Dinamo sconfitta di un punto a Venezia (55-54). Sassari paga caro il passaggio a vuoto nel secondo quarto

Dinamo beffata da Watt che regala la vittoria a Venezia all'ultimo respiro con un canestro a fil di sirena
canale WhatsApp
L’infinita sfida tra Reyer e Dinamo piena di emozioni fino all’ultimo tiro (55-54): Mitchell Watt segna sulla sirena e fa vincere la sua squadra.
Il Venezia vince con un canestro all’ultimo secondo.
Reyer Venezia- Dinamo Banco di Sardegna Sassari 55-54 (13-18, 20-8, 11-15, 11-13)
Venezia: Chappell 11, Watt 12, Tonut 2, Filloy 6, Vidmar 9, Mazzola, Daye 4, Cerella, Stone, De Nicolao 4, Pellegrino, Bramos 4. Coach: De Raffaele.
Sassari: Bilan 16, Evans 8, Pierre 1, Vitali 4, Spissu 11, Jerrells 5, McLean 4, Gentile 5, Bucarelli, Magro, Devecchi. Coach: Pozzecco
Alla scoperta della balentìa, il mito del coraggio sardo tra valore e contraddizione

La balentìa rappresenta uno dei concetti più profondi e discussi dell’identità sarda, un termine che va ben oltre la semplice definizione linguistica per farsi simbolo di un intero modo di intendere la vita. Ma che cosa è veramente la balentìa?
canale WhatsApp
Alla scoperta della balentìa, il mito del coraggio sardo tra valore e contraddizione.
La balentìa rappresenta uno dei concetti più profondi e discussi dell’identità sarda, un termine che va ben oltre la semplice definizione linguistica per farsi simbolo di un intero modo di intendere la vita. Ma che cosa è veramente la balentìa?
Derivata dalla parola sarda balente, che indica l’uomo valoroso, forte, deciso e coraggioso, la balentìa racchiude in sé un patrimonio di significati che intreccia storia, cultura e sentimento collettivo. È valore, bravura, abilità, vigore, ardimento, forza, coraggio e virilità, ma anche onore, rispetto e lealtà, principi che per secoli hanno costituito la base morale delle comunità sarde, soprattutto in quelle zone dove la parola data e la reputazione valevano più di qualunque legge scritta. Nell’immaginario tradizionale l’uomo balente era colui che non conosceva la paura, che sapeva difendere i deboli, mantenere la parola e affrontare le avversità con dignità e fermezza. Era una figura che univa fierezza e silenzio, forza e misura, incarnando quella nobiltà d’animo che si esprimeva più nei gesti che nelle parole. Tuttavia, con il trascorrere del tempo, la balentìa ha iniziato a cambiare volto, perdendo in parte la sua purezza originaria. Quello che un tempo rappresentava un ideale di coraggio e rispetto reciproco si è spesso trasformato in un concetto ambiguo, talvolta associato a una forza ostentata, a un’idea di potere personale o a prove di coraggio prive di senso.
È in questo slittamento che la balentìa ha assunto anche un’accezione negativa, diventando sinonimo di sfida inutile, di gesti impulsivi, di una virilità esibita più per orgoglio che per vero valore. Non a caso in Sardegna si usa dire balentias chi bandant e benint, miti che vanno e che vengono, che non durano, un modo per ricordare che il vero coraggio non ha bisogno di clamore e che gli eroi effimeri si dissolvono, lasciando spazio a chi dimostra la propria forza attraverso i fatti, non attraverso la vanità. Nella letteratura e nella cultura popolare sarda, la balentìa ha mantenuto un posto centrale, narrata nei canti a tenore, nelle storie tramandate oralmente e nelle opere di scrittori come Grazia Deledda e Salvatore Cambosu, che ne hanno esplorato sia la grandezza che le ombre. Oggi questo concetto sopravvive come eredità morale e culturale, come simbolo di un popolo che ha fatto del rispetto, della fierezza e della resistenza silenziosa i propri tratti distintivi. Ma la balentìa moderna non è più soltanto un ideale maschile legato alla forza fisica o all’orgoglio personale: rappresenta piuttosto una forma di coraggio consapevole, una virtù che si manifesta nella capacità di affrontare la vita con dignità, determinazione e senso di giustizia. La vera balentìa non si impone e non cerca riconoscimenti: vive nei gesti quotidiani, nella solidarietà silenziosa, nella perseveranza di chi, senza rumore, difende i propri valori e la propria terra. È un mito che resiste al tempo, un’eredità viva che continua a raccontare l’anima più autentica della Sardegna.

© RIPRODUZIONE RISERVATA