Per oltre cent’anni è stato considerato l’unico serpente del Miocene mai scoperto in Sardegna. Un animale misterioso, battezzato con un nome solenne: Palaeopython sardus, l’“antico pitone sardo”. Ma oggi la scienza riscrive la storia e svela un clamoroso colpo di scena: quel serpente, in realtà, non è mai esistito. Ce lo racconta il paleontologo Daniel Zoboli.
La vicenda affonda le radici nel 1901, quando il paleontologo Alessandro Portis (1853-1931) descrisse un fossile rinvenuto nei depositi marini affioranti nei pressi di Bosa, scoperto dal naturalista Domenico Lovisato. Il reperto, attribuito a un grande serpente preistorico, entrò così nella letteratura scientifica come l’unica testimonianza di un pitone vissuto in Sardegna nel Miocene. Oggi è custodito nel Museo Sardo di Geologia e Paleontologia “D. Lovisato” di Cagliari.

Grafica del paleontologo Daniel Zoboli
A più di un secolo di distanza, però, quel fossile è tornato sotto la lente degli studiosi. Grazie a nuove analisi e a un confronto diretto con materiale osteologico di pitoni attuali, è emersa una verità inaspettata: ciò che era stato interpretato come un osso di serpente è in realtà la mandibola di un pesce.
Una scoperta che cambia radicalmente il quadro e che porta la paleontologia sarda a “perdere” uno dei suoi animali preistorici più celebri. Un destino tutt’altro che raro: molte specie fossili descritte dagli studiosi del passato, con strumenti e conoscenze limitate rispetto a quelle attuali, sono state nel tempo riviste, corrette o addirittura cancellate.
Il caso del Palaeopython sardus diventa così un esempio emblematico di come la scienza sia un processo in continua evoluzione, capace di rimettere in discussione anche le certezze più radicate. E di come, talvolta, un leggendario serpente possa rivelarsi tutt’altro.
Riferimenti: Delfino M., Zoboli D., Carnevale G., Pillola G.L. (2014). The rediscovered holotype of Palaeopython sardus Portis, 1901 from the Miocene of Sardinia belongs to a fish, not to a snake. Bollettino della Società Paleontologica Italiana, 53(2): 89-92.
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