Mario Puddu: «Nulla di buono da chi svende la bandiera sarda ad un lombardo»

Una chiacchierata con Mario Puddu ex sindaco del Movimento 5Stelle: il futuro in politica, la giunta Solinas, il momento critico da imprenditore con la pandemia, la difficoltà di amministrare Assemini, né paese né città, la sua grande passione per il Cagliari e i furti di biciclette..
Mario Puddu, uno dei politici sardi più rappresentativi del Movimento, tanto che era in corsa per le regionali insieme a Massimo Zedda e Christian Solinas, è stato sindaco di Assemini. Il Comune dell’hinterland cagliaritano, unico in Italia insieme a Pomezia, ha visto riconfermare al secondo mandato l’amministrazione pentastellata.
La cittadina è guidata dal Movimento dal 2013, dai primi anni novanta gli unici ad essere riconfermati ad Assemini, secondo te quali sono le scelte della tua amministrazione che gli elettori hanno più apprezzato?
In teoria la risposta la sanno gli asseminesi, quindi sarebbe corretto chiedere a loro, ma comprendo la difficoltà. Penso che abbiano colto la voglia sincera di cambiare una politica vetusta ed evidentemente quella volontà si è tramutata in atti concreti. Se pensi che ad Assemini una forza politica mai aveva avuto “l’applauso” degli elettori e un invito a continuare con la stessa determinazione.
27mila abitanti, troppo grande per essere un paese, troppo piccola per essere una città, quali sono le difficoltà maggiori che hai incontrato nell’amministrare Assemini?
La burocrazia. Andare ad aprire il cimitero (in un giorno in cui c’era la “chiusura comandata”), a qualche giorno dalla mia elezione, simboleggiava questo. Il funzionario preposto e la consuetudine non permettevano di aprirlo, ma la mia determinazione e istinto mi convinsero a fare qualcosa di insolito per un comune come Assemini. E guarda, questo alla fine è cio che si deve fare in Politica, nei piccoli e grandi gesti: avere coraggio e cercare in tutti i modi di mutare consuetudini che, pur senza particolare cattiveria, seguono un corso che non è quello ideale o voluto dalla comunità.
C’è qualcosa che da sindaco avresti voluto fare, ma non ci sei riuscito?
Quanto tempo ho per rispondere? Tante cose. Innanzitutto non mi crogiolo nel nostro successo e mi sarebbe piaciuto fare meglio anche in quelle che si sono concretizzate positivamente. Magari un po’ più di piglio e determinazione su alcune opere pubbliche ferme ancora al palo. Però, ti ripeto: non è facile districarsi nelle ragnatele della burocrazia e l’entusiasmo e la volontà politica non sempre possono bastare.
Gestisci con altri soci due ristoranti ad Assemini, e come tanti altri imprenditori hai dovuto affrontare le conseguenze della pandemia. Pensi che il lockdown di marzo, e la chiusura serale di questi ultimi Dpcm, si sarebbero potute gestire in modo da non chiudere le attività produttive?
Penso di sì, anche se ammetto che a marzo è stato un evento imprevisto e di difficile soluzione, e ho compreso la prudenza. È un concetto che ho espresso più volte. La seconda ondata era prevista e comunque conoscevamo già il nemico e, mentre al privato si è chiesta ogni cautela, come era giusto che fosse e come nella quasi totalità dei casi è stato fatto, nel pubblico (penso ai trasporti o luoghi di possibile assembramento) non è stato fatto altrettanto. Che senso ha avuto ridurre la capienza nei locali, far usare la mascherina, e tutte le altre precauzioni, se poi le stesse misure non si ritengono sufficienti per poter lavorare quando i contagi riprendono? Capisco nei primi mesi, ma rincorrere ancora il virus a settembre e ottobre mi pare sia un insuccesso. Poi mi rendo conto non sia stato facile e non sia facile, perché si scontrano due giganti della società: la salute e l’economia. Non è facile trovare il giusto mezzo.
Cosa ti ha spinto, all’inizio, a far parte del Movimento?
L’insoddisfazione per la politica e per chi la faceva. Ho sempre amato e seguito la politica. Ho iniziato ad infervorarmi in opposizione al berlusconismo, ma poi lentamente ho capito che ci sono modalità, magari più subdole e meno appariscenti, che hanno incancrenito quella che dovrebbe essere un’arte nobile.
Puddu non si è ricandidato alle comunali, per presentarsi invece alle regionali, ma la sua corsa si è interrotta bruscamente, come richiede il regolamento del Movimento, dopo la condanna a un anno per abuso d’ufficio, il 18 ottobre del 2018.
Se avessi vinto le regionali avresti dovuto gestire la Regione in questo maledettissimo 2020, hai mai pensato: “Meno male”?
No, guarda. Quando tutte le mattine apro il giornale e leggo una qualunque notizia che mi riporti alla politica, per me è una sofferenza; una sofferenza nata il 18 ottobre 2018 e mai sopita. Certo, affrontare il Covid sarebbe stata un’ulteriore gatta da pelare, oltre all’immensa difficoltà che penso ci sia nel governare una Regione. Ma quando uno decide di impegnarsi per il prossimo non viene certo intimorito dalle difficoltà: anzi, moltiplica le sue forze.
Una cosa buona e una cattiva della Giunta Solinas
La buona è che è a tempo determinato e che avrà fine, spero il prima possibile e con meno danni per la nostra terra. Per la cattiva c’è l’imbarazzo delle scelta. Rappresentano un modo di far politica e questo lo si vede dagli atti che perseguono, in antitesi col mio. Per carità, ho certezza che ci sono anche brave e capaci persone (dico questo perché alcuni li conosco) ma ciò che viene fuori è estremamente negativo. D’altronde non potevo certo aspettarmi nulla di buono da chi svende la bandiera sarda ad un lombardo.
Rivedremo mai Mario Puddu candidato?
Sinceramente non lo so, davvero. Sembra essere una risposta di autodifesa o tattica, ma ricollegandomi anche alla domanda precedente, ho fatto politica quando ho pensato di poter incidere, con un progetto che mi entusiasmava e appassionava. Per fare politica senza quelle caratteristiche e scaldare una poltrona facendo né più né meno quello che fanno gli altri, mellus nudda.
Nel tuo profilo Facebook, scrivi spesso di politica, di calcio e di bici rubate, abbiamo approfondito il primo argomento, parliamo degli altri due. Sei contento di Di Francesco, ti piace questo Cagliari?
Mi sembra una creatura che ancora si sta formando: quando parlo del Cagliari la mia fiducia nel lavoro di tutti, in primis dell’allenatore, è prossima all’infinito. Per la carriera di Di Francesco Cagliari è un esame importante e spero emerga il suo valore.
Quante biciclette ti hanno rubato finora?
Tasto dolente: 3. Vedi, purtroppo in questo ho delle responsabilità, perché sarei dovuto essere più prudente, ma se vogliamo trovare un aspetto positivo, ecco lo ricercherei nella mia fiducia nel prossimo. Io non amo rubare, non lo concepisco e, per trasposizione, mi aspetto che lo stesso facciano gli altri.
Sei legatissimo ad Assemini e questo traspare spesso nei tuoi post, cosa faresti visitare a un turista?
Senza dubbio lo porterei a contatto con natura. Nei nostri monti, che son siti nel Parco di Gutturu Mannu e nelle nostre bellissime Saline.

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