Quando Gigi Riva lavorava come operaio.
La straordinaria ascesa di Rombo di Tuono: da operaio a leggenda del calcio italiano.
Gigi Riva, icona del calcio italiano, non è sempre stato il campione che tutti conosciamo. La sua storia ha inizio in un contesto umile e difficile, un racconto che attraversa le sfide della giovinezza e l’emergere di un talento straordinario, tutto ambientato nell’Italia degli anni ’50 e ’60. Nato nel 1944 a Leggiuno, un comune sulle sponde del Lago Maggiore, Gigi crebbe in una famiglia modesta, segnata da tragiche perdite e dall’assenza di stabilità economica. Perdette il padre Ugo, un ex parrucchiere che si era reinventato come sarto, a causa di un incidente sul lavoro, quando lui aveva solo nove anni. Un pezzo di metallo staccatosi da un macchinario colpì fatalmente l’uomo, lasciando la famiglia in una situazione precaria.

Riva con la mamma e le sorelle da bambino
Dopo la morte del padre, la madre Edis si trovò a dover affrontare la difficile responsabilità di crescere i suoi figli da sola. Costretta a lavorare in filanda e come donna delle pulizie, cercava di assicurare un futuro ai suoi ragazzi. Tuttavia, la vita riservò ulteriori sfide a Gigi, che dovette affrontare la prematura scomparsa della madre, morta per cancro, e passare per tre collegi religiosi, dove spesso fuggiva in cerca di libertà. A quel punto, la sorella maggiore Fausta divenne il suo unico punto di riferimento, facendo del suo meglio per prendersi cura di lui.
Per contribuire al sostentamento della famiglia, Riva accettò un lavoro nella fabbrica di ascensori Slimpa, fondata nel 1950 dai Fratelli Fasani a Leggiuno. Questa azienda, specializzata nella produzione di componenti in plastica per ascensori, rappresentava una realtà semplice e laboriosa, molto lontana dal mondo dorato del calcio che Riva sognava. Nonostante il carico di lavoro in fabbrica, Gigi non abbandonò mai la sua vera passione: il calcio. I ritagli di tempo dedicati al gioco sul prato lo resero un protagonista nei tornei locali, dove il suo talento cominciò a brillare.
Le sue prestazioni sul campo non passarono inosservate e, tra il 1960 e il 1962, militò nel Laveno Mombello, segnando 66 gol e guadagnandosi il soprannome “Furzelìna”, un nome che denotava tanto affetto quanto rispetto. Il passo successivo fu il Legnano, dove iniziò a farsi notare anche in ambito professionale, prima nelle giovanili e poi in prima squadra in Serie C. Questi primi passi nel calcio erano il preludio a una carriera che avrebbe segnato la storia del nostro sport.
La transizione da operaio a calciatore professionista segnò la nascita di una leggenda. Riva, con il suo talento e la sua dedizione, sarebbe poi approdato al Cagliari, dove scrisse pagine indelebili del calcio italiano. Il suo cammino, costellato di difficoltà e sacrifici, rappresenta un esempio di come la determinazione possa condurre a traguardi impensabili. La storia di Gigi Riva non è soltanto quella di un calciatore, ma è un monito che insegna come dalle avversità possano emergere i più grandi campioni, non solo nel mondo dello sport, ma in ogni ambito della vita.
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