“S’annu doxi”, espressione ancora viva nei motti cagliaritani: ma che cosa è successo in quell’anno?
In quel periodo infatti la Sardegna viveva un terribile carestia, sotto quello che la storia ricorda come il difficile regno di Vittorio Emanuele, succeduto al rinunciatario Carlo Emanuele IV.
Ancora oggi sono sempre vive, fra i cagliaritani, varie espressioni che rimandano a “s’annu doxi”. Un oggetto o un fatto molto antico, ad esempio, oppure un’origine mitica e vaga di un qualunque fatto. Ma ci si chiede, allora, a quale anno faccia riferimento questo “12”, tanto declamato dalla tradizione del capoluogo.
Gli anni e i secoli passano in fretta, così le espressioni e i motti possono perdere quella che era la loro antica efficacia popolare. Oggi, quel “doxi”, qualcuno lo rimanderebbe all’ormai lontanissimo 1912, anno in cui l’Europa stava “scaldando i motori”, tra giochi di alleanze e intese, per quella che sarebbe stata la Grande Guerra del ’14. Ma con la Sardegna non c’entrerebbe niente. Bisogna infatti tornare indietro di un secolo.
Secondo l’Alziator, il “famoso” anno a cui verrebbero ricondotti tutti i fatti eccezionali o incredibile, così come quelli vaghi o dubbi, sarebbe il 1812. In quel periodo infatti la Sardegna viveva un terribile carestia, sotto quello che la storia ricorda come il difficile regno di Vittorio Emanuele, succeduto al rinunciatario Carlo Emanuele IV.
Il regno troncato dall’invasione francese, le casse statali svuotate, le pretese di denaro del fratello Carlo Emanuele, e calamità naturali. Insomma, non era certamente questo il periodo migliore per la Sardegna, all’indomani dei moti d’Angioy e la lotta del popolo isolano al riconoscimento dei propri diritti. Il 1812 è l’anno di una terribile carestia, ricordata dai nostri nonni illo tempore e ancora oggi eternata nei motti popolani.
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