Arte, intervista a Manu Invisible: “Le tre cose di cui spero di non ammalarmi mai”
Sicuramente è uno degli artisti sardi più noti ma nessuno conosce il suo volto: quando dipinge è sempre mascherato. In questa intervista, però, ci svelerà alcuni capitoli della sua storia. Pronti per questo viaggio artistico?
Se vi è capitato di addentrarvi tra le strade di Cagliari (…ma non solo!) e avete prestato attenzione, non soltanto al paesaggio, ma anche ai dettagli, avrete sicuramente notato il marchio inconfondibile di Manu Invisibile.
Tratti distintivi? Il “supereroe mascherato” della street art sceglie di farsi conoscere unicamente per il suo stile e le sue creazioni: se vi capiterà di addentrarvi nelle stesse strade sopracitate, infatti, e di incrociarlo mentre passeggia nel suo tempo libero, sarà impossibile riconoscerlo.
Nessuno conosce il suo volto: quando dipinge è sempre mascherato… in questa intervista, però, ci svelerà un po’ della sua storia. Pronti per questo viaggio artistico?
In tantissimi, ormai, conoscono i tuoi lavori e il tuo stile odierno, che ha “oltrepassato” i confini sardi e ha raggiunto una fama internazionale. Non tutti, però, sanno come è nata la tua carriera da artista. Quando hai scelto di intraprendere questo percorso e perché? Quali obiettivi ti ponevi?
Ho sempre avuto una forte passione per ciò che faccio, in realtà è stata sempre lei a farmi da guida, perché mi ha suggerito ogni volta un qualcosa di genuino, nonostante poi le varie peripezie e i casi giudiziari a causa dell’art. 639 del codice penale, che tentavano di schiacciarmi come individuo e come artista. In quanto agli obiettivi, ho seguito e continuo sempre a seguire due semplici regole: mai focalizzarsi su un unico obiettivo e mai puntare troppo in alto sin da subito.
Parliamo della tua maschera: il motivo della scelta dell’anonimato potrebbe sembrare scontato, ma vuoi regalarci qualche dettaglio in più su questa decisione? Lo stile della maschera scelta rimanda a qualche figura o significato in particolare?
L’anonimato è da sempre un codice identitario che incarna la corrente della Street Art. In tutto il mondo la maggior parte degli artisti che fanno parte di questa corrente, si espongono in pubblico, attraverso un “nome d’arte”, anche questo semplice aspetto è una forma di “anonimato”. Assieme a quest’ultimo aspetto, anche la manifestazione della propria immagine, presenta una forte tendenza da parte di una grossissima fetta degli street artists in tutto il mondo, che viene concretizzata in diverse scelte: c’è chi non si manifesta, chi nelle foto e nei video è di spalle, chi appare incappucciato e chi mascherato come me. La maschera l’ho ideata, costruita e la indosso io, questa scelta è nata in forma radicale durante il lavoro, dalla vittoria in corte di Cassazione a Roma, a seguito del accanimento accusatorio che mi ha visto coinvolto in prima persona e risulta essere un’esigenza che non accenna a svanire.
Quali sono i tratti artistici che, secondo te, ti differenziano dal resto della Street Art?
Credo che le differenze e i paragoni spettino al pubblico, io amo ciò che faccio e mi impegno a mantenere viva la fiamma, mi focalizzo più sulla ricerca che su quello che fanno altri colleghi, anche se ovviamente ho stima di alcuni tra i preferiti.
Quando ti viene proposto un progetto, secondo quali valori e motivazioni scegli di accettare la collaborazione?
Tutta l’arte commissionata che produco, si basa su una tematica, un contesto (sia visivo sia lavorativo/esperienziale/abitativo) e un contesto storico da rispettare. I valori sono i miei, quelli dietro la maschera, quelli da civile, le motivazioni pure; la maggior parte di incarichi che ricevo, provengono dall’ambito scolastico e accademico: i due “Templi dell’apprendimento” e devo ammettere che la fusione tra arte pittorica e laboratori, crea un ottimo catalizzatore esperienziale, funziona molto bene, fuori e dentro l’aula.
Infine, cosa ti auguri per il tuo futuro da artista?
Mi auguro di non ammalarmi mai di queste tre malattie: voler tutto e subito (non esiste cura), fare le cose controvoglia (non esiste cura), invidia [non solo non esiste cura, ma causa anche la morte istantanea (dell’anima) ].
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