Sfratto questa mattina a Cagliari, per un uomo di 75 anni e i suoi 3 cani, allontanati da un sito storico identitario che hanno protetto per più di mezzo secolo. A raccontare la vicenda in una nota inviata alla stampa è Marcello Polastri, ambientalista consigliere comunale e presidente della commissione patrimonio a Palazzo Bacaredda.
LA STORIA
C’era una volta una casa di pastori, ridotta a un rudere abbandonato sul colle di Sant’Ignazio, non molto lontano dall’omonima Fortezza settecentesca che domina la città di Cagliari e il Golfo degli Angeli. Prima della seconda guerra mondiale ci fu anche chi recuperò quel rudere, trasformandoli in abitazione, nella quale andò a vivere, 75 anni fa, un bimbo che venne battezzato Luigi.
LO SFRATTO
Stamani, intorno alle ore 10.40, il signor Luigi Pili e i suoi 3 cagnolini sono stati sfrattati dal Colle come se fossero abusivi e cattivi, nonostante l’anziano uomo avesse a proprie spese ricostruito il tetto della casa abbandonata, ed anche costudito le vicine caverne che furono abitate nella lontana preistoria dai primi uomini che lentamente civilizzarono la Sardegna.
Un posto di una bellezza disarmante e come tale, appetibile se oggi, l’Agenzia del Demanio, ha preferito sgomberarlo presentandosi con un ufficiale giudiziario.

LA POLEMICA PACIFICA
Nessuna polemica da parte del signor Pili, eccetto il rammarico per un posto nel quale ha trasmutai la sua infanzia e una intera esistenza. «E che però – afferma Pili – si trasformerà in mia assenza, in un letamaio, ci scommettete ?».
GLI AMBIENTALISTI
«È un paradosso all’italiana la storia del signor Luigi Pili, che ha dimorato in un rudere nel colle di Sant’Ignazio da oltre mezzo secolo» afferma Marcello Polastri, fondatore del team Esplora Sardegna.
«Tutti a Cagliari sono al corrente che il signor Pili mise apposto quel rudere per la necessità di andarci a vivere, e che il sito è situato oltre la recinzione militare della ex batteria DICAT, difesa italiana contraerea territoriale. Pertanto – prosegue Polastri – non si comprende lo sfratto di oggi in grande stile, e questo accanimento di uomini e mezzi, di pubbliche risorse, per mettere i sigilli ad una casa che probabilmente verrà presto sfondata da altri senzatetto se non vandalizzata».

IL PARADOSSO
«Plauderei all’iniziativa se fosse legata alla valorizzazione di questo angolo di Cagliari, magari all’opposizione di cartelli esplicativi, di passerelle belle locali caverne preistoriche, ma paradossalmente si inorridisce nel vedere lo stato di degrado circostante, rafforzato dai cumuli di monnezza nauseabonda e di rifiuti perenni» continua Polastri.
«Ci si è accaniti su una persona anziana alla quale darei una medaglia ed un encomio per aver protetto questo angolo di Cagliari, panoramico e di grande valenza ambientale. Invece noto e resto basito per il fatto che finora per strada una persona per bene, con i suoi tre cani, anch’essi allontanati dal loro habitat. Mi chiedo per cosa esattamente? Per ristabilire un senso di giusto laddove di giusto c’è solo chi si è preso cura di un luogo abbandonato: infatti penso che questo sito andrebbe adottato, ad esempio dalle associazioni di volontariato, dunque tutelato e perché no, aperto al pubblico».
Il signor Luigi Pili, dalle carte che ha mostrato all’Ufficiale giudiziario e ai Carabinieri accorsi sul colle, reputa come ingiusto, lo sgombero del terreno e della casa nella quale ha vissuto da più di mezzo secolo. Un ex rudere che lo stesso Pili, da fatiscente, ha trasformato in casa di fortuna: cucina, bagno, ed una stanza da letto. Il caminetto per poter avere un poco di tepore nelle fredde giornate invernali. L’alloggio, nei mappali del Tribunale, è segnalato (?) con il numero 163 e peraltro non parrebbe accatastato, ma secondo Pili “non è lo stesso” che egli recuperò.
Il signor Pili ha chiesto, in fase di sgombero, di poter usufruire del terreno nel quale «poter continuare ad accudire i miei 3 cani».
Un intento nobile che però parrebbe ad oggi impossibile, anche se, nell’ordinanza di sgombero si parla di solo alloggio e non affatto di terreno d’accesso. Insomma nelle carte “storiche” del sito, definito ex DICAT, acronimo di “Difesa Contraerea Territoriale” non rientrerebbe nelle proprietà dello stesso. Questa lingua di terrea è, come tutti gli altri presenti nel colle, un’area demaniale, al pari dell’intera collina di Sant’Ignazio che infatti lo ospita.
Un luogo che peraltro potrebbe, senza la custodia sel signor Pili (allontanato oggi dal medesimo spazio), diventare terra di nessuno: sulla carta è di proprietà del demanio ma, di fatto, un prossimo potenziale immondezzaio. Dunque al pari delle altre zone vicine che nel corso del tempo, specialmente negli ultimi anni sono diventate discariche abusive, luoghi di incontri di anonimi vandali.
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