Covid-19 e i giovani. «Gli adolescenti sani non sono strutturati per isolarsi dal mondo, dobbiamo sostenerli»

Da Luca Pisano, presidente Osservatorio Cybercrime Sardegna, arriva l'appello: "Covid-19 e gli adolescenti che protestano. Hanno ragione e dobbiamo sostenerli"
Covid-19 e gli adolescenti che protestano: così si intitola il post con cui Luca Pisano, presidente Osservatorio Cybercrime Sardegna, lancia l’appello: “Hanno ragione e dobbiamo sostenerli”. Foto di oggi, 08.11.2020, Monte Urpinu.
“Vedersi, abbracciarsi, bere e fumare. Socializzare è il loro #HASHTAG. Mentre il LOGO, – bottiglie di birra/vodka ormai vuote, i residui delle canne fumate e dei panini McDonald’s consumati -, lo imprimono sui principali siti di aggregazione della città perché gli adulti capiscano che esistono e che hanno dei bisogni specifici che non possono essere annullati. Non sarà pertanto un nuovo DPCM o un’ordinanza dei Sindaci a fermarli. Perché gli adolescenti sani non sono strutturati per isolarsi dal mondo. Non possono seguire, sine die, le lezioni via computer per oltre 4 ore al giorno e trascinarsi sino a maggio 2021 dal frigorifero allo smartphone.
Soprattutto quando comprendono, perché sono giovani ma non stupidi, che le nuove misure repressive sono il risultato dell’incompetenza degli adulti che non hanno voluto: 1) dimezzare le classi e raddoppiare il numero di docenti/personale ATA; 2) prevedere i doppi turni a scuola e aumentare il numero dei bus; 3) intervenire sul sistema sanitario e non sul meccanismo di spartizione dei posti di potere. Se nel primo lockdown hanno collaborato, ora non più. Hanno ragione e comprendo le loro “trasgressioni assembrative” perché sono l’espressione della capacità di protestare nonostante la droga, l’alcool e il movimento anti illuminista (la perdita della capacità di pensare) che caratterizza la nostra società.
Chi non è in grado di pensare sono invece gli adulti. Innanzitutto i nostri politici che credono di potere gestire con le multe la fisiologica vitalità degli adolescenti, ridotti a “oggetti” da parcheggiare dentro casa. Dovrebbero smetterla di ragionare con lo schema repressivo e cominciare a progettare (vedi Carta di Piazza Yenne) spazi all’aperto in cui gli adolescenti si possono incontrare, mantenendo la distanza di sicurezza e le mascherine. Una socializzazione “controllata” è sempre meglio di un assembramento irrefrenabile che nessun servizio di polizia potrà prevenire.
E poi ci siamo noi genitori che dobbiamo smetterla di proporre il principio adattivo per il quale i nostri figli adolescenti “devono capire” e “devono accettare”. Non si formano cosi i giovani. Non è l’adattamento alla repressione che permetterà di crescere ma il confronto, la critica e la protesta dentro il diritto e per il rispetto dei loro diritti. “Essere nel mondo”, da Hegel a Marx sino a H. Arendt e Giovanni Gentile, significa soprattutto imparare a pensare. Imparare non tanto a “conoscere” ma a distinguere la bellezza dalle brutture. E quindi la protesta dall’adattamento repressivo che produce, come ci ricorda Marcuse, uomini “ad una sola dimensione”.

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