Lo sapevate? Cento anni fa il viaggio di D.H. Lawrence in Sardegna: ecco che cosa vide a Cagliari

(SECONDA PUNTATA) Ieri nella prima puntata abbiamo del parlato del viaggio in Sardegna che l'autore de l'amante di Lady Chatterley fece insieme alla moglie Frieda von Richthofen esattamente cento anni fa. Il grande romanziere inglese immortalò la Sardegna nelle pagine di Sea and Sardinia del 1921, descrivendola in modo unico. In tre puntate (oggi la seconda) ripercorriamo il suo viaggio avventuroso e colorato in una Sardegna in parte simile, in parte diversa da quella di oggi ma sempre affascinante e bellissima. Oggi vedremo che cosa fece il grande scrittore inglese a Cagliari.
Lo sapevate? Cento anni fa il viaggio di D.H. Lawrence in Sardegna: ecco che cosa vide a Cagliari.
(SECONDA PUNTATA) Ieri nella prima puntata abbiamo del parlato del viaggio in Sardegna che l’autore de l’amante di Lady Chatterley fece insieme alla moglie Frieda von Richthofen esattamente cento anni fa. Il grande romanziere inglese immortalò la Sardegna nelle pagine di Sea and Sardinia del 1921, descrivendola in modo unico. In tre puntate (oggi la seconda) ripercorriamo il suo viaggio avventuroso e colorato in una Sardegna in parte simile, in parte diversa da quella di oggi ma sempre affascinante e bellissima. Oggi vedremo che cosa fece il grande scrittore inglese a Cagliari.
David Herbert Richards Lawrence arrivò in Sardegna nel Gennaio 1921, proveniente dalla Sicilia. Visitò Cagliari e poi l’interno della Sardegna.
Al loro arrivo a Cagliari (descritta come “bianca” per il calcare e simile e Gerusalemme), trovarono un freddo pungente e il silenzio di una città quasi desolata. Alloggiarono all’Hotel Scala di Ferro in una camera descritta come pulita e curata. Lawrence fu incuriosito dalle donne di Cagliari, che così descrisse: “Sono divertenti queste ragazze, donne e contadine: così vivaci e spavalde. Le loro schiene sono dritte come piccoli muri e le sopracciglia decise e ben disegnate. Stanno sul chi vive in modo divertente. Come uccelli vivaci e svegli, sfrecciano per le strade, e ti rendi conto che ti darebbero un colpo in testa con la stessa facilità con cui ti guarderebbero. La tenerezza, grazie al cielo, non sembra essere una qualità sarda. Queste donne devono badare a se stesse, tenere la schiena dritta e i pugni duri”.
Lo scrittore descrisse l’eleganza dei Caffè in via Roma, la ricchezza e i colori degli abiti delle donne, il via vai dei contadini con i loro muli vicino al porto, le ricche signore accompagnate al Mercato del Largo Carlo Felice, dai “picciocus de crobi”.
Qui il passo del libro “Mare e Sardegna”, 1921, in cui David Herbert Lawrence descrisse il vecchio mercato del Largo Carlo Felice, oggi scomparso, a Cagliari:
“Ma c’è anche la signora di Cagliari che va a far la spesa, accompagnata da una serva con un enorme paniere di paglia intrecciata, o ne ritorna, seguita da un ragazzino il quale porta sul capo una di quelle enormi ceste di paglia intrecciata che sembrano piatti enormi, che riempiono di pane, uova, verdura, pollame e così via. Seguiamo la signora che va al mercato e ci troviamo nel vasto mercato coperto, splendente d’uova: uova nei grandi panieri tondi di paglia dorata, uova a pile, a montagne, a mucchi, una Sierra Nevada di uova, splendenti di un bianco caldo. Come ardono! Non me ne ero mai accorto prima. Diffondono nell’aria un fulgore perlaceo, quasi un calore. Un tepore oro perlaceo, pare. Miriadi d’uova, splendenti viali d’uova.
E portano il prezzo: 60 centesimi, 65 centesimi. «Ah! – grida l’Ape Regina – è a Cagliari che voglio vivere, perché in Sicilia le uova costano 1.50 l’una».
È il mercato della carne, del pollame e del pane. Ci sono banchetti di pane fresco di varie forme, bruno e lucente. Piccole bancarelle di meravigliosi dolci locali che mi vien voglia di assaggiare, carne in quantità e capretto, e bancarelle di formaggio, tutte le forme e le qualità di formaggi, in tutte le sfumature del bianco e del crema, fino al giallo narciso. Formaggio di capra, di pecora, formaggio svizzero, parmigiano, stracchino, caciocavallo, provolone, e quanti formaggi di cui non conosco il nome! Ma costano press’a poco come in Sicilia: diciotto, venti, venticinque lire il chilo. E c’è il prosciutto delizioso, a trenta e trentacinque lire il chilo. C’è anche un po’ di burro fresco, a trenta o trentadue lire il chilo. Ma in genere il burro è in scatola e viene da Milano. Costa quanto quello fresco. Ci sono splendenti mucchi di olive nere salare ed enormi barattoli di olive verdi in salamoia. Ci sono polli, anatre e selvaggina: a undici, dodici e quattordici lire il chilo. C’è la mortadella, l’enorme salame di Bologna, grosso come un pilastro di chiesa, a sedici lire. E qualità diverse di salami più piccoli da mangiarsi affettati. Una magnifica ricchezza di cibo che riluce e splende. Siamo un po’ in ritardo per il pesce, specie il venerdì. Ma un uomo scalzo ci offre due misteriosi abitanti del Mediterraneo, che pullula di mostri marini.
Le contadine siedono dietro la loro merce, gonfie come palloni attorno ai corpi le sottane multicolori di cotone tessuto a mano. I gialli panieri sprigionano bagliori di luce. Si ha di nuovo un’impressione di abbondanza, ma non di prezzi bassi, purtroppo, a parte le uova. Ogni mese i prezzi aumentano.
«Voglio venire ad abitare a Cagliari per fare la spesa qui – dice l’Ape Regina – Voglio uno di quei grandi panieri». Scendemmo fino alla stradina: ma vedemmo affiorare altri panieri da un’ampia scalinata di pietra, coperta. Perciò salimmo, e ci trovammo al mercato della verdura. Qui l’Ape Regina si divertì ancora di più. Dietro i mucchi di verdura sedevano le contadine, scalze alcune, nei rigidi corpetti, nelle voluminose sottane variopinte, e mai mi accadde di vedere più deliziosa mostra. Pareva predominare il verde cupo e intenso degli spinaci, da questi spuntavano monumenti di cavolfiori bianco ricotta e viola scuro: cavolfiori meravigliosi, come fasci di fiori, intensi e purpurei come grandi mazzi di violette. Su questa massa verde, bianca, purpurea spiccava l’acceso rosa scarlatto il cremisi dei ravanelli, grandi ravanelli a mucchi, come piccole rape. Poi le lunghe, slanciate gemme verde e porpora dei carciofi, e oscillanti grappoli di datteri, e mucchi di fichi bianchi coperti da una polvere zuccherina e cupi fichi neri, e lucenti fichi tostato: ceste e ceste di fichi. Qualche cesto di mandorle e molte noci, enormi. Basse ceste di uva passa locale. Peperoni scarlatti simili a trombe, magnifici finocchi bianchi, grossi e succulenti, cestini di patate novelle, rape squamose, mazzetti di asparagi selvatici, sparacelli col boccio giallo, grasse carote lisce, insalate ricciute dal cuore bianco, lunghe cipolle marrone porpora e poi, naturalmente, piramidi di pallide mele, ceste di lucidi e brillanti mandarini, le piccole arance di Tangeri con le foglie verde scuro. Mai come nel mercato coperto di Cagliari, il fresco, lucente mondo ricco di colori della frutta mi era apparso così splendido, puro e fastoso. E costa tutto relativamente poco, a parte le patate. Le patate di ogni tipo vanno da 1.40 a 1.50 il chilo.
«Oh! – grida l’Ape Regina – Se non vengo ad abitare a Cagliari e non faccio la spesa qui morirò con un desiderio inappagato».”
Lunedì nell’ultima puntata parleremo dei luoghi visitati da Lawrence e dalla moglie nella parte interna dell’Isola.

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