One of the most appreciated locations on the Southern Coast of Sardinia, it’s Villasimius. The small town has a special place in the heart of the many tourists that every summer chose it as their holiday destination. The town center, with its cafés and restaurants, it’s the evening meeting place. After traditional food, pizzas and oriental cuisine, we wanted to try something different and original, in the fusion cuisine restaurant La Mora Bianca, next to the town center.

Before making our reservation for a table, we scrutinized the restaurant’s website, and we got curious about the tale of a young man abducted by a Nymph, who guides him through the discovery of the five senses. Ready to dive into this sensory experience, we get to the place, we walk down the corridor and we get catapulted into a hidden garden made from an internal “lolla”.

Plants and flowers add color to the garden, dominated by a centuries-old mulberry. Beneath its branches, customers enjoy their dinner at the tables. We take a seat “under the mulberry” as well, and we let ourselves be lulled by the relaxed, typical summer atmosphere. The options on the menu play a game of contrasts combining diverse flavors and textures: sea and land, sweet and salty, soft and crispy. Our trip into flavors begins with a monkfish roll, stuffed with red shrimp, a terrine of black olives on celeriac and pecorino cream.

Monkfish roll filled with red shrimp, black olive ground on celeriac and pecorino cream

Every week La Mora Bianca offers a special dish in its menu. We’ve tried a tuna tartare, with summery combinations: watermelon, lime and cardamom dressing.

Tuna tartare with watermelon, lime dressing and cardamom

The first courses speaks loudly about one of the chef goals: to enhance Sardinian products. We have fresh pasta from the tradition, seasoned or stuffed in different ways, as the culurgiones stuffed with prawns, hazelnuts and ricotta, topped with a delicate bisque and lemon zest.

Culurgiones filled with prawns, hazelnuts and ricotta with delicate bisque and lemon peel

On the contrary, in the dish “Cortecce” we still have the classical seasoning of the Campidanese pasta – tomato sauce, sausage and saffron – but what differs is the type of pasta, not the classical malloreddus, but – in fact – the handmade cortecce pasta.

“Cortecce” with fresh sausage, saffron and ovinfort

Are you familiar with the classical Sardinian roasted trattalia and the suckling pig on a spit? At La Mora Bianca we tried two completely different versions of them, which left us pleasantly surprised: a trattalia stuffed with tomato sauce and peas cream, accompanied by pecorino cheese flakes, and a pork belly in myrtle demi glace, crispy on the outside and tender on the inside, with buttered fondant potatoes.

“Trattali” (meat) with pecorino cheese flakes on tomato sauce

Another landfare second course we recommend is the smoked fassona. The tender texture of the meat and its smoky aftertaste are completed with the creaminess and delicate flavor of the leek sauce that accompanies the dish.

Clam of fassona smoked cold with variations of leek and its sauce

Even the combinations in seafood dishes are based on contrasts and textures. The octopus tentacles are our favorite. Near us someone is eating the same octopus but its serving is totally different and we understand that from La Mora Bianca every dish is unique, personalized for each table.

Tentacoli di polpo aromatizzati alla liquirizia su crema di ceci e contorno di carote saltate

As a dessert, our choice fell on the special version of the artisanal cocoa seadas stuffed with aranzada and ricotta.

Seadas artigianale al cacao ripiena di aranzada e ricotta

Adriano, Giulia, and Alessandro have invested in the creation of this fusion restaurant with passion, creativity, and constant and careful research of the product. A project born almost for fun a year ago and thanks to which today at dinner we were involved in an experience not only gastronomic but also visual with the beauty of the place, olfactory with the smells released by the aromatic herbs grown and collected in the garden, auditory and tactile. In short, a sensory experience in all respects.

Lo sapevate? Perché in Sardegna si dice “Petza cota, petza crua”?

Un enigma che sembra uscito da una di quelle antiche leggende sarde, eppure non c’è un’origine storica, né un significato profondo. In pratica, è uno di quei detti che proprio non puoi non usare, soprattutto quando ti ritrovi a chiudere una serata tra amici o un incontro di lavoro.

Un capolavoro di suono, ritmo, e, oserei dire, pura poesia popolare, che scivola via dalla bocca come una melodia perfetta. Ma cosa significa davvero? Boh, chi lo sa! E la bellezza sta proprio qui, nel fatto che non ha un significato preciso. È come una di quelle canzoni che ti entrano in testa e non se ne vanno più, anche se non hai idea di cosa stai cantando.

In Sardegna, i detti – o come li chiamano i locali, i “diccius” – sono piccoli frammenti di vita, risate e saggezza popolare. Non sono solo frasi fatte, sono veri e propri racconti che ti danno un assaggio della cultura sarda. E anche se alcuni di questi proverbi non sembrano avere una logica stringente, il loro fascino è innegabile. Ogni “dicciu” è come un piccolo scrigno che custodisce ironia, esperienza e, a volte, anche una bella risata. Non importa che il significato sia nebuloso: è il suono, l’ironia, la sensazione che ti lascia a rendere questi proverbi irresistibili.

E così, ecco che “Petza cota, petza crua”, o il suo parente stretto “Pira cota, pira crua”, continua a riecheggiare in ogni angolo dell’isola. Che si sia al bar, nel mercato, o nel salotto di casa, questa frase è un po’ come un marchio di fabbrica della Sardegna. A nessuno importa davvero cosa voglia dire: basta che suoni bene, che ci faccia sorridere, e che concluda una serata come si deve. Che ci si stia concludendo un incontro tra amici o semplicemente uno di quei colloqui dove nessuno vuole andare via per primo, “Petza cota, petza crua” è il sigillo che dice “è ora di andare a casa”, senza fronzoli, senza giri di parole. Bello o brutto, buono o cattivo, carne cotta o carne cruda, l’importante è che il cerchio si chiuda e ognuno vada per la sua strada.

La cosa incredibile è che, più che un proverbio tradizionale, questo detto è come una canzoncina, una filastrocca da ripetere con il sorriso ogni volta che il momento dell’addio si avvicina. È una di quelle frasi che nasce nei villaggi, cresce nelle chiacchiere da bar e sopravvive nel cuore dell’isola, specialmente nel Campidano e nel sud della Sardegna. Non importa se sei in campagna o nella città di Cagliari, ogni occasione sembra essere quella giusta per far volare via un “Petza cota, petza crua” al termine di una chiacchierata.

E, se proprio vogliamo fare i puristi, c’è anche una variante: “Pira cota, pira crua”, che suona ugualmente bene e si dice con lo stesso ritmo coinvolgente. Ma attenzione, questa frase non è mai sola: c’è sempre un seguito, una sorta di seconda parte che completa il cerchio. “Petza crua, petza cota, s’intendeus un’atra ota” (oppure “atra borta”, a seconda di dove ti trovi sull’isola). E cioè: ci vediamo un’altra volta, magari con la carne cotta, magari con quella cruda, ma sicuramente ci vedremo di nuovo.

Il bello di questi proverbi sardi è che non sono solo un bel suono, ma sono pure un ponte tra passato e presente. Ti raccontano di una Sardegna agropastorale, di antiche tradizioni che sopravvivono nelle conversazioni quotidiane, con un tocco di ironia che non guasta mai. Questi detti sono la vera colonna sonora della vita sull’isola, che ti fa sentire subito parte di una storia che dura da secoli, senza bisogno di spiegazioni complicate. Come dire, chi ha bisogno di una lezione di filosofia quando puoi semplicemente ripetere un detto che ti fa sorridere?