Torna uno degli appuntamenti più attesi dai cagliaritani (e non) : “Tipicità”, evento organizzato dall’associazione Imparis, con la collaborazione del Comune di Cagliari, che coniuga artigianato di eccellenza e agroalimentare a chilometro zero. L’appuntamento è dal 19 al 23 dicembre. Giunto alla terza edizione, quest’anno si sposta dalla Manifattura Tabacchi alla Passeggiata Coperta del Bastione Saint Remy, che sarà riaperta al pubblico proprio per l’occasione. Ingresso libero con orario continuato dalle 10 alle 21:30.

La manifestazione Tipicità aprirà i battenti giovedì 19, appunto, a partire dalle 14. Il brindisi inaugurale sarà alle 18. A seguire, degustazione del croccante della sposa e del torrone di Aritzo preparato al momento da Fausto Maxia e musica dal vivo con i Dejavu. Saranno circa 50 le aziende tra artigiani e produttori, che saranno presenti con i loro stand. Il ricco calendario di appuntamenti della cinque giorni prevede, tra le altre cose, aperitivi a chilometro zero, degustazioni, laboratori, esposizioni, musica e canti sardi, workshop e letture. Per i più piccoli, spettacolo di magia, bolle e burattini, con Babbo Natale e i suoi elfi, a cura dell’associazione Brullas Animazione. Il programma completo può essere consultato nella pagina Facebook “Tipicità”.

«Quest’evento consente ai cittadini e ai turisti di avere un luogo bello da vedere, come quello della Passeggiata Coperta, luogo storico che per l’occasione sarà riaperta», ha detto il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu. Per l’assessore delle Attività produttive Alessandro Sorgia, «sarà un’opportunità in più per rilanciare il settore, che ha registrato numerose difficoltà negli ultimi tempi».

Un’altra novità sarà l’evento speciale con gli “Instagramers”. In collaborazione con le community Instagram @igers_cagliari e @igers_sardegna, infatti, due ore prima dell’apertura ufficiale della manifestazione un gruppo di venticinque instagramers potranno accedere alla Passeggiata Coperta e dunque scattare foto che poi verranno pubblicate sulle sopra citate pagine Instagram. Alla conferenza stampa di presentazione hanno partecipato, tra gli altri, anche Barbara Fanunza, la presidente di Imparis e promotrice della manifestazione, Pierpaolo Spada, segretario di Confartigianato Imprese Sud Sardegna e Antonello Piras, presidente del gruppo folk “Quartiere Villanova” che si occuperà della mostra dedicata alla Cagliari storica.

In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.

Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.

L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.

Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.

Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.