Grande scoperta: a Pompei sequenziato il Dna di un uomo sardo, vittima dell’eruzione del Vesuvio

Aveva fra 35 e 40 anni, soffriva di una malattia simile alla tubercolosi ed era probabilmente originario della Sardegna: della scoperta si parla sulla rivista Scientific Reports
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Aveva fra 35 e 40 anni, soffriva di una malattia simile alla tubercolosi ed era probabilmente originario della Sardegna.
Per la prima volta in assoluto è stato possibile leggere il Dna di uno degli abitanti di Pompei vittime della disastrosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Il risultato, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, dimostra che è possibile recuperare Dna antico dai resti umani di Pompei, aprendo la via alle ricerche in questa direzione.
“Il Dna era molto degradato, ma siamo riusciti comunque a estrarlo”, ha detto all’Ansa il coordinatore della ricerca Gabriele Scorrano, dell’Università danese di Copenaghen e dell’Università di Roma Tor Vergata.
L’eruzione del Vesuvio aveva raggiunto l’uomo mentre si trovava nella Casa del Fabbro in compagnia di una donna più anziana, sui 50 anni, per la quale non è stato possibile fare un’analisi genetica. Grazie alla disponibilità del Parco Archeologico di Pompei, i ricercatori hanno potuto analizzare i due scheletri. “Il loro stato di conservazione era ottimo, non devono essere venuti a contatto con temperature troppo elevate”, ha spiegato Scorrano ad Ansa.
Su Siccu, incredibile moria di pesci: il porto coperto da un tappeto di cadaveri di muggini dopo le piogge torrenziali

Il porto di Cagliari è un ecosistema delicato, dove la convivenza tra mare, fiumi e città è sempre in bilico.
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Uno spettacolo impressionante e triste quello apparso agli occhi dei cagliaritani questi giorni a Su Siccu: centinaia di muggini morti galleggiavano sull’acqua del porto, trascinati dalla corrente e ammassati lungo le banchine.
Negli scatti di Alessandro Pigliacampo, (ma anche in tanti altri condivisi sui social da cittadini increduli), mostrano un vero e proprio tappeto argentato di carcasse che ha trasformato uno dei punti più suggestivi del lungomare in una scena macabra.
La causa della moria è l’improvviso afflusso di grandi quantità di acqua piovana nei canali che sfociano in mare, tra cui quello di Terramaini, dopo i violenti temporali dei giorni scorsi. Le acque meteoriche, a bassa salinità, si sono riversate in massa nel bacino portuale, alterando l’equilibrio salino dell’acqua marina. I muggini, pesci tipicamente adattati all’acqua salata o salmastra, non hanno retto al brusco cambiamento e sono morti per shock osmotico.
È un fenomeno che purtroppo si ripete a ogni grande pioggia. Quando la salinità cala improvvisamente, gli organismi marini non riescono ad adattarsi e si verifica una moria in poche ore. Il canale Terramaini, che raccoglie acque piovane e reflue da diversi quartieri, è spesso il principale responsabile di questi sbalzi improvvisi. Ogni volta, la scena si ripete: decine di pesci morti trascinati fino a Su Siccu, dove le acque stagnanti e poco profonde amplificano gli effetti dell’inquinamento e della riduzione di ossigeno.
Le fotografie e i video pubblicati sui social hanno scatenato un’ondata di indignazione e preoccupazione. “Non è possibile che ogni temporale porti a questa strage,” scrive un cittadino su Facebook. “Serve un piano serio di gestione dei canali e delle acque di scarico.” Un migliore controllo del deflusso delle acque meteoriche e sistemi per mitigare gli sbalzi di salinità che, puntualmente, trasformano il porto in una trappola mortale per la fauna marina.

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