La storia di questa splendida iniziativa comincia a settembre dell’anno scorso quando Summer Mode, un’azienda che produce gioielli, da sempre impegnata in collaborazioni solidali con il Businco, accetta la nuova sfida di Maria Teresa Addis, Responsabile della direzione sanitaria dell’ospedale Oncologico. L’obiettivo è davvero ambizioso: raccogliere 168mila euro per acquistare un mammografo di ultima generazione che oltre a offrire una tecnologia più avanzata, consentirà di snellire notevolmente le liste d’attesa.

La pandemia rende ancora più complessa la sfida, quindi intanto che si deve rimanere a casa, si organizza una lotteria che comincerà giovedì 15 luglio, quando poi le restrizioni si sono allentate, sono cominciate le singole iniziative: Annalisa ed Eliana, le ragazze di Summer Mode infatti non si sono lasciate intimorire e anzi hanno coinvolto nella loro avventura anche altre aziende sarde, come Palazzo Doglio e CFadda.

«Siamo stati chiamati a sostenere questa iniziativa come azienda sarda- spiega Francesca Fadda vice presidente del Gruppo CFadda – e abbiamo deciso di coinvolgere lo staff dei nostri undici punti vendita e i nostri clienti. Dal 15 al 30 giugno il nostro personale alle casse invitava i clienti a donare un euro».

«E devo riconoscere che il risultato è andato oltre ogni più rosea previsione. Il nostro staff – aggiunge la vicepresidente del Gruppo CFadda- si è impegnato tantissimo per spiegare ai clienti il nostro progetto e si è scatenata una sorta di sana competizione tra i vari punti vendita, c’era la gara a chi riusciva a raccogliere di più».

Questa sera nella splendida cornice di Palazzo Doglio, altro prezioso partner dell’iniziativa e alla presenza di Dino Mitidieri il Direttore generale, Francesca Fadda ha consegnato a Maria Teresa Addis un assegno simbolico, ma dal valore concreto di 25mila euro, un enorme passo avanti per raggiungere l’obiettivo finale, che ormai non è più così lontano.

L’iniziativa ha avuto il patrocinio della Arnas (Azienda di Rilievo Nazionale ed Alta Specializzazione) Brotzu:«Abbiamo aperto un conto dedicato esclusivamente a questo acquisto – ha aggiunto Maria Francesca Pisu, presidente dell’Associazione Sinergia Femminile, che partecipa attivamente al progetto- in cui verranno depositate le donazioni di tutte le iniziative finalizzate all’acquisto del mammografo, proprio per garantire la massima trasparenza a tutti coloro che stanno donando, che sono davvero tantissimi».

«Ringrazio di cuore tutti i nostri clienti che sono stati generosissimi – conclude Francesca Fadda che con orgoglio ha consegnato l’assegno- perché sebbene chiedessimo solo un euro in tanti hanno voluto donare di più, consentendoci di raggiungere questo incredibile risultato in soli 15 giorni».

La raccolta fondi è ancora in atto, e chiunque volesse contribuire può farlo collegandosi alla piattaforma a questo link

Lo sapevate? Cosa c’entrano Carloforte e Calasetta con la località tunisina di Tabarca?

Un legame profondo con la cittadina africana interrotto improvvisamente e tragicamente Che cosa accadde?

Tabarca.

Lo sapevi? Le località di Carloforte e Calasetta, nell’arcipelago del Sulcis, custodiscono un legame affascinante e profondo con la località tunisina di Tabarca, una connessione storica che affonda le sue radici nei secoli e che si interruppe in modo drammatico. Ma come si sviluppò questa singolare relazione tra la Sardegna e una cittadina del Nord Africa?

Carloforte

Sebbene Carloforte e Calasetta facciano parte della provincia sarda di Carbonia-Iglesias, in questi luoghi è ancora forte l’influenza genovese. Dalla cucina alla lingua, dalle tradizioni alle usanze, tutto ricorda la Liguria. Non a caso, Carloforte è stato proclamato nel 2004 comune onorario di Genova. Anche Calasetta, dall’altro lato dell’arcipelago, riflette una simile origine culturale.

Tabarka o Tabarca è una città della Tunisia, sul Mediterraneo, presso il confine con l’Algeria.

Questa connessione genoves, sarda e africana ha una storia che risale al XVI secolo. Intorno al 1540, pescatori e commercianti di Pegli, in Liguria, si trasferirono a Tabarca. Attirati dalla ricchezza del corallo, noto come “oro rosso del mare”, seguirono i Lomellini, una potente famiglia genovese che aveva ottenuto l’isola dalle autorità locali. I coloni fondarono una prospera comunità di pescatori, detta “tabarchina”, che per due secoli si dedicò alla pesca e al commercio, contribuendo notevolmente alle fortune economiche dei Lomellini, che rivendevano il corallo e altri beni, come cereali e olio, con ampi guadagni.

Tabarca nella cartina della Tunisia

Nonostante la conquista ottomana della Tunisia nel 1574, la comunità tabarchina continuò a crescere. Tuttavia, nel XVIII secolo, la situazione peggiorò drasticamente: le incursioni dei pirati, l’esaurimento dei banchi coralliferi e la sovrappopolazione misero a dura prova l’economia. Nel 1731, il controllo di Tabarca passò di mano all’interno della famiglia Lomellini, ma la crisi era ormai inarrestabile.

Una stampa di Tabarca nel XVII secolo quando era sotto la dominazione ligure

Nel 1738, circa 500 tabarchini, costretti ad abbandonare Tabarca a causa delle pressioni degli arabi e dei pirati, approdarono sull’Isola di San Pietro, fino ad allora disabitata. Qui fondarono Carloforte, dando inizio alla storia dei “genovesi di Sardegna”. Nonostante le difficoltà iniziali legate alle condizioni insalubri dell’isola, dovute alle paludi e alle malattie, i coloni riuscirono a bonificare il territorio e a sviluppare un’economia fiorente basata sulla pesca del tonno, la raccolta del corallo e la produzione di sale.

Calasetta.

Poco dopo, nel 1770, un altro gruppo di tabarchini si insediò sull’isola vicina, Sant’Antioco, dove fondò il comune di Calasetta. Anche qui, nonostante le sfide ambientali e sanitarie, la comunità ligure riuscì a costruire una nuova vita, mantenendo saldi i legami culturali con Genova e tramandando la propria lingua, il tabarchino, un antico dialetto ligure che viene parlato ancora oggi a Carloforte e Calasetta.

Nel frattempo, la sorte degli ultimi tabarchini rimasti a Tabarca peggiorò ulteriormente. Nel 1741, il Bey di Tunisi invase l’isola e fece prigionieri i suoi abitanti, riducendoli in schiavitù. Dopo lunghe negoziazioni, molti di loro furono riscattati grazie all’intervento di Carlo Emanuele III di Savoia e di altre figure europee influenti. La maggior parte di questi prigionieri liberati si unì ai loro compatrioti a Carloforte, mentre un piccolo gruppo si stabilì a Calasetta, consolidando la presenza ligure nel Sulcis.

Un’altra parte dei tabarchini, invece, trovò rifugio sull’isola spagnola di San Pablo, al largo di Alicante, dove fondarono la colonia di Nueva Tabarca. Tuttavia, a differenza di Carloforte e Calasetta, Nueva Tabarca perse gradualmente i legami con la cultura genovese, integrandosi nella società spagnola e abbandonando le proprie tradizioni.

Così nacque questa singolare comunità “genovese” in Sardegna, che ancora oggi conserva una forte identità culturale, con radici liguri e una storia unica, intrecciata alle vicende della Tunisia e del Mediterraneo.