La Cagliari che non c’è più. Guardate come si è trasformato questo angolo di Villanova in 120 anni

Chi riesce a indovinare dove si trova questo angolo di Villanova che non esiste più? In realtà le scale ci sono ancora ma la struttura davanti ai gradini e alle donne in costume che salgono è stata sostituita da un edificio molto più grande. Sapete quale? Ricostruiamo la storia di questo angolo di città dove un tempo sorgeva una grande porta medievale.
La Cagliari che non c’è più. Guardate come si è trasformato questo angolo di Villanova in 120 anni.
Chi riesce a indovinare dove si trova questo angolo di Villanova che non esiste più?
In realtà le scale ci sono ancora ma la struttura davanti ai gradini e alle donne in costume che salgono è stata sostituita da un edificio molto più grande. Sapete quale?
Sulla sinistra si vede l’Osteria Pigheddu poi Valdes, in una foto del 1895, siamo sotto le mura del Terrapieno, proprio dove ora è posizionato il palazzo Valdes, la cui costruzione cominciò nel 1901. Al posto delle vecchie mura, adesso c’è la Passeggiata Coperta del Bastione, sulla destra adesso c’è l’attuale piazza Marghinotti, mentre nel Medioevo e sino all’Ottocento in questo punto si trovava una delle porte medievali del quartiere storico di Villanova, la porta dei Calderai.
Nel XIX secolo a Cagliari, le osterie non erano delle rivendite di vino ma delle locande o dei caravanserragli, veri e propri stallaggi dove i trasportatori di merci , che venivano con i loro carretti dai paesi limitrofi dell’interno, potevano alloggiare, custodire il loro prezioso carico e far riposare anche gli animali.
In quest’altra foto più recente la struttura completa vista dal Bastione e sulla destra la prima parte del Palazzo Valdes, che fu edificato a più riprese.
Tutti conoscono Palazzo Valdes, uno dei palazzi più famosi di Cagliari. Il bell’edificio va da piazza Marghinotti a piazza Costituzione: non tutti sanno che nel 1943 venne seriamente danneggiato dai bombardamenti degli alleati nel corso della Seconda Guerra Mondiale. In questa foto si nota la prima parte dello stabile, salendo verso viale Regina Elena, completamente distrutta. Il palazzo Valdés occupa una vasta area in pendenza compresa tra il viale Regina Elena, la piazza Marghinotti e la via Sulis, già occupata come detto dall’osteria prima Pigheddu e poi Valdés, tipico alloggio per uomini e animali della Cagliari ottocentesca.
La realizzazione dell’edificio avvenne in due periodi differenti. L’ingegnere Niccolò Mura ideò il progetto relativo al primo blocco eretto tra il 1901 e il 1915, che si affaccia sul lato del Bastione di Saint Remy. L’ingegnere Riccardo Simonetti, è invece l’autore del progetto riguardante l’ampliamento messo in atto nel 1926, della facciata che si estende fino alla Piazza Marghinotti.
A causa dei bombardamenti aerei del 1943 il palazzo subì ingenti danni e fu fatto oggetto di un’accurata opera di recupero nel dopoguerra. Il palazzo fu restaurato nel dopoguerra. I due blocchi sono interamente diversi tra loro anche se i lavori di ampliamento non hanno comportato sostanziali modifiche nello stile architettonico. Sono differenti anche i materiali adoperati per le due parti: granito e pietra calcare nel basamento e terracotta per gli ornamenti nella parte che si affaccia sul Viale Regina Elena; graniglia di cemento e cotto per la facciata antistante la Via Sulis e Piazza Marghinotti.
Come riporta Sardegna Cultura la costruzione fu realizzata in due tempi senza troppi sfasamenti stilistici, anche se le due parti sono nettamente differenti. Il primo blocco si deve al progetto dell’ingegnere Mura. Il basamento è in granito e in pietra calcarea, mentre la parte decorativa è realizzata con terracotta. L’ampliamento, a monte del primo, è stato realizzato su progetto dell’ingegnere Simonetti, si distingue per il fronte avvolgente fino al prospetto sulla piazza Marghinotti. L’esuberante decorazione è in graniglia di cemento colorato, ma il lato lungo la via Sulis, meno importante, ha ornamenti in cotto conseguentemente meno ricchi. Il palazzo fu gravemente danneggiato dai bombardamenti ed è stato fedelmente ripristinato nel dopoguerra.
Simonetti amplia l’edificio fino alla Piazza Marghinotti conferendo alla facciata un andamento curvilineo. La parte più antica, lungo il viale Regina Elena, presenta un basamento in granito e pietra calcarea, mentre ai piani superiori spiccano decorazioni in terracotta, ispirate allo stile Liberty, con teste femminili che sporgono dalle cornici delle finestre. Sulla piazza Marghinotti la decorazione in graniglia di cemento colorato con festoni e conchiglie è, invece, di ispirazione neobarocca. Il fronte su via Sulis riprende gli ornamenti in cotto.
Il palazzo fu costruito per volontà del mecenate Pietro Valdés (ci sono le sue iniziali nella decorazione della facciata) e oggi è posto oggi sotto la tutela del Ministero dei Beni Culturali.
Lo stile Liberty si diffuse tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, grazie ad una grande espansione della città. Questo stile chiamato chiamato anche Art Nouveau, esprimeva le aspirazioni della società borghese negli anni della Belle Époque. Le caratteristiche stilistiche principali erano l’utilizzo di angoli smussati e arrotondati. Presentava inoltre, decorazioni con fasce di linee curve chiamate “colpi di frusta”. Mentre, altro elemento importante erano i tanti motivi naturalistici. Alberi, rami, foglie, fiori, frutti, uccelli, insetti e figure femminili allungate ne erano parte integrante.
La Cagliari che non c’è più: l’antica chiesa di San Nicolò dei Napoletani, demolita nel 1869

L'antica chiesa seicentesca di San Nicolò dei Napoletani, sapete dove si trovava? Perché fu costruita e perché fu demolita?
La Cagliari che non c’è più: l’antica chiesa di San Nicolò dei Napoletani, demolita nel 1869.
L’antica chiesa seicentesca di San Nicolò dei Napoletani, sapete dove si trovava? Perché fu costruita e perché fu demolita?
La Cagliari che non c’è più porta con sé frammenti di storia dimenticata, angoli cancellati dal tempo, luoghi che oggi vivono solo nei racconti e nelle immagini d’epoca. Tra questi, uno dei più affascinanti è senza dubbio l’antica chiesa seicentesca di San Nicolò dei Napoletani, ormai scomparsa dal tessuto urbano, ma non dalla memoria. In pochi oggi sanno che questa chiesa sorgeva proprio nel cuore del quartiere Stampace, in un punto preciso e oggi molto frequentato: all’angolo tra piazza del Carmine e via Sassari, proprio di fronte all’attuale Hotel Flora, sulla destra del Palazzo delle Poste. Dove ora passano auto e persone frettolose, un tempo si innalzava un edificio carico di storia, voluto nel 1686 dal Principe Don Nicola Pignatelli Aragon, allora viceré di Sardegna, come gesto di devozione e gratitudine. La chiesa, infatti, fu costruita in adempimento a un voto solenne: il Principe si trovava in mare con la sua famiglia quando una violenta tempesta mise in pericolo le loro vite. In quel momento di terrore, fece voto a San Nicolò di Bari che, se fossero giunti salvi a terra, avrebbe edificato un tempio a lui dedicato nel primo luogo sicuro in cui avessero attraccato.
Il destino volle che fosse proprio il porto di Cagliari ad accoglierli, e così Don Nicola mantenne la promessa, erigendo la chiesa e affidandola alla cura della congregazione dei Napoletani residenti in città, oggi ormai sciolta. Le memorie di quel luogo sacro non sono andate completamente perdute: gli arredi liturgici, gli argenti, le statue e i dipinti furono trasferiti nella chiesa di Sant’Anna, dove ancora oggi è possibile ammirare la statua di San Nicolò e una lampada votiva con lo stemma araldico del Pignatelli. Lo stesso stemma che un tempo campeggiava sulla facciata della chiesa è oggi conservato nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari. Ma a restituirci con parole vive l’immagine della chiesa è soprattutto Giovanni Spano, nella sua Guida della città e dintorni di Cagliari del 1861, che così la descrive: “Attraversata la piazza, a man sinistra si trova la chiesa di San Nicolò di Bari, chiesa nazionale dei Napoletani. Nella facciata vi è lo stemma, molto grande, del principe Pignatelli il quale ne fu il fondatore. Si racconta che questo principe trovandosi in mare con tutta la sua famiglia, ed essendo sorta una forte burrasca, fece voto di edificare una chiesa a questo Santo nella prima terra dove salvo sarebbe approdato.
Essendosi la nave rifugiata nel golfo di Cagliari, fece tosto eseguire una chiesa che diede ad uffiziare ai Napoletani, i quali vi avevano una congregazione che poi si sciolse. Aveva un buon reddito che ora è ridotto a pochi censi, ed agli affitti di alcune case fabbricate attorno alla stessa chiesa. È uffiziata in tutte le domeniche, e nelle feste principali. La chiesa è di una navata, e di belle proporzioni con sei cappelle. La prima a sinistra entrando è dedicata a Santa Irene che hanno in devozione i Vasellaj, i quali ne facevano la festa. Il quadro è ordinario, opera del Massa. La bella statua in legno della stessa Santa nella cappella di mezzo a destra, è di Giov. Raim. Atzori. Così pure avvi un’altra statuetta di S. Greca di cattiva scoltura di Francesco Piras. Nella cappella di mezzo che siegue vi è un gran quadro che rappresenta S. Nicolò con S. Gennaro pregando col popolo la Santa Vergine per difendere la città di Napoli ivi dipinta, sulla quale essa fa piovere denaro gettandolo colla man sinistra. Quando sarà accaduto questo miracolo? Il S. Gennaro ha una libro in mano su cui posano le ampolle del sangue miracoloso. Il dipinto ha qualche cosa di espressivo, ed è di pennello ignoto napolitano. L’altar maggiore, molto vasto, è di legno dorato. In mezzo vi è un nicchione dov’è collocata l’antica statua semicolossale del Santo. E’ una bella scultura napolitana d’incerto autore, ma pure è d’ammirare, sebbene sia stata restaurata. La prima cappella al lato dell’epistola è dedicata al crocifisso. Ha una tela antica di poco pregio: nelle basi delle colonne dell’altare vi sono dipinte le armi della città di Napoli con quelle del Console G. Battista Bono, a di cui spese forse sarà stato fatto l’altare.
Ma la cappella che più merita attenzione è quella di San Michele, l’ultima vicino alla porta, per il quadro in tela di S. Michele. L’arcangelo, con belle mosse, sebbene abbia la gamba destra mal situata, percuote gli angeli ribelli che cadono con diverse movenze. Bella è la composizione, ed il colorito maggiormente; degna delle buone scuole napolitane del secolo XVIII. Sopra la tribuna finalmente avvi un bel quadro d’una Santa che sembra S. Giuliana, con diversi scompartimenti attorno e con iscrizioni: ma non si possono ben osservare per essere il quadro collocato troppo in alto”. Un’opera, una chiesa, una promessa: San Nicolò dei Napoletani non è più fisicamente tra noi dal 1869, quando fu demolita, ma continua a vivere come simbolo di fede, memoria e arte nelle tracce sopravvissute e nei racconti di chi ha saputo tramandarne il ricordo.

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