Vecchiette, basta violenza sulle donne, andate a guardare i cantieri coi vostri mariti piuttosto
Le donne anziane e la maternità: una combo micidiale intrisa di cattiveria pura, oggi vi parlo di una violenza silente e strisciante tutta al femminile, che fa sorridere. Perché l'ironia nel kit di sopravvivenza delle donne non deve mancare mai
Hai appena partorito, ti tirano ancora i punti, scarrozzi il frutto dell’amore gonfia di orgoglio. E vuoi che la vicina ottantenne non ti faccia gli auguri? Gli auguri? Ahahahah, scordateli gli auguri. No no, la prima cosa che ti chiederà non sarà, né come si chiama il bebè, né tanto meno come stai, ti chiederà : “E non gliela facciamo una sorellina?”
Eh sì, perché se c’è un’arte nella quale la donna anziana eccelle è quella di porre alle donne in età fertile (e qualche volta anche dopo, quelle sono le più cattive) domande personalissime sulla maternità. Dal classico, “Ma come, non sei ancora mamma? Guarda che poi quando ti viene voglia, non arriva più”, al “E però adesso basta” alla mamma incinta per la quinta volta. Non fare figli è peccato, farne troppi (che poi chi lo stabilisce quando sono troppi?) è peccato.
“Per carità non lo lasciare solo, i figli unici crescono male”, “Ma perché la fecondazione assistita, con tutti i bambini che ci sono negli istituti”, “Mamma mia sei così giovane, crescere un figlio non è mica un gioco!”, “Guarda che se lo fai da vecchia non hai più le energie per crescerlo”, “Ma brava, hai fatto un maschio!”. “Ma come, ora che sei mamma, non lasci il lavoro?”. “Come adesso che sei mamma lasci il lavoro? E la laurea?”. Con la leggerezza di una balenottera azzurra questo esercito di zie, prozie, vicine, e anche perfette sconosciute entrano a gamba tesa nelle scelte personali che ciascuna donna dovrebbe spiegare solo a sé stessa, o al limite al suo compagno, ma spiegare e non giustificare.
La maternità è una condizione che nel nostro paese rende la donna più vulnerabile. Dal punto di vista lavorativo, ma anche da quello pratico della gestione dei figli che ancora in tanti pensano essere una sua precisa ed esclusiva incombenza. Ma il paradosso più grave è che anche le donne che questa condizione non la vivono, soprattutto per scelta, sono vulnerabili, oggetto di pesanti critiche, perché ancora c’è chi non si capacita del fatto che una donna non desideri essere madre neanche un po’.
Ci sono però dei metodi per tenere a bada le vecchiette giudicanti: mio figlio (unico) stanco di sentirsi chiedere continuamente come mai non arrivava la sorellina, rispondeva: “Perché non mi serve” e la risposta era così cinica che le metteva tutte a tacere. Addirittura un’amica ormai alla soglia della menopausa, volutamente senza figli, faceva tremare il mento, simulando commozione e con un filo di voce mentiva spudoratamente, dicendo che aveva una malattia, per farle sentire in colpa.
Si parla tanto di violenza ed è normale che ci riferisca soprattutto a quella più esplicita, quella fisica. Tuttavia anche la società con i suoi luoghi comuni, la presunzione di sapere cosa sia meglio per la donna, esercita una pressione psicologica che talvolta può davvero influenzare le scelte di una donna. Addirittura si ha la pretesa di voler cambiare la legge sull’aborto. E questa, comunque la pensiate, è violenza.
Oggi, si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, che spesso, scherzi a parte, ci infliggiamo a vicenda noi donne. Questo articolo è dedicato a tutti gli uomini che sono capaci di fare a metà con le loro compagne, quando sono madri madri e quando non lo sono, sia che l’abbiano scelto oppure che per loro abbia deciso il destino.
© RIPRODUZIONE RISERVATA