(FOTO E VIDEO) Accadde oggi. 23 maggio 2016, Daniele Conti dice addio alla maglia del Cagliari
La Curva Nord disegnò una maglia numero 5 rossoblù grande quanto tutto il settore per poi dedicargli le parole più belle: «In un calcio senza colori hai dimostrato cosa vuol dire attaccamento ai colori, un esempio per tutti i giovani calciatori».
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Sei anni fa, il 23 maggio 2016, la bandiera del Cagliari Daniele Conti, capitano di mille battaglie, ha detto addio alla maglia rossoblù.
Un Sant’Elia pieno fino all’ultimo ordine di posto tributò al leggendario numero 5 rossoblù, il saluto che si era meritato in ben 16 stagioni con i 4 mori cuciti sul petto. Accadde a un anno di distanza dal suo addio al calcio giocato.
Il regista romano giocò infatti la sua ultima partita con il Cagliari il 31 maggio 2015, in un Cagliari-Udinese non proprio esaltante, che segnò l’ultima partita del club di Giulini nella massima serie prima della retrocessione in B. Anche in quell’occasione il suo pubblico gli dedicò una standing ovation.
Con la promozione del Cagliari di Rastelli in Serie A e l’ingresso nella dirigenza di Conti, la società di via Mameli decise di dare vita al “Conti Day”, una serata intera dedicata allo storico capitano. La Curva Nord disegnò una maglia numero 5 rossoblù grande quanto tutto il settore per poi dedicargli le parole più belle: «In un calcio senza valori hai dimostrato cosa vuol dire attaccamento ai colori, un esempio per tutti i giovani calciatori».
Le emozioni di una serata indimenticabile ??5️⃣ #ContiDay
Gepostet von Cagliari Calcio am Dienstag, 24. Mai 2016
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21 dicembre 1979: Fabrizio De André e Dori Ghezzi vengono liberati dai rapitori

La liberazione ebbe luogo in seguito al pagamento di un cospicuo riscatto, e fu incredibilmente questione di poche ore: Dori fu rilasciata alle 23 del 21 dicembre, Fabrizio alle 2 del 22. I due erano stati rapiti a Tempio il 27 agosto.
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Negli anni ’70 Fabrizio “Faber” De André acquistò un vasto terreno nei pressi di Tempio Pausania. Lì si stabilì già pochi anni dopo, in cerca della tranquillità necessaria soprattutto alla sua compagna, Dori Ghezzi, in attesa della figlia della coppia, Luisa Vittoria. Fu proprio da quella casa, però, che la notte del 27 agosto 1979 Faber e Dori vennero rapiti dall’Anonima sarda, banda di sequestratori che fin dagli anni ’60 terrorizzava l’Isola. Il 21 dicembre la liberazione.
Per quattro mesi, Fabrizio e Dori furono costretti a una vita fatta di catene, bende sugli occhi e ore passate legati agli alberi dei fitti boschi dell’entroterra. Sottoposti a un trattamento degradante fisicamente e psicologicamente, da carcerieri che però – come raccontarono poi i due – mantennero un comportamento “tutto sommato umano”: erano lunghi e frequenti i momenti passati senza i cappucci in testa, e mai mancarono le sigarette e i cerini dai quali Faber quasi dipendeva. L’attesa era poi intervallata da lunghe conversazioni sulla politica, improvvisati giochi di carte e le chiacchiere alcoliche di alcuni dei rapitori, uno dei quali – sotto gli effetti dell’alcol – confessò il proprio dispiacere per il trattamento riservato “soprattutto a Dori”, come raccontò poi la donna.
La liberazione ebbe luogo in seguito al pagamento di un cospicuo riscatto, e fu incredibilmente questione di poche ore: Dori fu rilasciata alle 23 del 21 dicembre, Fabrizio alle 2 del 22. Fu Giuseppe De André, padre del cantautore genovese, a pagare nella quasi totalità i 550 milioni richiesti per il rilascio. A novembre del 1985, poi, tutti e dodici gli appartenenti alla banda furono arrestati e condannati. Al processo Faber ribadì il proprio perdono per gli esecutori materiali del rapimento, e si costituì parte civile nell’accusa ai soli capi della banda, economicamente agiati – un noto veterinario toscano e un assessore comunale sardo del PCI – e quindi privi della necessità, che il cantautore considerava evidentemente un attenuante per gli altri uomini.
Un’intera raccolta di brani – priva di titolo, ma nota come L’indiano per il pellerossa raffigurato in copertina – fu il frutto artistico dell’esperienza, che legò ancor più saldamente il cantautore alla Sardegna.
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