«Sembra tutto un sogno maledetto – scrive sui social l’artista villagrandese Mauro Piroddi, celebre per le sue creazioni, che ricevono consensi ovunque – e invece stiamo vivendo una realtà cruda, aspra, solitaria, come la nostra umile terra, condannata alla solitudine. Siamo esiliati nelle nostre case, sprovviste di sbarre ma appariscenti prigioni. Siamo condannati a non vivere appieno la nostra esistenza. Siamo spenti come i colori dell’inverno, siamo nudi come gli alberi senza le foglie! Arriverà il giorno in cui potremo respirare a pieni polmoni l’aria del riscatto, e sentire tra le narici il profumo intenso della libertà! Uniti ce la faremo!!  Animu!! Sardos in artu sos coros, in artu sos pensamentos, cantade a sos battoro bentos, sinnu de sos battoro moros».

Per accompagnare la didascalia, un bellissimo disegno.

Piroddi, che si trova a Casale Monferrato (Piemonte), manda un saluto alla sua terra, la stessa terra a cui si sente legato a doppio filo. Un messaggio di coraggio, il suo, e un invito: non molliamo, uniti ce la possiamo fare.

«Sono riuscito» dichiara «ad appianare, con il mio disegno – che è stato condiviso migliaia di volte anche qui, in Piemonte, la rivalità tra Nord e Sud: per me questo è un traguardo».

Un tempo il concetto di sicurezza e quello di sorveglianza dei minori erano vissuti in maniera molto più elastica e rilassata e così era frequente vedere ragazzini viaggiare “attaccati” dietro il tram, magari per tragitti brevi, poche fermate, ma c’è chi giura che andava ogni giorno al Poetto viaggiando in questo modo.

Certo non sempre si riusciva ad arrivare a destinazione con una sola corsa. I tram come quello della foto, che arrivarono in città negli anni ’60 presentavano due inconvenienti, il primo era che rispetto a quelli più vecchi non avevano il paraurti curvo e sporgente che costituiva una comoda seduta e che stringendosi un po’ riusciva ad ospitare tre ragazzini. Il secondo è che i finestrini posteriori si potevano aprire e come raccontano i ragazzini di allora, oggi settantenni, il bigliettaio si affacciava, prendeva il cordino che veniva usato per risistemare l’archetto quando si sfilava dai cavi, e li “convinceva” a scendere a suon di frustate.

Oppure l’autista quando si rendeva conto del trasporto clandestino, specie se il tram si trovava in un punto in lieve pendenza e non era troppo carico di passeggeri frenava all’improvviso e se i giovani scrocconi non si tenevano con forza, dopo aver battuto la testa sulla carrozzeria, per effetto del rinculo della frenata, finivano sull’asfalto. Nei primi anni ’70 i tram finirono di viaggiare a Cagliari e furono sostituiti dai filobus. Anche questi erano dotati di un grosso anello metallico su cui ci si poteva sedere tenendosi alle due sporgenze degli avvolgitori dei tiranti, ma stare appesi diventava un’impresa, il filobus non viaggiando su rotaie frenava di continuo, scartava a destra e a sinistra. Poi, vuoi perché il traffico è aumentato molto, vuoi perché i modelli di ultima generazione non avevano appigli, alla fine di ragazzini dietro i filobus non se ne sono più visti, d’altra parte non esiste più l’esigenza di “attaccarsi” al tram, con l’estinzione dei bigliettai oggi gli scrocconi viaggiano comodamente seduti all’interno dei mezzi pubblici..