Lo sapevate? Cosa c’entrano Carloforte e Calasetta con la località tunisina di Tabarca?
Un legame profondo con la cittadina africana interrotto improvvisamente e tragicamente Che cosa accadde?
Tabarca.
Lo sapevi? Le località di Carloforte e Calasetta, nell’arcipelago del Sulcis, custodiscono un legame affascinante e profondo con la località tunisina di Tabarca, una connessione storica che affonda le sue radici nei secoli e che si interruppe in modo drammatico. Ma come si sviluppò questa singolare relazione tra la Sardegna e una cittadina del Nord Africa?
Carloforte
Sebbene Carloforte e Calasetta facciano parte della provincia sarda di Carbonia-Iglesias, in questi luoghi è ancora forte l’influenza genovese. Dalla cucina alla lingua, dalle tradizioni alle usanze, tutto ricorda la Liguria. Non a caso, Carloforte è stato proclamato nel 2004 comune onorario di Genova. Anche Calasetta, dall’altro lato dell’arcipelago, riflette una simile origine culturale.
Tabarka o Tabarca è una città della Tunisia, sul Mediterraneo, presso il confine con l’Algeria.
Questa connessione genoves, sarda e africana ha una storia che risale al XVI secolo. Intorno al 1540, pescatori e commercianti di Pegli, in Liguria, si trasferirono a Tabarca. Attirati dalla ricchezza del corallo, noto come “oro rosso del mare”, seguirono i Lomellini, una potente famiglia genovese che aveva ottenuto l’isola dalle autorità locali. I coloni fondarono una prospera comunità di pescatori, detta “tabarchina”, che per due secoli si dedicò alla pesca e al commercio, contribuendo notevolmente alle fortune economiche dei Lomellini, che rivendevano il corallo e altri beni, come cereali e olio, con ampi guadagni.
Tabarca nella cartina della Tunisia
Nonostante la conquista ottomana della Tunisia nel 1574, la comunità tabarchina continuò a crescere. Tuttavia, nel XVIII secolo, la situazione peggiorò drasticamente: le incursioni dei pirati, l’esaurimento dei banchi coralliferi e la sovrappopolazione misero a dura prova l’economia. Nel 1731, il controllo di Tabarca passò di mano all’interno della famiglia Lomellini, ma la crisi era ormai inarrestabile.
Una stampa di Tabarca nel XVII secolo quando era sotto la dominazione ligure
Nel 1738, circa 500 tabarchini, costretti ad abbandonare Tabarca a causa delle pressioni degli arabi e dei pirati, approdarono sull’Isola di San Pietro, fino ad allora disabitata. Qui fondarono Carloforte, dando inizio alla storia dei “genovesi di Sardegna”. Nonostante le difficoltà iniziali legate alle condizioni insalubri dell’isola, dovute alle paludi e alle malattie, i coloni riuscirono a bonificare il territorio e a sviluppare un’economia fiorente basata sulla pesca del tonno, la raccolta del corallo e la produzione di sale.
Calasetta.
Poco dopo, nel 1770, un altro gruppo di tabarchini si insediò sull’isola vicina, Sant’Antioco, dove fondò il comune di Calasetta. Anche qui, nonostante le sfide ambientali e sanitarie, la comunità ligure riuscì a costruire una nuova vita, mantenendo saldi i legami culturali con Genova e tramandando la propria lingua, il tabarchino, un antico dialetto ligure che viene parlato ancora oggi a Carloforte e Calasetta.
Nel frattempo, la sorte degli ultimi tabarchini rimasti a Tabarca peggiorò ulteriormente. Nel 1741, il Bey di Tunisi invase l’isola e fece prigionieri i suoi abitanti, riducendoli in schiavitù. Dopo lunghe negoziazioni, molti di loro furono riscattati grazie all’intervento di Carlo Emanuele III di Savoia e di altre figure europee influenti. La maggior parte di questi prigionieri liberati si unì ai loro compatrioti a Carloforte, mentre un piccolo gruppo si stabilì a Calasetta, consolidando la presenza ligure nel Sulcis.
Un’altra parte dei tabarchini, invece, trovò rifugio sull’isola spagnola di San Pablo, al largo di Alicante, dove fondarono la colonia di Nueva Tabarca. Tuttavia, a differenza di Carloforte e Calasetta, Nueva Tabarca perse gradualmente i legami con la cultura genovese, integrandosi nella società spagnola e abbandonando le proprie tradizioni.
Così nacque questa singolare comunità “genovese” in Sardegna, che ancora oggi conserva una forte identità culturale, con radici liguri e una storia unica, intrecciata alle vicende della Tunisia e del Mediterraneo.
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