo.

Il vero punto focale del suo malessere, tuttavia, era il rifiuto delle sue caratteristiche corporee femminili. A 12 anni, la scoperta della disforia di genere tramite una semplice ricerca sul web gli ha dato un nome al suo sentire.

La battaglia è stata combattuta anche in famiglia, dove ci è voluto un anno e mezzo perché i genitori accettassero il figlio. Solo l’intervento di uno psichiatra, che evidenziava l’urgenza di iniziare la transizione per evitare il rischio di perdere il figlio, ha convinto i familiari a firmare la relazione psichiatrica obbligatoria, dando il via alla terapia farmacologica a 15 anni.

Nonostante la gioia per i progressi fisici (come la ridistribuzione del grasso corporeo, la crescita della barba e il cambiamento della voce indotti dagli ormoni maschili), Edoardo ha dovuto affrontare una “valanga” di haters sul web, che sono arrivati ad augurare il cancro persino al suo fratellino. Nonostante l’odio ricevuto, il giovane non si è mai pentito di essersi esposto, anzi, incoraggia i suoi coetanei a “mettere da parte gli aspetti sociali e i pregiudizi e di pensare solo a ciò che ci fa stare bene”.

La sua visibilità non si limita ai social: Edoardo è salito sul palco del Teatro Repower di Assago tra gli interpreti principali dello spettacolo benefico «Cliché» di Italy Bares, interpretando la coscienza di una delle figlie che si sente in un corpo sbagliato – un ruolo specchio della sua vita.

In attesa della sentenza definitiva del Tribunale che dovrebbe ratificare il cambio anagrafico sul nome, Edoardo continua a studiare Giurisprudenza a Cagliari, con l’obiettivo di trasferirsi alla Statale di Milano, pur conservando un sogno nel cassetto: diventare un performer. Ma la sua vocazione di attivista e informatore resta forte, con la promessa che, se fosse un giorno Giudice, firmerebbe i documenti a tutti i transgender senza inutili burocrazie.